Tra l’uovo oggi e la gallina domani gli elettori sceglieranno sempre il vantaggio immediato. La psicologia delle masse è immediatista. E’ un dato antropologico, in passato e a volte corretto dalla formazione e dalla cultura del popolo. Perché gli elettori scelgano con lungimiranza, occorrerebbe non solo una classe politica all’altezza del compito, ma anche un corpo elettorale consapevole.
Non è così oggi, nel tempo del presentismo dominante, il cui dato più emblematico è la denatalità dell’Occidente. Concepire e crescere un figlio significa rinunce oggi in vista di un bene domani; ma, per fare rinunce, c’è bisogno di avere dei valori forti che le motivino. La volontà di far continuare la propria famiglia, ad esempio, il che in linea estensiva significa avere un legame con la propria storia. Oppure avere una speranza nel futuro tale da confidare che i propri figli vivranno in un mondo migliore. La cultura presentista recide il legame col passato e si disinteressa del futuro. Vivere bene, qui ed ora, di doman non c’è certezza, oltre ciò non si va. Se questo è, come di fatto è per la maggioranza delle persone, come si può sperare che gli elettori scelgano il famoso statista di degasperiana memoria, quello che pensa al futuro invece che alle prossime elezioni?
Ma non è solo il presentismo a corrodere la nostra democrazia. Altrettanto funesto è il dilagante scetticismo epistemico, vale a dire la convinzione ormai largamente diffusa che la scienza non abbia un ancoraggio oggettivo alla verità fattuale, sia bensì una grande truffa ideologica a vantaggio di pochi profittatori. Anche qui un esempio emblematico, il rifiuto di prendere atto dell’esistenza della pandemia e dell’efficacia dei vaccini per limitarne i danni. È pur vero che la scienza, di per sé è sempre esposta alle smentite delle sue risultanze, se non fosse così non avrebbe senso la ricerca. Ma una cosa è non considerare come un dogma il parere degli scienziati, altra cosa è il ritenerlo pregiudizialmente parto di ciarlatani.
Aggiungiamo lo smembramento di ogni forma di aggregazione sociale, dalla famiglia ai partiti, dalle parrocchie alle scuole. Nella società liquida non c’è più nulla che si tiene insieme. In quale luogo una persona può confrontarsi, discutere, definire il proprio orientamento nel mondo per il tramite del dialogo con gli altri? Per restare nel perimetro della politica, una volta c’erano i partiti, che formavano e selezionavano i propri dirigenti tramite un costante confronto nelle sezioni e che, più a largo raggio, orientavano l’opinione dei propri elettori. La orientavano, non la subivano. C’era la possibilità che una classe dirigente culturalmente strutturata e riconosciuta dalla base come propria legittima rappresentante riuscisse a far prevalere una posizione lungimirante anche nelle urne. Nella società liquida questi luoghi sono inesistenti o hanno la vita delle farfalle. È questo il tempo dei partiti momentanei.
Infine, un quarto tarlo corrosivo della democrazia. La trasmissione della cultura non più per via degli insegnamenti di severi maestri e di voluminosi libri, bensì tramite telegrafici post. Sia chiaro, non voglio qui ergermi a laudator temporis acti. È ben evidente che Internet abbia aperto le porte della conoscenza a miliardi di persone, che prima ne erano escluse. Anni fa, specie nei paesi più arretrati, quanti avrebbero avuto a portata una università dove studiare o una biblioteca ben fornita e il tempo per passarvi ore? Internet consente anche ad un aborigeno del deserto australiano di collegarsi a Google o ad altri Browser e di ottenere all’istante le conoscenze di cui ha bisogno. Un’innovazione grandiosa, ma anche un’arma a doppio taglio. Da una parte l’accesso facilitato alle conoscenze e una nuova, inusitata libertà di espressione aprono spazi inediti alla democrazia, tanto che numerose dittature negli ultimi decenni sono crollate sotto i colpi dei social media. Dall’altro lato, queste stesse conoscenze acquisite in modo raffazzonato, senza il filtro di una solida cultura critica di base, rendono chiunque persuaso di possedere il vero grazie all’ultima rivelazione dietrologica che gira sui social.
Se dunque, presentismo, delegittimazione della scienza, liquefazione delle aggregazioni sociali e comunicazione online sono i tratti dominanti della cultura della maggioranza delle persone, quindi degli elettori, come si può sperare che essi scelgano le persone ed i progetti più lungimiranti? Allora che fare?
Certo, non possiamo tagliarci le vene e rinunciare alla democrazia. Occorre trovare il modo per ri-generare l’organizzazione della nostra vita democratica.
È un compito arduo, ma di qui non si scappa: o troviamo questo modo, oppure prima o poi perderemo anche quel poco che ci resta della democrazia.