Bella domanda. Che oggi divide l’Italia. Già questo significa che qualcosa non ha funzionato, perché il Capo dello Stato unisce, non divide. E tuttavia potrebbe essere stato il prezzo da pagare per evitare scenari peggiori.
Ma questa è la fine. Proviamo a partire dall’inizio.
Le elezioni, complice una legge elettorale sostanzialmente proporzionale, secondo alcuni pensata per non far vincere i 5Stelle, ci consegna un Parlamento senza maggioranze precostituite. Si tratta di costruire alleanze e si capisce da subito che gestire la crisi non sarà facile.
Il Quirinale, quindi, fa una scelta d’impostazione: non dà l’incarico di formare il Governo a Salvini (che come alleanza ha avuto più voti) o a Di Maio (primo come singolo partito), ma conferisce un mandato esplorativo al Presidente del Senato limitandolo alla sola verifica di una possibile maggioranza fra Centro-Destra e 5Stelle. Fallito il tentativo, fa la stessa cosa con il Presidente della Camera con incarico finalizzato all’accordo fra PD e 5Stelle.
Non ci risulta sia mai accaduto prima, che cioè siano stati conferiti mandati mirati e non sembra sia servito a molto.
A questo punto Mattarella minaccia un Governo tecnico che porti il Paese al voto. I partiti si danno una mossa e nasce il patto 5Stelle/Lega. Nonostante un programma buono per farci il brodo, perché dice tutto e il contrario di tutto, la maggioranza c’è.
Tanto che il Capo dello Stato conferisce l’incarico a Conte pur sapendo che questi non avrà alcun ruolo nella scelta dei Ministri e accettando di fatto di confrontarsi con i due leader dei partiti. Pericoloso. Il Presidente del Consiglio incaricato deve necessariamente recepire le indicazioni della maggioranza, ma ha un suo potere autonomo, almeno di mediazione, perché rappresenta politicamente qualcosa. Se non è così, il Capo dello Stato resta esposto ai giochi delle forze politiche.
Non entro nel merito delle valutazioni che lo hanno spinto a non accettare Savona, ha elementi di giudizio che nessun’altro ha, né di quelle che hanno portato Salvini ad imporre Savona, forse voleva proprio quello che è accaduto.
Mi chiedo se il percorso sia stato, pragmaticamente, utile. Pare che un po’ ce la si sia cercata.
Andare al voto perché la politica non si mette d’accordo è un conto, andarci perché una maggioranza politica rompe con il Quirinale è tutt’altro. Non solo e non tanto per la grave crisi istituzionale che si è aperta o per la minaccia elettoralistica di impeachment, basti pensare per tutti a Leone e Cossiga, quanto perché il rapporto che si lacera è quello tra istituzioni ed elettori.
Questo quadro non lascia tranquilli.
E poi cosa succederà? Se Salvini, come si pensa, dovesse vincere la prossima tornata elettorale e, nel caso, ripresentare Savona, cosa farà Mattarella?
Un salto nel buio. La nostra Costituzione mostra la corda. I nostri politici, per citare Cacciari, appaiono come nani sulle macerie.
di Flavio Cioffi