Cosa non si farebbe per rendere interessante e sorprendente lo studio del latino! Tutti i docenti di questa lingua sanno che accanto all’insegnamento meccanico di declinazioni, coniugazioni ecc. bisogna stimolare negli alunni il senso dello studio. Perché conoscere una lingua morta? Che me ne faccio del latino? cantava tempo fa Gianni Morandi.
Le motivazioni sono note ai più e sono anche quelle che meno convincono gli studenti. Conoscere le strutture del latino significa adoperare in maniera consapevole la lingua italiana. La grammatica ed il lessico della nostra lingua sono di derivazione latina, l’ampliamento della conoscenza del vocabolario è tanto più importante in un’epoca di povertà linguistica molto grave a tutti i livelli. Il fatto che le lingue classiche siano combinatorie, che obblighino nello studio ad una riflessione su come si organizzano in una frase gli elementi flessivi, induce a lavorare con la logica, a cercare il senso della struttura avendone riconosciuto gli elementi costitutivi. Il fine non è la traduzione, che ovviamente si trova su Internet, ma il laboratorio di traduzione che è alla base della comprensione del testo e dell’esercizio di quella logica la cui applicazione metodologica può essere verificata poi in qualunque campo del sapere.
Facile dire ma molto meno facile fare se a questi precetti non si aggiunge l’entusiasmo e l’amore che il docente mette nel proprio lavoro, spesso mortificato e poco stimato. Le strategie per rendere accattivante il lavoro di approccio allo studio del latino ed in genere della classicità sono tante ed a volte fantasiose. Come dice Recalcati, il rapporto educativo docente/discente deve essere erotico altrimenti l’insegnante potrebbe essere sostituito da un computer ed il risultato sarebbe lo stesso. Saepe bona materia cessat sine artifice (Seneca).
E’ in questo senso, in questa volontà eroica di arrivare ad una comunicazione intensa con i propri studenti che si inserisce l’idea delle docenti Concetta Massaro e Lella Oresti del liceo Classico ‘Eschilo’ di Gela: tradurre in latino la canzone Albachiara di Vasco Rossi. Inutile dire che il cantautore sui social ha molto apprezzato l’iniziativa. Di per sé la traduzione intesa come passaggio da una lingua ad un’altra non è stata particolarmente difficile ma la complessità è consistita nell’utilizzare la metrica latina per renderla adatta alla musica. L’ arrangiamento è stato curato dallo studente Simone Scerra, pianista, mentre a cantarla in latino è stato Angelo Bongiovanni per l’avvio dell’anno scolastico. Interessante esperimento di coinvolgimento, oltre il risultato. Sicuramente i ragazzi si saranno sentiti parte di un progetto mai realizzato, con la possibilità di utilizzare le proprie conoscenze extrascolastiche in una disciplina che normalmente non esce dalle mura dell’aula. Vogliamo chiamarlo compito di realtà? Di sicuro i social hanno rimbalzato la notizia in maniera esponenziale.
Vi propongo la prima strofa del testo. Provate a cantarla. Si può fare.
Respiras lente ne rumorem facias / sopiris vesper(i)et surgis in sole/es clar(a)ut prima lux / es nitid(a)ut aer.
Respiri piano per non far rumore/ Ti addormenti di sera e ti risvegli col sole/Sei chiara come un’alba/Sei fresca come l’aria.