L’Autrice Fiorenza Gorio, architetto, è depositaria dell’Archivio Federico Gorio.
“Dialoghi di futuro”: osservazioni a margine del convegno presso il borgo La Martella a Matera
A distanza di un anno dalla ricorrenza del 70° anniversario dalla fondazione del borgo rurale La Martella, sabato 1 giugno 2024 si è svolto presso il teatro Quaroni il convegno conclusivo “Dialoghi di futuro”, organizzato dall’associazione “Amici del Borgo”.
interno del teatro
In questo spazio teatrale, ancora attuale come luogo rinato di aggregazione sociale e culturale, simbolo della memoria della comunità, nonché pregevole documento di architettura neorealista, si sono alternate molteplici iniziative per valorizzare la memoria storica del borgo ma, soprattutto, per far scaturire riflessioni e programmi futuri di rigenerazione con ricadute di crescita complessiva anche per la città di Matera.
Ad aggiungere un altro tassello alla storia dei 70 anni hanno contribuito anche i figli dei progettisti (L, Agati, F. Gorio, P.M. Lugli, L. Quaroni, M. Valori) che, invitati appositamente per l’occasione, hanno rievocato, attraverso un dialogo narrante, il percorso progettuale che ha contraddistinto l’esperienza dei propri padri, protagonisti dell’intervento urbanistico.
In tal modo quel tessuto connettivo dei “Sassi” che gli ideatori del progetto hanno voluto ricostruire nella composizione urbana del villaggio rurale, si concretizza oggi idealmente e visibilmente nelle azioni svolte dall’associazione che, attraverso molteplici manifestazioni ed eventi culturali, sta contribuendo da tempo, in maniera costruttiva e con risultati manifesti, a rafforzare quel senso di comunità ereditato dal passato. Indubbiamente, si tratta di un percorso trainante che conduce sia al consolidamento del carattere identitario del borgo, sia al suo fondamentale processo rigenerativo. Ciò, con l’obiettivo di garantire una duratura tenuta dei principali valori storici, artistici e materiali insiti nel borgo stesso e la loro imprescindibile trasmissione alle future generazioni.
I risultati e i progetti messi in campo dall’Associazione, in collaborazione con gli operatori scolastici e culturali, con l’Università della Basilicata DiCEM (Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo) e con la Fondazione Olivetti, stanno avendo una risonanza a livello nazionale. Parimenti l’impegno profuso per la celebrazione della ricorrenza dei 70 anni dall’inaugurazione del villaggio ha contribuito ad amplificare tale richiamo.
foto dall’alto del centro civico ripresa con il drone
E come in passato, La Martella ha rappresentato un laboratorio urbano rilevante per mettere in pratica quel concetto di unità di vicinato e per il suo utilizzo quale strumento per immaginare nuovi assetti territoriali, oggi è ancor più necessario prendere le mosse da questo patrimonio che può contribuire ad individuare nuovi paradigmi di crescita e sostenibilità a partire dalle componenti urbanistiche ed architettoniche dell’aggregato urbano, quale forma spaziale lasciata in eredità e da preservare scrupolosamente.
Tutte le forze messe in campo da ricercatori, professionisti, associazioni ed istituzioni stanno affrontando quanto e come questo lascito può costituire oggi un riferimento per un recupero locale e uno sviluppo sostenibile del territorio.
Tutto ha avuto inizio nel lontano 1951 con i lavori della Commissione interdisciplinare per lo studio della città e dell’agro di Matera, istituita su iniziativa di Adriano Olivetti, Presidente dell’INU e Vice Presidente dell’UNRRA-Casas (United Nations Relief and Rehabilitation Administration). Della Commissione è stato chiamato a far parte anche Federico Gorio insieme a Ludovico Quaroni per gli aspetti legati all’urbanistica.
Lo scopo della commissione è stato quello di avviare un’indagine per conoscere a fondo le condizioni di vita degli abitanti dei Sassi e, successivamente, proporre soluzioni per trasferirli in quartieri nuovi, le cui case dovevano necessariamente essere dotate dei servizi indispensabili per vivere. La progettazione dei nuovi complessi abitativi doveva tener conto di quella che era in precedenza la vita dei materani: una vita fatta di povertà, ma allo tempo di socializzazione e solidarietà tra famiglie appartenenti allo stesso vicinato.
Fin dalle prime indagini condotte sui Sassi, Federico Gorio analizza quel contesto antropologico di straordinaria complessità, costituito dall’insieme architettonico e urbano di qualità eccezionale, che affonda le sue radici nell’antichità, così come descritto da Carlo Levi nel testo “Cristo si è fermato ad Eboli”: “Io guardavo passando, e vedevo l’interno delle grotte, che non prendono altra luce ed aria se non dalla porta. Alcune non hanno neppure quella: si entra dall’alto, attraverso botole e scalette. Dentro quei buchi neri, dalle pareti di terra, vedevo i letti, le misere suppellettili, i cenci stesi. Sul pavimento stavano sdraiati i cani, le pecore, le capre, i maiali. Ogni famiglia ha, in genere, una sola di quelle grotte per tutta abitazione e ci dormono tutti insieme, uomini, donne, bambini e bestie. Così vivono ventimila persone”:
pianta di un gruppo di grotte
E dalla lettura approfondita dei Sassi Federico Gorio riflette sull’importanza dello spazio di vicinato che riveste un ruolo vitale nell’organizzazione della vita domestica e sociale degli abitanti e rappresenta un paradigma interessante, unico al mondo da salvaguardare, non solo come fenomeno antropologico e sociologico per la ricchezza della cultura contadina, ma anche come entità sociale, organizzata in un comune spazio abitativo, contraddistinto dalla particolare struttura morfologica a labirinto del quartiere antico e caratterizzata da un consolidato complesso relazionale fondato sulla interazione interpersonale, sulla solidarietà, sui legami affettivi.
A tal proposito, si ritiene utile richiamare una testimonianza di Gorio pubblicata sulla rivista Casabella: “Si scende ancora per gli scoscesi vicoli dei Sassi e quello che era sembrato un disordine inumano, impenetrabile alla nostra comprensione come l’intrico di una vegetazione selvaggia, si rivela un ordine umanissimo che aveva la sola peculiarità di essere diverso dal nostro. Quanti urbanisti e quanti sociologi cercano invano la pietra filosofale dell’unità di vicinato, cioè di quell’ideale nucleo di più famiglie che l’affiatamento sociale, oltre che il destino della convivenza, tiene in sesto; e questo fanno con lo scopo finale di ricostruire nei nuclei urbani quel tessuto connettivo che la nostra civiltà con un grave processo di auto necrosi ha inesorabilmente distrutto. Allora ci si accorge che la vita nei Sassi di Matera, esempio raro, è organizzata secondo una fitta struttura di legami primari, socialmente e topograficamente individuati e circoscritti, che la suddividono in tante unità di vicinato, esattamente come un tessuto organico è diviso e al tempo stesso costruito in cellule e precisamente come gli urbanisti e sociologi vorrebbero cementate le loro città.”
planimetria dei Sassi con l’indicazione degli alloggi malsani secondo la legenda
L’importanza dell’unità di vicinato: un fenomeno antropologico e sociologico unico al mondo da salvaguardare ieri come oggi
Sulla base di questi principi le forme del borgo non sono state imposte sul territorio, ma sono state adattate alla configurazione naturale del terreno, valorizzandone i punti dominanti ed assecondandone la flessuosità con adeguato inserimento della nuova comunità nel paesaggio circostante. Con l’inserimento nell’articolata struttura urbana delle case d’abitazione, dislocate sui tracciati viari leggermente curvilinei, sono state riproposti due elementi che fanno parte della struttura dell’architettura dei Sassi: l’ambiente della corte interna e dell’unità di vicinato.
In occasione delle celebrazioni per il 70° anniversario l’Associazione “Amici del Borgo”, insieme alla comunità martellese, ha deciso di impegnarsi solidamente per creare nuove “dimensioni di vicinato”, condividendo un patrimonio comune da preservare e da trasmettere alle future generazioni, ma anche contribuendo a costruire un laboratorio vivente di idee e programmi per immaginare la Matera del futuro.
Con un omaggio artistico donato all’Associazione, la scrivente, figlia di Federico Gorio, traendo ispirazione dal progetto della fontana, simbolo della piazza centrale, ha voluto aderire alla commemorazione della ricorrenza dei 70 anni, finalizzata a valorizzare non solo la memoria storica del borgo, ma, soprattutto, rivolta a garantire la permanenza dei principali valori storici, artistici e materiali, insiti nell’aggregato urbano.
La stessa fontana del villaggio La Martella 53, è giocata nell’intreccio eccentrico tra il cerchio e il triangolo equilatero, che, per la sua ispirazione simbolica, sta proprio a significare il punto in cui stava sorgendo una nuova comunità complessa, ma vera.
mosaico dedicato alla commemorazione dei 70 anni del borgo realizzato con materiali lapidei e ceramici
La planimetria si basa infatti sulla figura geometrica del cerchio considerato una forma perfetta, simbolo della vita, dell’omogeneità, di assenza di divisione e distinzione. Una figura che contiene in sé il senso del movimento, l’idea di una perfezione completa e di bellezza formale. Un’ulteriore chiave di lettura potrebbe essere di valenza artistica, in quanto la forma circolare richiama l’astrattismo delle opere del pittore Wassily Kandinskij (Alcuni cerchi, 1926).
Questo elemento architettonico, di conseguenza, non ha solo un valore puramente estetico e funzionale, bensì anche un preciso e profondo significato emblematico. La fontana, oltre a contribuire al carattere identitario del borgo, giacché rappresenta il punto di aggregazione sociale della comunità, conferisce all’ambiente della piazza un senso di compiutezza ed emana un flusso di energia positiva. Ecco, dunque, che questo manufatto non è un semplice ornamento da giardino ma, in realtà, può essere considerato un vero e proprio simbolo della vita degli abitanti nella sua interezza.
Per tale ragione si è inteso riprodurre nel mosaico tutti gli elementi presenti nella realizzazione del progetto originario:
- l’albero, “il carrubo”, rappresenta un omaggio al mondo contadino che ha vissuto la creazione del borgo nel lontano 1953. Al tempo stesso, quest’albero simboleggia, da un lato, il legame tra generazioni che viene trasmesso dai genitori ai figli, ai nipoti mentre dall’altro quello tra maestri e allievi;
la fontana fulcro della piazza Montegrappa
- l’acqua, da sempre simbolo della vita, viene spesso associata all’idea dell’essenza vitale nelle sue forme e, in particolare, è simbolo di nascita e rinascita. L’acqua rimanda anche alla storia di Matera, una città che si è sempre ingegnata per soddisfare il bisogno primario di questo elemento tanto da costruire delle piccole cisterne per la raccolta della pioggia;
- la pietra, il blocco di roccia che proveniva dal Trentino, terra di Alcide De Gasperi, rappresenta una grande testimonianza che si fa patrimonio comune ed indirizza la strada di una comunità verso il futuro;
- i blocchi di tufo e i mattoni con cui sono stati costruiti i muretti e le case, il tipo edilizio di base, punto di partenza nell’evoluzione dell’abitazione locale, sia in senso temporale che in senso funzionale, realizzato con la tecnica costruttiva la più antica e la più semplice che lega, in un’armonica edificazione, l’organismo costruito a regola d’arte;
- I binari, presenti nella fontana, con il loro significato simbolico, vogliono ricordare la loro funzione primaria, ossia dovevano idealmente servire come appoggio alle donne, per non farle stancare quando andavano a riempire i recipienti per l’acqua;
- gli andamenti curvilinei convergenti verso il centro richiamano, anche se in modo diverso, ”l’idea del vicinato dei Sassi in cui la vita, è organizzata secondo una fitta struttura di legami primari, socialmente e topograficamente individuati e circoscritti, che la suddividono in tante unità…” (Federico Gorio Casabella-Continuità”, n. 200,1954).
planimetria della fontana
sezioni di progetto della fontana scala 1:10
La storia fornisce sempre una grande lezione e testimonia ciò che unisce una comunità, come le singole tessere di un mosaico: si congiungono le une alle altre e hanno la capacità di resistere alle intemperie e alle trasformazioni apportate dal tempo e dall’uomo, attraverso i secoli e le generazioni.