Titolo alquanto impudico e plateale. “Gramsci è vivo”, Rizzoli. Autore Alessandro Giuli, a capo di un importante Museo d’arte contemporanea. Giornalista di destra e poi al Foglio di Ferrara, infine conduttore di “Patria” programma trasgressivo oltre la destra e la sinistra. Esponente della nuova egemonia di destra. E infatti proprio questo è il cuore di questo libro di battaglia di Giuli, varato nel nome di Antonio Gramsci. Ma che c’entra Gramsci direte voi tutti, a parte il marketing del titolo un po’ trasformista? C’entra, perché riassume bene il programma patriottico e post ideologico di Giuli. E cioè un Gramsci italiano, emblema di “spirito del popolo”. Attento alla nazione e alla sua identità. Distruttore del marxismo. Superato scrive Giuli nelle sue “categorie sociologiche” (sic) ma moderno per aver inteso il ruolo della “cultura e della comunicazione nella società moderna”. Insomma un Gramsci tipo Amatore Sciesa o Silvio Pellico che si confessa italiano come Ippolito Nievo. E che insomma è un eroe nazional popolare colto e teorico del popolo nazione. Ritratto però evirato e non al livello di un Bignami. Poiché è ben vero che Gramsci era un biografo culturale della nazione come radice di una nuova identità. Ma ben impiantata sulla liberazione delle classi subalterne, ingabbiate in Gramsci dall’unità censitaria e di classe liberale, che schiacciava il mezzogiorno e le campagne con un patto scellerato tra industria protezionista e ceto agrario. Condannando gli operai a bassi salari e i contadini a sostenere una industrializzazione protetta e all’ombra dello stato. Con ceti medi inchiodati allo sbandamento perenne, o ad impieghi nello stato. E le plebi alla rivolta corporativa e populista. Già, Gramsci comunista nazionale. Ma voleva una rivoluzione democratica e di ceti subalterni. Non già l’Unione sacra popolare e patriottarda. Con una sinistra di massa organizzata e sentimentalmente connessa agli sfruttati, in grado di esercitarsi a gestire politica ed economia in una società democratica e parlamentare, senza distruzione e abbattimento dello stato! Qui la sua distanza tanto dal massimalismo messianico socialista, quanto dalle suggestioni leniniste della sua gioventù. La famosa Rivoluzione imprevista contro l’ortodossia del marxiano Capitale. Di qui le alleanze e i blocchi storici in conflitto che nei Quaderni Gramsci invitava ad analizzare, nel progettare politica. Altro che categorie sociologiche superate come scrive Giuli. Ulteriore elemento chiave in Gramsci: il rifiuto delle soluzioni teatrali nelle crisi di rappresentanza. La critica al populismo plebiscitario. L’opposto esatto della tesi di Giuli, che fonda il premierato di Giorgia sulla sua malintesa e fantasiosa Costituzione: sovranità che risiede nel popolo. Con il corollario della elezione diretta di una persona. Che era proprio il contrario del gramscismo pluralista e punteggiato di poteri legali, associazioni e partiti. Nel quadro che Gramsci stesso definiva costituente: “E’ la Costituente il fronte popolare”, lasciò scritto prima di morire stroncato dal fascismo nel 1937. Insomma quello di Giuli è un vero e proprio pastiche post ideologico con ideologia seminascosta nella coda e di destra reazionaria classica: il sacro, la nazione, la coesione nazionale e l’unità civica oltre la destra e la sinistra con antifascismo implicito e al più pleonastico. Costruendo però di converso la caricatura del nemico, ossia l’antifascismo esplicito e dichiarato visto guerra civile protratta e ostile alla riconciliazione nazionale. Evirato ne risulta poi anche l’azionismo riabilitato da Giuli, a suo avviso in re ipsa “anti comunista”, e patriottico volontarista. Gentiliano! Laddove invece anche l’azionismo, da un lato si unì al PCI e persino all’URSS nella guerra di Spagna, ma dall’altro fu intimamente socialista, libertario e perfino anarco sindacalista e più a sinistra del PCI di Togliatti! Quanto a Bobbio anche lui celebrato da Giuli, ne residuano nel libro le regole dello stato di diritto, ma del tutto cancellata ne risulta la capitale distinzione destra/sinistra, fondata sulla stella polare riformista della eguaglianza economica e civile contro la gerarchia e ineguaglianza, foriere per la destra di progresso e di virtù. Nello schema di Bobbio racchiuso in Destra e Sinistra del 1994 lo studioso infatti contrappose Rousseau contro il Nietzsche anti egualitario. Del che nessuna traccia al riguardo. Infine venendo ancora alla “pars costruens” di questo strano libro eclettico e furbo, ecco ancora una perla: D’Annunzio. Eroe per Giuli di moderne avventure dell’ immaginario. Bizzarramente accostate al volo suicida del monarchico Lauro De Bosis, prima filo fascista monarchico, poi antifascista che si inabissò in volo al largo della Corsica dopo aver lanciato volantini su Roma. Insomma, Eroismo e nobiltà dei temerari: questo il post fascismo del Giuli “a sinistra della destra”, come lui stesso dice. Che quanto alla concreta forma democratica, oltre al plebiscito premierale, torna a celebrare la Costituzione del Carnaro a Fiume: corporazioni di mestiere e Arengo con chiamata e acclamazione del capo. Eccolo dunque il fantastico campo hobbit post moderno di Giuli. I legionari a Fiume che vanno “verso la vita”, con labari e Alalà anti capitalisti, oltre destra e sinistra. In sintonia col romantico fascismo “socialista” del 1919 a San Sepolcro. Dove vadano poi a parare il gusto e l’immaginario di Giuli a noi pare ben chiaro. Oltre la destra e la sinistra, certo. Ma dritto in fondo a destra estrema.