Regione Lombardia ha finalmente preso una decisione univoca, dopo sette giorni di tribolazione: sì ai test sierologici. Solo se in privato. Solo a pagamento. Ma con prezzo fissato per decreto (ma è possibile?).
Riporta l’Ansa. “Avranno una tariffa di 62 euro i test sierologici per chi li vorrà fare in uno specifico ambito collettivo, ad esempio sull’ambiente di lavoro: lo ha spiegato l’assessore al Welfare Giulio Gallera in diretta Facebook, aggiungendo che chi li propone deve occuparsi di tutto, acquisire i test, trovare il laboratorio, spiegare che sono volontari e che se si risulta positivi bisogna mettersi in isolamento 14 giorni. Insomma questi test non devono gravare sulla sanità pubblica“.
Salta un passaggio l’Assessore. I test dovrebbero accompagnarsi ad un tampone, in caso di anticorpi IgG alti. Questo consentirebbe una mappatura seria, precisa, importante del contagio sotterraneo. Ma la Lombardia non ha ancora metabolizzato il rapporto con i tamponi, la mappatura, i modelli predittivi. Forse per un riflesso pavloviano che la vede mal reagire alla sottaciuta accusa di non aver fatto tutto ciò che era possibile. E così si nega che raddoppiare i laboratori, comprare i reagenti e dedicare un surplus di energie a questa battaglia possa essere una parte della soluzione.
Fate come volete, ma non interferite con la macchina sanitaria, chiede l’assessore. Forse sbagliando di nuovo approccio. I test sierologici, ogni volta che individuano un paziente IgG positivo (e non per questo necessariamente contagioso) accendono una luce. Probabilmente sarà un falso allarme, ma che ci consentirà di tracciare i contatti dei veri malati e di tenerne traccia. È una cosa che dovrebbe fare la sanità pubblica. Che invece lascia campo al privato che non sappiamo se sarà all’altezza. Dubbio peraltro già ventilato da più parti.
Il che ci porta al nocciolo della questione: l’obbligo di stare a casa in caso di positività. Il termine massimo è di 14 giorni. Potrebbero essere meno con i tamponi, ma non si vuole sovraccaricare il sistema pubblico. Resta però un’ambiguità di fondo. Questa non è collaborazione pubblico-privato. Non è, ovviamente, nemmeno messa a sistema. Non è neanche egemonia: non si decide che l’unica titolata a fare i tamponi è la Regione. Si lascia una apparente libertà, se ne calmiera il prezzo e si ricollegano (pesanti?) conseguenze all’esito.
Questo, presumibilmente, porterà alla riduzione dei test sierologici. Non è chiaro cosa succederà ai test pungidito, quelli fatti con cartina di tornasole. Probabilmente seguiranno il medesimo destino. E Regione Lombardia perderà un osservatorio importantissimo e gratuito di controllo sul territorio, anche in vista della possibile seconda ondata. Come se avesse deciso che la posizione giusta è quella in mezzo al guado.