fbpx
Home In Italia e nel mondo Editoriale. Memoria degli Eroi invisibili

Editoriale. Memoria degli Eroi invisibili

by Pasquale Cuofano
0 comment

Ci sono momenti nella vita di un uomo in cui le decisioni sono determinanti per la sua storia personale, altri in cui le scelte sono un lasciapassare per l’Eternità. Avviene in occasioni straordinarie ad uomini comuni, non certamente eroi, hanno famiglia e affetti da proteggere, un lavoro da salvaguardare, ma sentono l’imperativo interiore etico e morale che cambia per sempre il corso della loro esistenza e delle persone che incontrano. E’ il caso di quanti durante l’occupazione nazista in Italia, incuranti dei rischi che correvano, si prodigarono per salvare vite umane dall’orrore e dalla barbarie. Singolare è la vicenda che si svolse nel 1943/44 al Fatebenefratelli di Roma, dove un coraggioso medico trovò la maniera di nascondere molti ebrei romani (il numero non è noto) durante i terribili rastrellamenti. Si chiamava Giovanni Borromeo, era il Primario ospedaliero di pneumologia e non gli mancava il senso dell’ironia. La situazione era grave, molti ebrei si rivolgevano in Vaticano e ai medici dell’Ospedale per trovare ricovero ed aiuto, ma erano tanti e bisognava aggirare i controlli sempre più stringenti delle pattuglie tedesche. Il geniale medico, con la complicità di altri due colleghi, il Dott. Vittorio Sacerdoti e il Dott. Adriano Ossicini, e del priore dell’Ospedale Fra Maurizio Bialek, inventò una malattia respiratoria contagiosissima che richiedeva il ricovero degli ammalati in un padiglione isolato, lontano dalle altre corsie. Sulle cartelle cliniche la malattia venne registrata come un non identificato morbo “di K” ed i tedeschi pensavano che si trattasse del morbo di Koch, di tubercolosi, e si tennero per molto tempo a debita distanza dall’Ospedale e dal reparto. In realtà il Dott. Borromeo aveva previsto ogni dettaglio e sapeva che la lettera poteva rimandare oltre che alla TBC anche ad altre malattie nel caso i tedeschi avessero fatto controlli più accurati. E quella lettera K, come un irriverente gesto, stava per Kappler e Kesserling, i famigerati boia tedeschi. In questo modo, con i buoni uffici del Vaticano e dell’allora cardinale Giovanni Battista Montini che diventerà Papa Paolo VI, con i due colleghi e gran parte del personale beffò i tedeschi e consentì a molti ebrei di mettersi in salvo. I documenti falsi con cui si allontanarono dall’Italia vennero forniti da intrepidi dipendenti dell’anagrafe di Roma che lavorarono alla riuscita del piano. In una toccante intervista di qualche anno fa, il figlio del dottore, ing. Pietro Borromeo, parlò del clima teso che si respirava a quei tempi nella loro casa, della paura dell’arresto, del saluto, quasi un addio, che ogni giorno i suoi genitori si scambiavano con uno sguardo. Eppure quell’uomo osò sfidare la furia nazifascista, convinto in nome della fede in Dio e nella scienza medica che bisognava agire per salvare vite umane. Varcò la sottile linea che ci può rendere nella vita uomini e no. Esorcizzò il pericolo con un’invenzione bizzarra, geniale, scherzosa, rocambolesca. Ridicolizzò l’odioso Kesserling con un’eleganza senza pari. Oggi il nome di Borromeo è inciso tra quello dei Giusti nel Mausoleo dello Yad Vashem. L’Istituto per la memoria dei martiri e degli eroi dell’Olocausto, l’Ente nazionale per l Memoria della Shoah di Gerusalemme, costituito per commemorare i sei milioni di ebrei assassinati dai nazisti e dai loro collaboratori e anche per ricordare le persone come “Giusti tra la Nazioni”, cioè non ebrei che durante i rastrellamenti si sono impegnati, a rischio della vita e senza alcun interesse economico, a soccorrere gli ebrei perseguitati. Il Giorno della Memoria è una ricorrenza che viene celebrata il 27 gennaio di ogni anno per commemorare le vittime della Shoah, per non dimenticare e affermare che “Chi salva un uomo salva il mondo intero”. Guerre, massacri, persecuzioni e violenze hanno interessato e danneggiato, e ancora colpiscono, milioni di uomini e donne in tempi e storie diverse. E’ giusto ricordare, insieme alle vittime, gli eroi “invisibili”, figure esemplari che si sono battute e si prodigano contro tutte le persecuzioni e in difesa dei diritti umani. Ancora oggi è bene attivare momenti di narrazione dei fatti e di opportuna riflessione, in modo particolare rivolta ai giovanissimi, su queste vicende del passato che ha interessato non solo il popolo ebraico ma anche militari e politici italiani deportati nei campi nazisti con la complicità del regime fascista. Nello stesso tempo invitare i giovani a guardare come modello le eroiche gesta di uomini che hanno operato nel silenzio e hanno dato speranza e creduto in una società migliore e di sicuro avvenire.