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Coronavirus. Obiettivo: riaprire il Nord

by Luca Rampazzo
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Bonaccini, Cirio e Sala. Due governatori ed un sindaco. Esiste a Nord un partito trasversale che non vuole vivere recluso per morire sano. Ieri sono partite una serie di chiamate verso Roma, con tre priorità in mente:

  1. Riaprire Milano. Obiettivo condiviso per la natura simbolica dell’operazione.
  2. Ridurre la pubblicità negativa con il resto del mondo. Saremmo stati trasparenti fino al masochismo.
  3. Uscire dalle grinfie del principio di precauzione. Non si deve uccidere il tessuto produttivo.

La loro opinione è che il problema in queste ore sia più dovuto alla comunicazione che ai danni diretti. In quest’ultima categoria ci vanno sicuramente le disdette agli hotel e i danni agli operatori dello spettacolo che indica Bonaccini. Ma sono poca cosa, riflettono, se si comparano al calo di ordinativi dell’industria. E quelli non sono causati dall’emergenza. Sono il frutto avvelenato dell’albero della paura, nato dal germe della precauzione senza frontiere. Basti pensare a due provvedimenti rivisti nelle scorse ore dalla Regione Lombardia.

Grazie ad una circolare interpretativa di ieri sera si potrà tornare a fare gli aperitivi: i bar non vengono più chiusi alle 18. Ma si potrà far entrare solo le persone che possono stare sedute ed andranno servite ai tavoli. Si supera così la discriminazione che vedeva i ristoranti aperti (e comunque vuoti) ed i bar chiusi. Si riaprono le porte anche ai tesserati del CONI che vogliono allenarsi. A porte chiuse, però. Non si sa mai. Tutto questo, ovviamente, è un metodo che non richiede approvazione ministeriale per allentare la rete. E, sperano, di ridurre la paura.

Speranza che i due governatori ed il sindaco non pensano sia sufficiente. Ci vuole un gesto che sia comunicabile in tutte le lingue del mondo, secondo loro, con la stessa forza con cui si è annunciato lo spostamento del Salone del Mobile. Altrimenti non se ne va fuori. Soprattutto a livello psicologico. Qual è quindi il vero obiettivo dei tre? La riapertura delle scuole. In queste ore si deve decidere se la prossima settimana i ragazzi torneranno in carico alle istituzioni educative. Se non succederà, sarà un grosso problema. Psicologico, prima di tutto.

Una settimana a casa è gestibile. Diventa la settimana bianca che al Nord in questo periodo si fa spesso comunque. Una seconda costringerebbe le famiglie alle prime assenze dal lavoro. Fiaccherebbe un tessuto di commercio di prossimità già allo stremo. Darebbe un’immagine devastante all’esterno. Per questo il partito della riscossa preme per forzare la mano al premier. In tutto questo manca la presenza dei governatori leghisti. Fontana è assente giustificato: è in autoisolamento. Si è scoperto che una sua collaboratrice è infetta. Lui no. Ma non si sa mai. Ecco. Non si sa mai è precisamente il germe di cui parlavamo prima. Che fa crescere l’albero dell’autoisolamento. Il cui frutto è la paura.

Intanto la chiusura delle scuole si espande. La lezione che ha insegnato il Coronavirus, al Nord, secondo il partito della ripartenza, non pare avere grosso mercato: se ti fai prendere dal panico, difficilmente ne esci. E un altro giorno sorge su una Nazione che sta scoprendo che forse non era così pronta a tutto.