All’indomani del “concertone” di Trevis Scott del 7 agosto scorso, a Roma è esplosa la polemica sull’uso del Circo Massimo come sede per spettacoli di questo genere.
Era l’ultimo evento in ordine di tempo da maggio scorso, dopo quelli di Springsteen, dei Guns ‘N Roses, di Marco Mengoni, degli Imagine Dragons e in attesa di quello di Max Pezzali ai primi di settembre.
Anche a seguito di incidenti di vario tipo – dallo pseudo-terremoto, agli spray urticanti, alle cadute – è arrivata la presa di posizione della Direttrice del Parco Archeologico Colosseo, di cui fa parte anche il Circo Massimo: “Non è uno stadio, né una sala concerti, ma un monumento. Eventi come questo mettono in pericolo le strutture che sono lì accanto, come il Palatino”. E ancora: “Visto quello che è successo, anche in relazione alla pubblica incolumità e alla conservazione e tutela del patrimonio archeologico, noi daremo parere negativo a questo tipo di eventi”.
Lodevole dichiarazione, mi sono detto, finalmente una voce autorevole si leva a tutela di un bene storico-monumentale di Roma.
Ma avevo fatto male i conti, perché si sono subito levate voci impetuose a difesa dei concertoni comunque e dovunque: gli artisti, che pensano alla risonanza mediatica delle loro esibizioni; la possente macchina tecnico-organizzativa, che ormai ha trasformato i palchi in grotteschi intrecci di cavi e tubi; gli albergatori-ristoratori-venditori vari, predisposti per accogliere torme di clienti; l’Assessore ai Grandi Eventi del Comune di Roma, che ha ricordato quanto bene queste cose facciano alla città.
Ovviamente a nessuno di loro è venuto in mente di riflettere di cosa si stesse parlando, di quale spazio urbano fosse stato aperto a 60-70 mila persone festanti.
Senza pretendere di rinviare a chissà quali tomi sulla storia di Roma, suggerisco la facile consultazione del sito Wikipedia da cui potrebbero apprendere: che “le prime installazioni in legno, probabilmente in gran parte mobili, risalirebbero all’epoca di Tarquinio Prisco nella prima metà del VI secolo a.C.”; che “la costruzione dei primi impianti stabili risalirebbe al 329 a.C., quando furono edificati i primi carceres”; che “le prime strutture in muratura, soprattutto legate alle attrezzature per le gare, si ebbero probabilmente solo nel II secolo a.C. e fu Gaio Giulio Cesare a costruire i primi sedili in muratura e a dare la forma definitiva all’edificio, a partire dal 46 a.C.”. Poi con un ulteriore, piccolo sforzo di lettura della facile ricostruzione storica, potrebbero apprendere anche quello che è accaduto nel secoli successivi fino “alle ultime gare organizzate da Totila nel 549”.
Insomma una storia di duemilacinquecento anni che si è svolta in quella imponente struttura denominata Circo Massimo, ubicata nel cuore del Centro Storico di Roma iscritto fin dal 1980 nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Usarla per imbastire concertoni come fosse un qualsiasi campo volo dismesso è una intollerabile mancanza di rispetto.
Ma per questo – notizia dell’ultima ora – è intervenuta una grande novità concordata tra i vari protagonisti: il Sindaco, che ha parlato con il Ministro della Cultura; il Sovrintendente capitolino ai Beni Culturali, che ha detto che non ci sono problemi; l’Assessore ai Grandi Eventi, che ha annunciato che i concerti continueranno. Ma – questa è la geniale soluzione trovata – “ci saranno controlli più stringenti”.
Ora si che il Circo Massimo può stare tranquillo: c’è chi lo rispetta e lo tutela.