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Il bilancio biennale di Gaetano Manfredi

by Pietro Spirito
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Nel corso di un intervento in consiglio comunale, il Sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, ha operato il rendiconto della sua amministrazione dopo due anni di governo. Già questo fatto è una buona notizia. Mettere i cittadini nella condizione di valutare le azioni condotte è un alimento di civiltà democratica. Non accade frequentemente che chi esercita responsabilità politiche lo faccia.

C’è una seconda buona notizia, ed è la efficace sintesi con la quale Gaetano Manfredi ha giudicato il lavoro svolto: una ottima sufficienza. Si può essere d’accordo o meno, ma la valutazione ha attirato l’attenzione dei commentatori, a testimonianza che lo slogan ha bucato le piattaforme della comunicazione.

Poi ci sono le notizie concretamente positive: la riduzione del debito cittadino in una misura pari al 15% in due anni, l’entrata in esercizio di sei treni della metropolitana, il prolungamento delle corse serali durante i week end, i lavori di manutenzione svolti sulla rete stradale, l’apertura del sottopasso a Piazza Municipio, il risanamento di diversi parchi cittadini.

Sui programmi e sugli obiettivi annunciati non vale la pena di soffermarsi. Se ne parlerà quando saranno realizzati. Quella che è mancata nella relazione di Gaetano Manfredi è stata piuttosto una componente immateriale che costituisce uno degli elementi necessari per il rilancio: vale a dire la sintonia empatica tra la città e l’amministrazione. Non è questione di secondaria rilevanza.

Tutte le comunità richiedono oggi una relazione diretta che consente di condividere la direzione di marcia che deve vedere allineati i cittadini con gli amministratori. Per Napoli tale componente è ancor di più necessaria. Luigi De Magistris, che non ha certamente garantito una continuità gestionale capace di incidere sulle trasformazioni necessarie, era tuttavia percepito come una presenza attiva costante nella emotività cittadina.

Gaetano Manfredi si sta dimostrando un buon programmatore. Ha individuato le questioni maggiormente critiche, le ha cominciate ad affrontare, si è dotato di un cronoprogramma adeguato per togliere le incrostazioni che frenano lo sviluppo della città. Ad un sindaco di una grande città metropolitana tocca però anche il compito di trascinare e coinvolgere, mescolando in modo corretto razionalità e passione. Su questo punto c’è da lavorare, non per avere una migliore stampa, perché conta davvero poco, ma per avere una migliore sintonia con la comunità, con i cittadini che vivono la metropoli.

Dove invece, secondo me, l’amministrazione ha raccolto risultati poco lusinghieri è paradossalmente la cultura, un terreno che dovrebbe essere elettivo per la storia del Sindaco. La vicenda del San Carlo è stata sinora disastrosa. Le modalità della rimozione di Stéphane Lissner e della nomina di Carlo Fuortes sono state una Caporetto per il Massimo.

La inevitabile sentenza di reintegro del precedente Sovrintendente ha sancito un percorso di passaggi sinora vuoto. Il Sindaco è Presidente del consiglio di amministrazione della Fondazione: tocca a lui direttamente assumere le decisioni, che devono essere nell’interesse culturale del nostro teatro, e non della politica. Ovviamente tutti ci auguriamo il momento del Piave del Teatro San Carlo, ed una successiva offensiva che conduca alla vittoria.

L’identità dei monumenti della nostra città è risultata sbiadita. In poco tempo abbiamo assistito al festival della mozzarella a Piazza Municipio, al BaccalaRe al Maschio Angioino ed al Festival della birra al Complesso di San Domenico. Nella memoria collettività il decennio di Luigi De Magistris è anche il tempo delle friggitorie a cielo aperto.

Tutti noi vogliamo che continui lo sviluppo turistico della nostra città. Dobbiamo però capire quale modello di attrattività intendiamo promuovere. Nessuno vuole sostenere che i monumenti debbano essere ammuffiti dalle ragnatele e dalla polvere del passato. Da qui a trasformarli in palcoscenico per sagre di paese, ce ne corre. Il sindaco aveva detto, dopo BaccalaRe a Castel Nuovo, che si sarebbe cambiato registro. Fiduciosamente attendiamo.

Non è questione marginale. Nel mondo contemporaneo la gentrificazione delle città storiche ha creato una omologazione identitaria che cancella i segni della specificità. E’ la crisi di Venezia, tanto per fare un esempio. Napoli corre questo rischio, se non si mette mano alla costruzione di un progetto per lo sviluppo metropolitano nel futuro. La cultura è una delle componenti di tale disegno. Auguriamoci di essere in grado di definirne e governarne le traiettorie.