Come volevasi dimostrare. Il DdL Zan è stato affossato al Senato con voto segreto. Fossi uno della galassia LGBTQ+ mi sentirei preso per i fondelli, ma non avrei dalla mia parte tutte le ragioni, anche se neanche avrei del tutto torto.
Preso per i fondelli perché, se era scontato il sabotaggio della legge da parte della Lega, di FdI e dei cattolici osservanti presenti in ogni schieramento – questi sono stati avversari trasparenti – non lo era la fronda nelle file del M5S e del Centrosinistra che, sulla carta, avrebbero avuto i numeri per approvare il disegno di legge.
L’impressione è che, qualora i sostenitori della normativa in questione avessero accettato di cercare una mediazione con chi si dichiarava contrario, forse oggi avremmo avuto la Legge Zan approvata. Con qualche modifica rispetto al testo originario, ma avremmo avuto una legge severa contro l’omotransfobia. E invece no, non hanno voluto aprire il dialogo. Hanno cercato la prova muscolare ed il sospetto è che abbiano voluto solo salvare la faccia come duri e puri ben consapevoli che sarebbe saltato tutto. Sapevano che i numeri non c’erano, un dettaglio non da poco.
In democrazia, ed in particolare in una democrazia parlamentare, succede sempre così, se non si hanno numeri blindati, a volere troppo si ottiene il nulla. Non fu così anche per la – bella a mio avviso – riforma costituzionale di Renzi e Boschi? La tracotanza addirittura spocchiosa dell’allora segretario del PD portò al disastro referendario. Ora quello stesso ex segretario – intanto uscito del PD e leader del gruppuscolo parlamentare di Italia Viva – si sta divertendo a ripagare con la stessa moneta quanti congiurarono contro di lui sulla riforma costituzionale. Come a dire: guardate che siamo in pochi, ma guizzanti, sguscianti e col dente avvelenato, per il Quirinale scordatevi di poter fare senza di noi.
Ma dicevo che gli attivisti LGBTQ+, se non hanno torto a sentirsi giocati, hanno tuttavia qualche colpa anch’essi nella sconfitta parlamentare. Hanno incoraggiato l’oltranzismo di Zan e compagni e messo all’indice quanti cercavano la mediazione. E questo è quanto hanno ottenuto, una bandiera ammainata.
Ma nel merito quali erano i motivi addotti da quanti si sono battuti contro il testo del disegno di legge?
Gli articoli contestati erano il primo, il quarto ed il settimo.
A mio avviso gli articoli primo e settimo non presentavano particolari criticità ed avrebbero potuto essere condivisi anche dai tradizionalisti, o quanto meno dai meno intransigenti tra loro, con uno sforzo di buona volontà.
Il primo è un articolo nomenclatore, che, prendendo atto della varietà delle identità sessuali oggi socialmente riconosciute, indica per ciascuna di esse un lemma denotativo. In fondo si tratta in parte di neologismi ed era pur giusto che il legislatore ne precisasse il significato ai fini della corretta interpretazione legge. Non si capisce cosa ci sia di non accoglibile in ciò.
Come pure era accettabile l’art. 7, laddove prevedeva che nelle scuole italiane avesse dovuto tenersi ogni anno una giornata nazionale dedicata al tema della violenza transomofobica. È del tutto ovvio che, se si vogliono arginare le brutali aggressioni omofobiche, non bastano le leggi repressive. Occorre una cultura della tolleranza. E questa la si costruisce col tempo, a partire dalle scuole.
Ma l’art. 4, introducendo il reato d’opinione, era davvero inaccettabile:
“Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”.
Dove possa collocarsi il confine tra opinione legittima ed opinione idonea a determinare il concreto pericolo di atti violenti non è dato capire.
Sarebbero stati poi i tribunali italiani a doverlo chiarire. Non sarebbe stato più semplice definire in modo meno ambiguo nel testo della legge il concetto di istigazione alla violenza transomofobica? Perché ci si è intestarditi a difendere un rigo oggettivamente ambiguo nella sua espressione letterale?
Oltre tutto, sfidare le destre tradizionaliste su questo terreno sarebbe stato utile anche a smascherarne i propositi sabotatori dell’insieme della legge, ammesso che di questo si fosse trattato. Ma tant’è, ora, a qualche mese dalla fine della legislatura, o al più ad un anno e mezzo, è pressoché impossibile recuperare il procedimento legislativo in materia. Se ne riparlerà con la prossima legislatura, peccato.
Sarebbe bastato un po’ di buon senso da parte di tutti e avremmo avuto finalmente una legge giustamente severa verso i reati transomofobici, pur se non gradita al cento per cento dagli ideologismi gender. Pur sempre un passo avanti, a volte da uno scontro meglio feriti che morti.