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Da Benigni a Sangiuliano, ma Dante è democristiano

by Piera De Prosperis
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Ricordate Arbore quando in una seduta spiritica evocava dalle nebbie dell’oltretomba Dante/Benigni? “Spiriti bianchi e spiriti neri, noi evochiamo l’anima di Dante Alighieri”. Il programma era Telepatria international (1981). Dante/Benigni declamava Quel ramo del lago e Cavallina storna, non ricordando l’inizio della Divina Commedia. Eppure, come dice Arbore, egli era il sommo poeta o, come capisce Benigni, insomma poeta.

Essendo un’anziana ammiratrice di Arbore, di cui seguivo tutte le trasmissioni, è stata la prima cosa che mi è venuta in mente quando ho letto le dichiarazioni del Ministro della cultura Sangiuliano, che ha definito Dante il fondatore del pensiero di destra in Italia. La destra ha cultura, deve solo affermarla.

Se il Dante di Benigni risultava una figura goliardicamente ridicolizzata, volutamente ben al di sotto della grandezza del sommo poeta, nelle affermazioni del Ministro Dante risulta in maniera molto più spocchiosamente saccente un poeta travisato e piegato a scopi decisamente propagandistici.

Mi soffermerei su due punti. Ovviamente l’errore di interpretazione. Arruolare Dante in un partito attuale che non corrisponde a nessuno dei canoni dell’antichità è una svista che lo stesso Sangiuliano ha tentato di riparare parlando di provocazione voluta e pensata, adducendo dotte letture e importanti maestri che avrebbero sostenuto questa sua affermazione.

Cito il professor Barbero che nella sua monografia, ricca di una superba bibliografia, dice: (Dante) politicamente, insomma era un popolano, sia pure di orientamento moderato, incline al compromesso con i Grandi e inorridito dalla dittatura della gente dappoco. E del popolo doveva condividere quella che all’epoca era divenuta l’ideologia ufficiale che non insisteva tanto sull’allargamento verso il basso della partecipazione al potere, quanto piuttosto sulla supremazia della legge e delle procedure pacifiche, finalizzate alla difesa della concordia e del bene comune, rispetto al ricorso alla violenza da cui erano continuamente tentati i magnati.    

Almeno nel periodo precedente all’esilio, se proprio volessimo usare classificazioni moderne, banalizzando la ricchezza e il fervore civile che animava la Firenze di fine 1200, definiremmo Dante al più un democristiano. Abbiamo poi tutti studiato la dottrina dei Due soli, che Dante elabora dopo l’esilio e sviluppa nel de monarchia, scritto in concomitanza con la discesa in Italia dell’imperatore Arrigo VII del Lussemburgo: la sola vera libertà è l’obbedienza alla legge di Cesare, che per volontà divina deve governare tutta l’umanità e che rappresenta l’unico potere veramente pubblico, garanzia di convivenza civile. Tutti gli altri poteri, siano essi principi o comuni, non rappresentano altro che interessi privati. (Barbero)

Ma allora perché Sangiuliano, che è Ministro, si espone a tanto ludibrio? Possiamo pensare, come del resto ci fa capire lui stesso, che dietro a quelle parole ci sia un tentativo di ben più ampio spessore.

Dopo la Seconda guerra mondiale, la cultura italiana è sempre stata laica ed antifascista, identificandosi con i partiti della sinistra. La cultura della destra ha dovuto richiamarsi ad autori stranieri spesso travisati e piegati ad una lettura fuorviante. Penso a Pound. Oggi che la destra sta cercando di rifarsi il look e di inserirsi nella cultura nazionale, Sangiuliano avvia la costruzione di un pantheon di autori illustri di riferimento. E chi più del sommo poeta (insomma poeta)? Peccato che questa partenza sia stata, diciamo, una falsa partenza.

Ne sentiremo ancora delle belle, perché se l’intento è quello di avere indiscutibili riferimenti chissà cos’altro verrà fuori.

Io sono Dante, sono un poeta, sono italiano, sono cristiano!