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Gli Scavi di Pompei visitati di notte

by Federico L. I. Federico
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Non si è ancora spenta l’eco emozionale dell’esperienza solstiziale, svoltasi quando un gruppo sparuto contingentato di visitatori, meno di cento in tutto, ha potuto visitare l’area archeologica più famosa al mondo da un quarto di millennio, Pompei Scavi, attendendo il sorgere del Sole emergente dai monti dell’Irpinia.

In quella occasione il “sol invictus” ha illuminato il basolato delle strade pompeiane, la cui trama fu disegnata – insieme all’ellisse delle mura difensive, nel corso del sesto secolo avanti Cristo – dai Pumpàians, piccola popolazione, chiamata così perché si era stanzializzata in un sito “alto e svettante” sulla laguna circostante, formata dallo sbocco a mare dell’antico Sarno. Quella gente abitava il nucleo urbano più antico del pianoro lavico su cui poi si espanse la Pompei Romana, cara alla Venus Pompeiana, come Pumpèia era stata cara a Iside.

Quel sito protourbano, noto in epoca osca come Pumpàia, si affacciava sul golfo di Neapolis, accanto a Porta Marina, ove era lo stramazzo verso il mare oplontino del canale, “costretto” e derivato dal Sarno – secondo un’iscrizione osca rinvenuta durante i primi scavi – che fungeva da acquedotto a pelo libero per l’insediamento più antico, detto appunto Pumpèia, dalle tribù campane da cui esso si era generato. Al lettore distratto segnaliamo che stiamo parlando di un acquedotto pompeiano o, meglio, campano risalente a un’epoca in cui Roma non era stata forse, anzi probabilmente, ancora fondata. E ciò, tanto per intenderci con le datazioni.

Il Solstizio pompeiano, riscoperto con l’apertura alla visita del 21 giugno scorso – la seconda dell’era contemporanea – è stato venerato in antico da periodici e innumerevoli riti astrali propiziatori nell’antica Pompei preromana, la quale dovrebbe persino la sua “Forma Urbis” particolare, ellittica. La Ellisse muraria fu tracciata dai Pumpàians su un territorio aspro e boscoso secondo precisi riti e riferimenti astrali, addirittura qualche secolo prima che la formula della geometria dell’Ellisse fosse nota al mondo, grazie a Menecmo, filosofo e matematico precettore di Alessandro Magno.

E, stando a recentissime pubblicazioni appena arrivate in libreria, ma già recensite dalla redazione di questo “Gente e Territorio” – la ottocentesca Porta Isiaca, chiamata poi, non si sa perché ancora oggi, Porta di Sarno, era in qualche modo collegata, non solo visivamente, grazie al “Sol invictus”, con il sito sacro del Tempio di Iside. In quel sito, in epoca preromana i riti sacerdotali erano sacralizzati dall’acqua pura del “cosiddetto” Canale Sarno, il quale da epoca antichissima ne permeava il pozzo sacro isiaco, che diventava così l’ideale bacino sacro da cui i sacerdoti attingevano l’acqua pura e purificatrice.

Tornando però all’attualità viva e pulsante delle altre serate pompeiane, non possiamo non dedicare spazio alla Notte dei Musei di sabato 3 luglio, che ha interessato l’Italia intera in vario modo. Non è mancata all’appello nazionale, ovviamente, il sito archeologico degli Scavi di Pompei con i suoi granai del Foro, divenuti spazio museale emergenziale da appena un quarantennio o poco più, dove al prezzo di soltanto un Euro è stata consentita la visita dalla ore 20 alle 23, estesa anche agli altri siti vesuviani come la Villa di Poppea a Oplontis, la Villa Regina di Boscoreale, la Villa S. Marco di Castellammare e, infine, la Reggia di Quisisana con il suo nuovo Museo Archeologico di Stabia, che ha preso il nome di “Libero d’Orsi”, scopritore moderno del sito di Stabiae.