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Il decreto omnibus, attenzioni controverse

by Pietro Spirito
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L’Omnibus era in origine un carrozzone a cavalli, con un numero considerevole di posti, che nel diciannovesimo secolo era adibito ai servizi regolari di trasporto pubblico nelle grandi città. Con il tempo è diventato altro, sino a denominare un decreto-legge governativo destinato a normare le questioni più disparate, provocando l’irritazione dei Presidenti della Repubblica, che hanno osservato la discutibile coerenza con il dettato costituzionale che disciplina tale istituto giuridico.

Ieri il Governo Meloni è tornato ad utilizzare questa modalità per legiferare. Tuttavia, con un garbo che è assolutamente necessario sottolineare, questo omnibus, oltre ad affrontare una larga quantità di questioni – dalle banche alla pesca ed alla giustizia – ha inteso mettere i piedi nel piatto su molte questioni trasportistiche, con un omaggio alla origine filologica del termine che è degno di attenzione e rispetto.

Innanzitutto, viene consentita la deroga al tetto degli stipendi per la società incaricata della costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. Beninteso non parliamo dei progettisti, che sono professionisti esterni. Parliamo dei manager che dovranno sovrintendere all’opera. Ma nelle altre aziende pubbliche dove si gestiscono appalti di paragonabili dimensioni, perché resta il tetto? Mistero della fede.

Finalmente si affronta il delicato tema dell’incresciosa struttura del mercato dei taxi. Il governo esce dalle secche rifilando il cerino alle amministrazioni delle città che, se vorranno, potranno incrementare del 20% il numero delle licenze, sentito il parere dell’Autorità di regolazione dei trasporti. Inoltre, ai tassisti già in possesso di licenze i comuni potranno assegnare licenze provvisorie, per fare fronte ai picchi di domanda, con autorizzazioni che potranno valere al massimo per 24 mesi. Rumori di fondo segnalano il malumore dei sindacati dei tassisti. Vedremo.

Per contrastare il ‘carovoli’, il decreto omnibus prevede un tetto agli aumenti dei biglietti aerei per le tratte verso Sicilia e Sardegna che scatta solo per incrementi di prezzo del 200% rispetto a un valore medio da determinare. La misura pare un effetto annuncio da un lato e uno strumento inflattivo dall’altro, perché induce le compagnie aeree ad incrementare, appunto, il prezzo medio. Inoltre, presenta elementi di incentivi alla collusione oligopolistica laddove il prezzo medio agisca da punto focale.

Infine, c’è la chicca omnibus, anzi pauci. Spunta l’esclusione dell’autotrasporto merci dalle competenze dell’Autorità di regolazione dei trasporti (ART) e il conseguente esonero della categoria tra i soggetti obbligati a versare il contributo annuale.

«Un’ottima notizia per il nostro settore», commenta il presidente di Anita, Riccardo Morelli, che ringrazia il ministro delle Infrastrutture, Matteo, Salvini, «che l’ha proposta e fatta includere nel decreto omnibus raccogliendo e condividendo la posizione di Anita, dimostrando ancora una volta grande impegno per la tutela delle realtà imprenditoriali dell’autotrasporto. Dopo anni di battaglie, in cui Anita ha sempre espresso con fermezza la propria contrarietà ad una misura ritenuta ingiusta, vediamo finalmente riconosciuta alle imprese che rappresentiamo la piena soppressione di un costo non dovuto ed estremamente gravoso».

«Escludere l’autotrasporto dall’obbligo di pagare il contributo annuale per il funzionamento dell’ART è quanto abbiamo sempre sostenuto, fin da quando è nata l’Autorità – prosegue Morelli – in quanto il settore del trasporto merci su strada è un comparto già liberalizzato, totalmente regolato da norme europee e nazionali e dal Comitato centrale per l’Albo degli autotrasportatori e l’ART non ha mai esercitato peraltro alcun tipo di regolazione del settore».

Con questa norma si introduce l’ennesima asimmetria concorrenziale nel settore del trasporto merci: l’autotrasporto non solo non paga un corrispettivo all’autorità indipendente di settore, ma non ne è più neppure regolato. Ora queste risorse che mancheranno all’ART saranno a carico dello Stato o saranno invece riversate sulle aziende delle altre modalità di trasporto delle merci? Anche qui, vedremo.

L’omaggio al settore della logistica e del trasporto che è contenuto nel decreto omnibus pare più un frutto avvelenato che non una attenzione seria alle esigenze di un comparto strategico per la competitività del Paese. Ancora una volta si conferma che utilizzare come strumento il vecchio omnibus non genera un servizio positivo all’Italia.