Portici (NA). Chiude l’Opera salesiana di Portici, dopo 105 anni di onorato servizio.
La causa è, a detta dell’Ispettore salesiano per la Campania e il Meridione, Don Angelo Santorsola, la crisi di vocazioni, che impedisce di avere un numero sufficiente di sacerdoti per poter gestire gli oratori. Questo determinerà la chiusura di altre nove case tra Campania, Basilicata e Calabria, nel giro dei prossimi tre anni.
Il clero è invecchiato e le vocazioni sono in calo: in effetti quale ragazzo, oggi, farebbe più il prete? La risposta ad ogni quesito esistenziale viene dato dal web. Il bisogno del sacro si può, nel nostro tempo, manifestare in infiniti altri modi più moderni e soprattutto più visibili alla comunità. La scelta del sacerdozio è una scelta intima e assolutamente personale che passa attraverso un travaglio interiore che difficilmente viene condiviso, se non a cose fatte.
L’Opera ha consentito ai giovani di più generazioni di non frequentare la strada, ma strutture sportive che consentivano non solo lo sviluppo di un senso comunitario condiviso, ma che davano, anche, la possibilità di stabilire relazioni amichevoli durature, sotto l’egida dei valori cristiani.
Negli ultimi decenni, d’estate, si svolgeva l’Estate ragazzi, campi estivi (inizialmente gratuiti) che coprivano l’intero mese di luglio, ben prima che la moda si diffondesse ovunque, con costi a volte esorbitanti.
Ha aiutato molto la comunità di Portici e dei paesi viciniori, migliorando la qualità della vita dei giovani, creando uno spazio aggregativo, dando vita a progetti di doposcuola per ragazzi in difficoltà, offrendo possibilità di accesso allo sport.
La Chiesa porticese di Viale Rossano si trasformerà da settembre 2018 in Chiesa Diocesana, perdendo la sua peculiarità Salesiana. Tutte le strutture ad essa collegate, come il grande palazzo ottocentesco di via Dalbono, con annesso oratorio e gli alloggi dei sacerdoti, il campo di calcio e altri spazi e strutture in cui i giovani della zona trovavano ospitalità e svolgevano le loro attività, torneranno all’Ente proprietario, il Pio Monte della Misericordia.
I sacerdoti, tra cui don Tonino Palmese, presidente della Fondazione Polis e baluardo di legalità in Campania attraverso l’Associazione Libera, lasceranno la chiesa nella quale i loro confratelli cominciarono ad operare nell’ormai lontano 1913. Al loro posto arriverà un sacerdote diocesano nominato dall’arcivescovo di Napoli, il Cardinale Crescenzio Sepe.
Don Angelo Santorsola ha affermato: “Chiudiamo Portici perché noi salesiani dobbiamo operare in luoghi dove ci sono giovani bisognosi… I salesiani, per essere utili alla comunità, devono avere le forze per portare avanti le proprie attività e noi abbiamo un problema generale di invecchiamento nel clero. Ci sono realtà nel Sud Italia dove non possiamo chiudere gli oratori perché i giovani rimarrebbero completamente soli: non è così nell’Arcidiocesi di Napoli, dove le reti sociali sono meglio strutturate”.
Bisogna quindi concentrare gli sforzi là dove c’è più necessità: certo, la realtà porticese è costituita da un tessuto sociale piccolo borghese in cui le famiglie sono ancora solide e rappresentano il più delle volte gli ammortizzatori sociali di tanti giovani disoccupati. Tuttavia, la presenza radicata sul territorio di clan camorristici che operano felicemente nel settore della droga, dell’usura e del gioco d’azzardo, è noto.
Ma i Salesiani, che pure hanno rappresentato una realtà forte e determinante nella formazione dei giovani dell’area vesuviana porticese, hanno pensato bene di chiudere. Non sarebbe stato più opportuno mantenere un presidio di legalità in una zona ancora difficile, anche se non agli onori della cronaca nera? Forse sarebbe stato necessario fare delle scelte diverse, da un punto di vista educativo: attivare, accanto alle attività sportive di cui ormai non hanno più l’appannaggio, corsi professionalizzanti per i ragazzi, e sono tanti, che non proseguiranno gli studi, corsi di inglese, alfabetizzazione informatica.
Forse è vero che gli ultimi sacerdoti rimasti erano troppo anziani, ma intorno all’oratorio Salesiano ruota una salda rete di volontariato che avrebbe potuto essere guidata e strutturata, senza proclamare la dolorosa chiusura del centro. Si sarebbe potuto pensare alla parola di Don Bosco in termini moderni, colui che Giovanni Paolo II definì “Padre e maestro della gioventù” per la sua pedagogia, sintetizzabile nel “sistema preventivo”, che si basa su tre pilastri: religione, ragione e amorevolezza e si propone di formare buoni cristiani e onesti cittadini.
Ma come si possono formare buoni cristiani e cittadini onesti? Ama ciò che amano i giovani a fine che essi amino ciò che amate voi. E’ una frase famosa del Santo. E cosa amano i giovani oggi? Ecco, al di là della mancanza di sacerdoti la vera sfida, nel nuovo millennio, sarebbe stata per i Salesiani, capire cosa amano i giovani e attraverso le loro passioni, educarli ai valori della socialità cristiana.
Questa loro assenza peserà su un tessuto sociale che non potrà reggere ancora per molto all’urto violento della disoccupazione, del disinteresse, dell’apatia culturale. Ci auguriamo, alla luce dell’attenzione che Don Bosco aveva per tutti i giovani e perché i risultati della meritoria attività che i Salesiani hanno svolto sul territorio campano non vadano dispersi, che l’Opera Salesiana torni sulle proprie decisioni.
di Piera De Prosperis