Non basta essere un professore universitario per essere una persona di cultura. Non è necessario essere un professore universitario per essere una persona di cultura. Il mondo accademico italiano, da sempre autoreferenziale e non di rado arrogante, esprime molti “incolti”. E’ il caso del prof. dell’Università di Siena, uno storico, che ha pubblicamente definito Giorgia Meloni come una ignorante che “non ha mai letto con ogni evidenza un libro in vita sua”. Una “pesciaiola”. Per poi proporre, in alternativa, gli epiteti di “rana dalla bocca larga”, “vacca” e “scrofa”.
Poi ha chiesto scusa, forse perché è intervenuto addirittura Mattarella, dicendo di “aver usato delle parole sbagliate”. Ma perché lo ha fatto? Perché la Meloni si sarebbe permessa in Parlamento di rivolgersi “da pari a pari” a Draghi. Come dire che un “ignorante” non se lo può permettere, non è un pari di Draghi.
Caro professore, tutti i cittadini sono pari di Draghi. Di fronte alla Legge e di fronte al Signore. E di questa morale dozzinale abbiamo le tasche piene addirittura dai tempi della Rivoluzione Francese. La Meloni, per quanto si possa essere politicamente in totale disaccordo con lei, ha fatto non solo bene a far sentire la propria voce, ha fatto il suo dovere. Perché gli elettori, i cittadini, magari ignorantissimi, l’hanno mandata lì proprio per questo. Per parlare al Presidente del Consiglio da pari a pari in loro rappresentanza. Anzi da superiore, perché investita del mandato popolare.
Alla volgarità della presunta aristocrazia intellettuale si aggiunge il sessismo becero. Orripilante in un uomo chiamato a formare i nostri figli. Questa è la cultura tratta dai libri, certamente tanti, che il professore ha letto? Queste le lezioni tratte dallo studio della storia che insegna?
Ma la colpa non è sua, professore. E’ nostra. E’ di quanti hanno dimenticato per troppo tempo di mandare a quel paese la sedicente superiorità di qualunque genere fosse. In altre epoche, nel ’68 o negli anni ’70, le avrebbero rovesciato la cattedra.