Tra le voci discordanti con le scelte attuali sulla bonifica e la rigenerazione vi è quella, significativa, dell’Assise cittadina per Bagnoli. Abbiamo chiesto a Paolo Nicchia, tra i promotori dell’organismo, di parlarcene.
Si tratta di un organismo informale che fu promosso dal Comitato Bagnoli e dal Collettivo politico di Architettura nel 2005, allorquando il Comune di Napoli approvò il piano di riqualificazione dell’ambito Bagnoli-Coroglio (Pua). L’assemblea costitutiva raccolse l’adesione di gruppi, collettivi, centri sociali, associazioni di diversa ispirazione politico culturale: Italia Nostra, Wwf, Vas, Rete no global, Lab. Ska/Officina 99, Ars, Assise di Palazzo Marigliano, Fiom Campania ecc., nonché di personalità quali Vezio de Lucia, Guido Donatone, Antonio di Gennaro, E. Donise, Giovanni Persico ed altri. L’intento è quello di monitorare gli sviluppi del ‘progetto Bagnoli’, ossia il risanamento ambientale e la riqualificazione urbanistica delle ex aree industriali. Di conseguenza si propone di perseguire, attraverso prese di posizione pubbliche, (contro)informando la cittadinanza, approfondendo anche dal punto di vista tecnico-scientifico le questioni, provando a suscitare l’impegno civico più ampio, condividendo le vertenze che nascono sul territorio, l’obiettivo di salvaguardare gli interessi pubblici e collettivi dai tentativi speculativi e affaristici, nonché di combattere inefficienze e sprechi di danaro pubblico. Per tutti questi motivi l’Assise ha partecipato attivamente ai movimenti civici che hanno contrastato nel decennio passato la crisi dei rifiuti e più recentemente a vicende quali il fallimento di zoo-Edenlandia o il recupero sociale dell’ex Nato, che hanno un’importante ricaduta sulla vivibilità del territorio. Una battaglia esemplare che ci ha visti promotori e protagonisti è stata la campagna ‘Una spiaggia per tutti’ che ha raccolto quasi quindicimila firme certificate e ha portato all’approvazione nel settembre 2012 di una significativa, ancorché a tutt’oggi disattesa, deliberazione del Consiglio comunale.
Perché criticate l’accordo interistituzionale di luglio 2017?
L’accordo di luglio rappresenta la capitolazione di de Magistris e quindi la svendita di una battaglia di democrazia quale quella che abbiamo condotto unitariamente contro l’art. 33 dello SbloccaItalia, cioè l’espropriazione da parte del Governo centrale di prerogative costituzionalmente attribuite ai poteri locali. Un vulnus della realtà istituzionale gravido di conseguenze negative, non solo per Bagnoli. In buona sostanza viene messa su un’architettura istituzionale dai poteri eccezionali che, incentrata su commissario e soggetto attuatore, consegna un ampio pezzo di territorio a una società finanziaria, qual è in buona sostanza Invitalia. Infatti, il dettato dell’accordo legittima anche da parte di de Magistris inequivocabilmente questo! La nostra posizione è dunque radicalmente negativa, ribadiamo quanto detto e ripetuto in questi anni, è in gioco un aspetto rilevante del governo democratico del territorio: trasparenza, informazione, partecipazione della cittadinanza, autonomia dei poteri locali, priorità a diritti e bisogni sociali. D’altronde pende sull’accordo il pronunciamento della Corte Costituzionale che dovrebbe esserci nei prossimi mesi. In caso di riconoscimento da parte della Suprema Corte delle buone ragioni del Comune, molto dell’accordo andrebbe rivisto se non messo letteralmente da parte.
Eppure, contestate anche la gestione degli ultimi vent’anni.
La nostra critica è rivolta anche all’ispirazione liberista dell’accordo. A ben vedere sotto la scorza del nuovismo demolitore del passato si cela la stessa logica di questi lunghi vent’anni. E’ bene ricordare quanto affermò nel luglio del ’94 l’allora Sindaco di Napoli sulla indispensabilità e centralità dell’impresa nell’opera di risanamento di Bagnoli. I risultati sono sotto agli occhi di tutti. Il fallimento del progetto di de Lucia è dipeso non come continuamente si ripete in modo interessato dalla sua presunta ingessatura pubblicistica, ma dalle mancate bonifiche che hanno reso irrealizzabili gli obiettivi di rilancio urbanistico. E i soldi stanziati in questi anni non si sono volatilizzati, ma sono passati dalle casse pubbliche alle tasche private delle imprese, insieme alle ruberie e alle inefficienze.
In realtà l’accordo è estremamente pericoloso anche per i suoi contenuti. Nella premessa dell’allegato 2 all’accordo inter-istituzionale si fa riferimento alle criticità (sito per i rifiuti pericolosi, stoccaggio dei materiali di risulta della colmata, ecc.) e si dice che, se non risolte, quanto progettato e predisposto, dal cronoprogramma agli obiettivi della bonifica e della riqualificazione, sarebbe in discussione. E’ abbastanza singolare una simile affermazione: si fa un piano senza indicare le soluzioni delle criticità? E poi i precedenti tentativi, Bagnoli spa fino al 2001 e successivamente Bagnolifutura, non sono andati in crisi anche a seguito delle difficoltà incontrate per superare queste problematiche? Ma la criticità maggiore resta la copertura finanziaria. L’accordo dice che l’allocazione delle risorse indicate nel piano Invitalia sarà stabilita nella legge di stabilità. Nella legge di stabilità per il 2018 non c’è nulla per Bagnoli, nel decreto fiscale di accompagnamento alla suddetta legge si stanziano 27 milioni. Molti parlano di un finanziamento governativo di 240/270 milioni per la bonifica, cosa di cui non vi è traccia in alcun atto del governo, o comunque non ne abbiamo conoscenza pur essedo noi molto attenti ad ogni aspetto che riguardi Bagnoli. A livello pubblico siamo ancora alle dichiarazioni di Arcuri (Invitalia) del 19 febbraio scorso quando al Sole 24 ore disse di avere in cassa 106 milioni e di aspettarsi dall’azione nei confronti dei soggetti inquinatori le risorse restanti per coprire il fabbisogno del progetto. Non si faceva cenno ai 240 milioni e da allora non abbiamo notizia di attività del governo volte al recupero delle risorse dai soggetti che hanno inquinato.
A questo aggiungiamo l’assalto speculativo a Nisida, l’aumento delle cubature ed altri aspetti minori che ci fanno ritenere che anche questo piano è seriamente candidato al fallimento e se attuato lo sarebbe quasi solo nella parte funzionale all’intervento privato, mentre rimarrebbe per lo più disatteso in quella più propriamente d’interesse sociale.
Può nascere il sospetto che cerchiate il vostro pezzetto di potere di interdizione.
Nessuna voglia d’interdizione da parte nostra, sarebbe singolare e irrazionale una nostra opposizione al risanamento del territorio. Abbiamo sempre, anche negli anni passati, ritenuto che l’opera di bonifica fosse di competenza del Governo. L’abbiamo affermato quando nel 2002/2004 fu presa in carico da Bagnolifutura, società a nettissima maggioranza del Comune di Napoli, criticando la ‘bulimia di risorse finanziarie’ del sistema di potere del centrosinistra locale, prevedendo le difficoltà di gestione di problematiche su cui si era del tutto impreparati, e l’abbiamo ripetuto all’atto del commissariamento. La bonifica è compito del governo, finanziandola, perseguendo gli inquinatori, realizzandola concretamente e seriamente. Se Renzi si fosse limitato a questo, non avrebbe incontrato obiezioni, ma l’intento vero non era e non è la bonifica, bensì l’affare!
Cosa dovrebbe fare adesso il Comune?
Lavorare seriamente per Bagnoli, cominciando con il far corrispondere ai fatti quanto si afferma circa il protagonismo sociale, la partecipazione civica, la priorità degli interessi collettivi e la lotta a speculatori e imbroglioni, in buona sostanza a quelli che chiama ‘prenditori delle risorse pubbliche’. E cominci ritirando la firma all’accordo interistituzionale.