E’ morto a Roma il vignettista e giornalista siciliano Vincino, pseudonimo di Vincenzo Gallo. Ad annunciarlo è Il Foglio, giornale in cui Gallo ha lavorato per 22 anni. Vincino, deceduto all’età di 72 anni dopo una lunga malattia, iniziò la sua carriera nel 1972, quando venne chiamato nella redazione del giornale di Lotta Continua. Fin qui la scarna notizia di agenzia.
“Ciao Vincino amico mio“. Scrive Vauro su Twitter, pubblicando una vignetta in onore di Vincenzo Gallo: “Hai disegnato i grandi mostri della politica italiana… E mi hai lasciato solo con i mostricciattoli”.
Vincino insieme con Vauro ha rappresentato una voce fuori dal coro, ostile ad ogni totem, capace di criticare la sinistra da sinistra e ogni altra formazione politica, con lo spirito libero da qualunque condizionamento.
Nella sua carriera, fedele all’unica legge che riconosceva, quella dell’irriverenza, ne ha fatte di ogni tipo. Tra le false prime pagine dei giornali è diventata celebre quella di Paese Sera: “Arrestato Ugo Tognazzi. E’ il capo delle Br”. Erano gli anni in cui si cercava il “grande vecchio”. Nel 1978 un fasullo Corriere dello Sport annunciava la cancellazione dei mondiali. Beffe, come quando, travestito da Craxi, si presentava ai comizi del Psi. Per Vincino era un modo di irridere l’ufficialità, evidenziandone pochezza e supponenza.
La morte di Vincino mi sembra emblematica della fine di un modo di essere e di pensare la politica. Non sappiamo più prenderci in giro, non sappiamo vivere con levità, non sappiamo più vederci vivere. Il forestiere della vita di pirandelliana memoria che, con umorismo, attraversa l’esistenza, avendo compassione degli altri, ha lasciato il posto al rancoroso, violento attaccabrighe che dimentica oggi ciò che ha detto ieri. Del resto, anche la satira versa in una profonda ed inarrestabile crisi. Che Vauro abbia chiamato i politici mostriciattoli, rende bene il senso della statura di chi ci circonda. E’ storia recente il senatore Razzi, tragica macchietta che solo Crozza, con le sue imitazioni, è riuscito a far diventare un personaggio, non certo una persona.
La funzione della satira è sempre stata di castigare ridendo mores. Nata come una satura lanx, un piatto colmo di primizie da offrire agli dei, il genere si è nel tempo diversificato in satira di costume e in satira politica, con un fine catartico, mostrando le storture ed indicandone, anche implicitamente, la possibilità di cambiamento.
Tuttavia, ci sono dei segnali molto interessanti che sembrano aprire uno spiraglio di speranza per il genere. Chi, oggi, forse, raccoglie l’eredità di Vincino è Maccox, fumettista e blogger, che lavora con Diego Bianchi e che racconta la realtà attraverso dissacranti strisce satiriche il cui contenuto è strettamente legato ai social media, Il disegnatore Maccox, ovvero Marco Dambrosio, utilizza la rete per criticare, irridere, svelare i mali del potere all’interno di una discussione social o di un fatto che trova nella rete grande risonanza. Abbiamo ancora speranza, quindi, che non ci sia appiattimento ed ossequio al potere, che ancora sia possibile la voce libera di chi guarda dal di fuori i giochi. Forse sì ma di certo le metodologie sono cambiate, le forme si sono adattate. Resta la sostanza, ma va bene anche così, purché sia consentito il diritto di satira.
di Piera De Prosperis