L’Autore è Vicesindaco del Comune di Napoli con delega ai trasporti.
Ringrazio “Gente e Territorio” per aver, non solo in questa occasione, aperto una discussione pubblica chiamando diverse competenze a pronunciarsi nel merito di una questione e ad indicare soluzioni possibili.
Semmai l’augurio è che i “decisori” politici abbiano l’occasione di leggere i diversi contributi traendone le considerazioni che ritengono più utili.
Come ulteriore premessa devo dire che capita con una certa frequenza, nella discussione pubblica, di dedicare tempo a temi che non esistono in quanto tali. Lo si fa perché evocano altre esigenze, ed allora il discuterne pare un modo per avvicinare altri obiettivi, o perché si pensa che possano offrire possibili soluzioni/illusioni a problemi di ben altra natura.
Diversi autorevoli contributi ospitati da “Gente e Territorio” dimostrano in modo documentato come la discussione sulla costituzione di un’unica azienda del trasporto locale per la Regione Campania sia esattamente un tema che non esiste.
Non è noto alcun progetto industriale, non vi sono analisi, investimenti ipotizzati, ipotesi organizzative, ecc.: nulla di tutto ciò. Ma, allora, di che cosa si parla? In realtà si tratta di un tema condizionato – fin dal primo porsi – da una campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale iniziata da molto tempo. Ed il settore del trasporto pubblico locale per numero di addetti e relativi nuclei famigliari, cittadini interessati, indotto è sicuramente un settore elettoralmente significativo per ogni forza politica. La debolezza è che si discute di un titolo che suscita domande che ricevono risposte contraddittorie, senza alcun approfondimento.
Ed allora ognuno individua – di volta in volta – in ciò la soluzione ai problemi di sicurezza occupazionale, alla necessità di incrementare scarse risorse, ad una offerta che relega la nostra Regione nella parte bassa della classifica italiana, sicuramente non corrispondente né alle esigenze dei cittadini né all’importanza nazionale ed internazionale della Campania. L’unico messaggio che evoca è dare un sogno ai lavoratori, tanti dei quali vivono situazioni aziendali complicate. Ma è una illusione.
Inutile ricordare come il settore del trasporto sia stato, con poche eccezioni, luogo di occupazione di una politica sbagliata con scelte gestionali ed occupazionali più mirate al facile consenso che alla qualità dell’offerta. E non ha importanza che il governo di una azienda di trasporto sia pubblico o privato, nell’esperienza campana i risultati parlano. Nella stessa Anm, tolto il velo che per diversi anni ci ha impedito di avere contezza degli effetti di lungo termine di alcune scelte manageriali, il risultato è visibile: piano concordatario omologato, un bilancio che segna un utile già dal 2018 e che cresce nel 2019 (+ 19milioni di euro). Certo, un risultato ottenuto chiamando a responsabilità il gruppo dirigente e con un contributo significativo delle Organizzazioni sindacali. E c’è ancora tanto da fare. Ma i risultati sono evidenti.
Proviamo a mettere in fila alcune questioni.
Gli investimenti. In calo a livello nazionale ed in forte calo a livello regionale, livello al quale compete la responsabilità costituzionale in tema di trasporto pubblico. E’ una questione sulla quale occorrono fatti chiari, anche perché altre Regioni hanno aumentato in modo consistente il loro investimento mentre la Regione Campania non altrettanto. Ciò ha comportato riduzione dell’offerta di trasporto e riduzione della qualità; ed inoltre ne è risultato forzatamente esaltato il ruolo del trasporto privato.
Non si scorgono numeri tali da far intendere che sia in corso una revisione significativa, né chi parla di “Azienda unica” associa a ciò un piano di investimenti.
Le risorse. Il Comune di Napoli (dati al 2017) è il settimo comune italiano per spesa pro capite per il trasporto pubblico locale (poco meno di 148€ per cittadino) e stacca città come Torino, Verona, Bologna. La differenza è che negli altri Comuni i cittadini pagano per servizi aggiuntivi, a Napoli no. Pesa una ingiusta politica di canalizzazione delle risorse del Fondo nazionale per il trasporto pubblico che vede la nostra città versare 54 milioni annui a fronte di un riparto del Fondo pari a 58 milioni annui. Non a caso il Consiglio di Stato ha accolto le nostre tesi per il 2017 e 2018 e sicuramente tale consolidato orientamento riguarderà anche gli anni successivi se non cambiano le scelte di fondo. Anche su questo tema tutto tace, anzi si preannuncia una ulteriore fase di contenzioso legale.
Le gare. Ondivaga la gestione di questo tema sul quale invece servirebbero scelte di merito. Ad oggi si registrano ritardi su tutti i fronti. Luoghi importanti che avrebbero dovuto affrontare, ad esempio, il nodo della gara per un ambito quale quello della Città di Napoli non si sono mai riuniti a distanza di anni dall’insediamento. Nessuna idea in me che la privatizzazione (in Campania per altro ben presente) sia la panacea di tutti i mali, tanto che l’intendimento dell’Amministrazione comunale di Napoli è che ANM partecipi alla gara in quanto tale una volta che verrà bandita. Ma non si può lasciare in sospeso un settore che opera i propri investimenti su tempi medio-lunghi, l’incertezza è foriera di respiro a breve termine: il contrario di ciò che serve.
Efficienza1. Buona parte dei mezzi su gomma e ferro sono vecchi, costosi e tutt’altro che accoglienti. A Napoli l’ultimo bus è stato acquistato nel 1999, l’ultimo treno nel 2002. Ora, dopo anni nei quali abbiamo dovuto fare i conti con difficoltà di ogni tipo, sono arrivati ed arriveranno mezzi nuovi su ferro e gomma (su gomma – per alcuni – anche grazie ad un contributo importante della Regione). Ma il parco mezzi in Regione continua ad essere vecchio. Sicuramente influiscono scelte del nostro Paese di scarso sostegno alla produzione nazionale ma il rinnovo delle flotte è questione non rinviabile ulteriormente.
Efficienza2. Permangono situazioni davvero incomprensibili ma che confermano l’assenza di una visione strategica. Ne cito, mi scuserete la piccineria, due. La prima: l’ammodernamento della strumentazione a favore dei cittadini trasportati è molto trascurata. Solo ora, dopo anni, è iniziato un piano di ammodernamento delle emettitrici molte delle quali preistoriche. L’effetto in termini di efficienza, contrasto all’evasione, reputazione aziendale è davanti agli occhi di ognuno di noi. La seconda: esistono differenze tariffarie difficilmente spiegabili e che non vengono colmate da chi dovrebbe: il biglietto per una stessa tratta con Ferrovie dello Stato costa 1.20€, con Anm 1.10€. Ma l’elenco potrebbe essere molto più lungo. Se efficienza e reputazione del trasporto pubblico non vengono assunti come obiettivi sui quali far convergere fin da subito programmazione e ruolo di indirizzo è davvero velleitario pensare che una unica mega struttura regionale possa fare ciò che per anni non è stato garantito.
Insomma, il “diritto alla mobilità” è ancora ben lungi dall’essere se non garantito, almeno perseguito in modo deciso e condiviso. Ed al riconoscimento concreto di questo diritto, qui ed ora, devono convergere da subito le politiche del trasporto in Campania. Quelli indicati sopra sono alcuni dei problemi che affliggono il trasporto pubblico in Campania. Pensare di saltarli a pie’ pari e cercare di illudere che uno slogan possano risolverli non è che il solito modo per lasciare le cose così come stanno. E non va bene. Si scelga una strada meno immaginifica ma più moderna: il diritto delle cittadine e dei cittadini della Campania a poter usufruire di un trasporto pubblico all’altezza di quanto garantito da altre regioni.