I numeri dei contagi ci accompagnano da due mesi. E disegnano una realtà complessa, frammentata. Con alcuni punti fermi:
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La Lombardia è il cuore della pandemia.
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Milano è l’ultima frontiera della paura.
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Da qualche giorno, pare, con molta cautela, che anche il cuore del mostro stia subendo duri colpi.
Questi, in sintesi, i dati degli ultimi giorni dal fronte Lombardo. Milano è l’ultima trincea della guerra invisibile contro il Covid-19. Altrove, si pensi a Madrid e New York, quando il virus è entrato in una grande città, i numeri sono stati terribili. Questa era la paura che ci attanagliava, almeno, quando i numeri del capoluogo hanno iniziato una lenta, ma inesorabile salita. Inquadriamo il fenomeno: Milano è stata colpita subito dal virus, ma con numeri limitati in rapporto alla popolazione. Lodi, Cremona, Bergamo e Brescia hanno subito una escalation molto più dura.
Per fortuna, perché talvolta la fortuna serve, il contagio è partito lentamente ed ha davvero iniziato a galoppare solo quando gli altri focolai stavano smorzandosi. Questo ha reso gestibile la cosa. Ieri, peraltro, è uscita una mappa delle zone più colpite a Milano. La vostra redazione milanese ha quindi scoperto di aver vissuto, e di avervi di conseguenza documentato, la situazione dal cuore di una delle zone più colpite. Che, e non riteniamo sia irrilevante, sono tutte o quasi nelle vicinanze di ospedali Covid: San Raffaele, Niguarda, San Carlo. Ovviamente essere vicini ad un ospedale non è condizione necessaria e sufficiente (il Policlinico è in zona bianca), ma è comunque una osservazione interessante. E secondo noi non casuale.
Milano è stata il cuore di quella rete ospedaliera con cui in Lombardia si è affrontata l’emergenza. Con il senno di poi abbiamo appurato che non era la scelta più performante. Il senno di poi ci ha anche consegnato la riflessione che essere il centro della rete determina dei rischi di lungo periodo, come la mappa delle zone rosse dimostra. In ogni caso, anche in quei mini epicentri, i numeri sono in netto calo. Attenzione, però, agli eccessi di ottimismo. Ieri i contagiati erano 282, è vero. Ma i tamponi sono stati 7389. Il giorno prima i contagi erano 500 con oltre diecimila tamponi. Il calo è un po’ più che proporzionale. Ma nemmeno troppo.
Quindi sì, i contagi calano, ma il fine settimana altera la prospettiva. Questa settimana sarà critica per verificare il trend. E per vedere, dopo mercoledì, se l’inizio di Fase 2 ha risvegliato il gigante che dorme. L’incubazione del virus è, infatti, di 10-14 giorni. Quindi i contagiati per entusiasmo inizieranno ad entrare nei radar da mercoledì. Più o meno in tempo per decidere cosa farà la Lombardia dal 18. Che è poi il vero tema. I numeri, infatti, non sono fini a se stessi, sono tesi a dirci quando la locomotiva d’Italia potrà e se potrà ripartire. La sensazione è di un diffuso bisogno di libertà. Ma le sensazioni nulla possono contro i numeri.
Abbiamo già visto che la media da tenere d’occhio è di 500 contagi al giorno. La scorsa settimana siamo stati ben sopra. Questa ci giochiamo tutto. Sperando che la lezione del Veneto ci insegni qualcosa. Per esempio l’esigenza della tamponatura a tappeto delle aree rosse. Che qui non solo non è stata programmata, ma nemmeno presa in considerazione. Ed è un grave errore, perché, almeno nella trincea della vostra redazione, i luoghi di ritrovo (i supermercati ovviamente) sono pochi e molto frequentati. Quindi il rischio di aver contratto una forma asintomatica è altissimo. Ma quanto alto non lo sapremo mai senza un’operazione a tappeto.
Staremo a vedere, intanto il clima aiuta: sono previsti dieci giorni di pioggia a scoraggiare i contatti sociali e a promuovere un isolamento climatico. Speriamo bastino. Milano sogna di ripartire. E non potrà reggere questo clima cupo ancora a lungo. A prescindere dai numeri.