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I nuovi programmi scolastici di Valditara fra luci ed ombre

Proposte accettabili ma avvolte in un’aura nazionalistica

by Piera De Prosperis
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Le Nuove Indicazioni nazionali per il primo ciclo scolastico proposte dal ministro Valditara, sotto forma di decreto, si incentrano su alcuni elementi che sembrano voler riportare la scuola a tempi ormai passati, a detta di alcuni, sembrano invece proposte coraggiose per altri. Vediamo nello specifico. La riforma si articola su questi punti caratterizzanti:

  • Possibilità di inserire il latino nel curricolo a partire dalla seconda media;
  • Abolizione della geostoria nelle superiori;
  • Centralità della narrazione di quel che è accaduto nella nostra penisola dai tempi antichi fino ad oggi;
  • Più musica, letteratura, epica, Bibbia, filastrocche e grammatica alla primaria.

La conoscenza del latino è fondamentale per comprendere ed imparare la struttura della nostra lingua. Senza contare l’importanza che l’esercizio combinatorio che le lingue classiche obbligano a portare avanti rende lo studio delle lingue antiche non certo ai margini del progetto formativo dei giovani. Rivalutiamo dunque l’importanza della conoscenza delle lingue classiche non in funzione nazionalistica, che non avrebbe senso in un mondo globalizzato, quanto piuttosto come strumento per confrontarsi con la modernità in cui bisogna essere inseriti con consapevolezza e capacità critiche. Ben venga dunque la proposta di Valditara. Perché essa, però, non rimanga un puro e semplice vagheggiamento del passato bisognerà investire sulla formazione dei docenti, sulla didattica delle lingue antiche, sulla stretta connessione dei saperi.

Geostoria: lo studio di una duplice relazione che va dalla natura all’uomo e dall’uomo alla natura, lo studio di un’azione e di una reazione mescolate, confuse, ripetute senza fine nella realtà di ogni giorno (Fernand Braudel). Ma in che cosa è consistito nella scuola l’insegnamento delle due discipline che dovrebbero orientare nello spazio e nel tempo un ragazzo? Innanzitutto in una riduzione delle ore curricolari previste per le due singole discipline, quindi in un sostanziale appiattimento dello studio della geografia. Con il risultato che nel tempo le conoscenze strettamente geografiche sono state sempre meno significative, fino ad arrivare ad una vera e propria ignoranza addirittura della semplice lettura di una cartina geografica. Anche in questo caso, dunque, un senso nella riforma c’è.

E veniamo ora al punctum dolens. La centralità della storia dell’Occidente, anzi della nostra storia, sembra riecheggiare quel ai nostri tempi che la modernità, l’apertura al mondo tutto, che i mass media ci hanno consentito, ha da molto tempo ormai annullato. E questo vale per l’insistenza sulla Bibbia la cui lettura servirebbe a rafforzare la conoscenza delle radici della nostra cultura. In realtà nei manuali di epica già esistono capitoli riservati ai testi sacri quali testi fondanti della cultura dei popoli che li hanno prodotti.

Altro è la memorizzazione dei testi: Ogni poesia a memoria porta con sé la memorizzazione di una mappa, che suggerisce modi di leggere la realtà attraverso forme di relazione tra le parti che, una volta incarnate e fatte proprie dagli individui, diventano capacità di meta-lettura del mondo simbolico, vere e proprie geografie alternative con cui orientarci con nuovi punti cardinali entro i nostri campi linguistici e di esperienza. Le poesie rappresentano allora una possibilità di strutturazione dei significati, che possono tornarci alla mente anche per leggere un evento che tendenzialmente non si presenta ai nostri occhi con una poesia. Possiamo dunque vedere poeticamente un’espressione algebrica, ascoltare poeticamente un ritmo corporeo; rintracciare la sua struttura in un quadro o nell’urbanistica di una città… (Marina Santi, Università di Padova).

Infine, la musica. Come il latino lo studio della musica allena la mente alla comprensione di schemi logici complessi senza contare l’aspetto creativo in quanto esso stimola l’immaginazione e spinge ad esprimersi in maniera creativa.

Insomma la riflessione conclusiva è che, come sempre, vi sono luci ed ombre. Del resto siamo solo agli inizi e la proposta dovrà passare per il confronto con le associazioni di dirigenti, docenti e alunni.

Prese singolarmente alcune proposte sembrano accettabili, ma quello che più infastidisce è quest’aura nazionalistica che tutto avvolge ed ombreggia, questo voler implicitamente, ma non troppo, sottolineare prima l’Italia e gli Italiani che è quanto di più diseducativo vi possa essere, in special modo per chi si propone di educare le nuove generazioni.

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