Luigi Mosca – UO Comunicazione e Urp dell’Arpa Campania
Il sindaco di Benevento Clemente Mastella ha parlato ieri del Sannio come «modello» per la gestione dei rifiuti urbani, intervenendo al Forum Rifiuti promosso nell’auditorium del Seminario arcivescovile dal Comune e dall’azienda municipale Asia. Benevento e provincia, in effetti, sono il territorio campano più virtuoso se si prende come parametro di riferimento la percentuale di raccolta differenziata sul totale dei rifiuti urbani prodotti, percentuale che è pari al 72,82 percento secondo i recenti dati 2021 dell’Osservatorio regionale gestione rifiuti urbani e di Arpac. Il che pone indubbiamente il Sannio in prima fila nel Mezzogiorno nell’impegno per la separazione e il recupero dei rifiuti.
Il rovescio della medaglia, che accomuna questo territorio a tanti altri del Meridione, è la storica carenza di impianti, il che significa che buona parte dei rifiuti differenziati devono essere trattati altrove, con un aggravio dei costi per il sistema di gestione e in ultima analisi per i cittadini. È un gap che potrebbe essere colmato grazie alle risorse del Pnrr, il Comune capoluogo si è visto già approvare un progetto per la realizzazione di una piattaforma per il recupero di carta, cartone e multimateriale, attualmente avviato lungo l’iter autorizzativo. Inoltre, sul fronte del trattamento della frazione organica – che rappresenta uno degli aspetti più spinosi del problema – un progetto sannita è tra gli undici scelti a seguito dell’avviso pubblico della Regione destinato proprio alla realizzazione di impianti per il trattamento per l’umido.
Questo progetto, di cui soggetto attuatore è proprio la Regione, si inserisce nell’ambito del processo di rifunzionalizzazione dell’impianto Stir di Casalduni, prevedendo l’avvio di produzione di biogas grazie al trattamento della frazione organica. Generalmente – come ha ricordato, proprio nel corso del forum di ieri, Antonio De Falco, dirigente UOD Impianti di compostaggio della Regione Campania realizzare infrastrutture in questo ambito è complicatissimo. L’iter tecnico-amministrativo è già complesso di per sé, poi le proposte devono, com’è giusto che sia, essere sottoposte a consultazione pubblica e tutte in questa fase ricevono decine di osservazioni. Per non parlare dei successivi e frequenti ricorsi al Tar.
Spesso, come ha riconosciuto anche Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania presente al Forum, le stesse forze – attivisti, comitati, eccetera – che si battono in favore dell’economia circolare sono in prima linea nel contestare la realizzazione di quegli impianti che sono indispensabili perché l’economia circolare non sia soltanto uno slogan. Ad esempio, restando nell’ambito della gestione della frazione organica, in Campania c’è da gestire circa 600mila tonnellate prodotte ogni anno, ma gli impianti attualmente in funzione nel territorio regionale non arrivano a una capacità di 300mila tonnellate, per cui la Regione, con l’avviso pubblico che abbiamo citato, ha programmato la realizzazione di impianti utili a colmare questa lacuna.
In questo scenario, cosa fa Arpac, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente? Il direttore generale Stefano Sorvino è intervenuto chiarendo, innanzitutto, che l’Arpa Campania, come praticamente ovunque in Italia, non è titolata a rilasciare autorizzazioni, ma piuttosto a esprimere pareri nell’ambito dei procedimenti di autorizzazione e successivamente a eseguire i controlli affinché le prescrizioni contenute nelle autorizzazioni vengano rispettate. «La linea che seguiamo», ha sottolineato, «è quella del rigore sostanziale, non di carattere formale-burocratico, puntando ove possibile alla semplificazione e allo snellimento».
Quando si parla di consenso sociale intorno alla realizzazione e all’esercizio degli impianti di gestione dei rifiuti, uno degli aspetti spesso sottovalutati è rappresentato dall’impatto odorigeno, in altre parole dai possibili disagi olfattivi che questi impianti possono arrecare alla popolazione locale. La normativa non stabilisce ancora dei parametri numerici di riferimento in questo ambito, però lascia aperta la possibilità che in sede di autorizzazione si possano stabilire dei limiti. Come verificarne il rispetto è materia relativamente nuova, dati i fattori inevitabilmente soggettivi che entrano in gioco nella percezione del (cattivo) odore, per cui molti enti di controllo, tra cui l’Arpa Campania, si stanno attrezzando con laboratori di olfattometria che prevedono la collaborazione di “esaminatori di odori” o “rinoanalisti”, collaboratori appunto coinvolti nella valutazione, dal punto di vista olfattivo, delle emissioni prodotte da un impianto. I rinoanalisti sono chiamati a dare un giudizio su campioni prelevati in genere dalle fonti di emissione e preventivamente sottoposti a particolari trattamenti in laboratorio. Un tipo di valutazione che implica aspetti soggettivi e che difficilmente può essere fornita soltanto con strumentazione tecnica.