L’Autore è Direttore Generale di Assarmatori
Nassim Nicholas Taleb, l’economista che ha coniato il termine, sostiene che l’emergenza che sta sconvolgendo la vita degli italiani e preoccupando il mondo non è un vero e proprio “cigno nero”, ossia l’evento inatteso che travolge l’economia globale. Certo è che, prima che scoppiasse l’epidemia di Coronavirus, in Cina le stime per il 2020 prevedevano un incremento della crescita mondiale del trasporto merci marittimo oltre il +0,7% registrato nel 2019, ora invece si prevede un calo globale dell’1%.
Ma ad aggravare la situazione è arrivata la gelata dei focolai di contagio in Italia, che ha portato al rifiuto di far attraccare navi italiane in porti esteri, mentre altre navi originariamente dirette verso i porti italiani hanno preferito indirizzarsi verso approdi diversi. E questo è un problema non solo per l’economia nazionale, colpita sia dal lato dell’export che da quello dell’import, ma anche per i conti pubblici. Se le navi salteranno sempre di più gli scali italiani ci sarà un calo sensibile del gettito derivante da dazi e da altre imposte sulle merci.
Ci sono poi effetti pesanti anche sul versante del trasporto passeggeri, soprattutto nel settore crocieristico. Ad aprile 2019, le stime di crescita prevedevano per il 2020 circa 12,8 milioni di passeggeri nei porti italiani, con una crescita del 7,8% sul 2019 e con un impatto economico sul territorio pari a circa 16 miliardi di euro. Da poco più di una settimana, però, c’è stata un’ondata di disdette che ha riguardato circa il 50% delle prenotazioni già effettuate. Più alta è invece la quantità di cancellazioni pervenute alle compagnie di traghetti che operano nelle cosiddette Autostrade del Mare, si supera il 55%, per arrivare oltre il 60% sulle linee di corto raggio che collegano le isole minori.
Il conto di questa emergenza, insomma, si è fatto salato. Nel settore passeggeri sono praticamente saltati gli introiti del periodo primaverile, soprattutto di quello pasquale, che anticipano i grandi incassi dell’estate, quelli che sostengono di fatto i conti dell’anno.
Se non si prendono, in fretta, delle contromisure il danno finale per l’intero comparto potrebbe essere pesante. Ecco perché Assarmatori ha chiesto al Governo italiano, innanzi tutto, di garantire una gestione unitaria delle misure di emergenza, rafforzando la cabina di regia centrale, eliminando insomma quel caos rappresentato dalla somma di decisioni unilaterali adottate dalle Amministrazioni periferiche, spesso in palese contrasto con le direttive impartite dal centro.
Un esempio su tutti è la recente ordinanza della Regione Sardegna che prevede il controllo sanitario dei passeggeri che arrivano sull’Isola. I controlli sono certamente necessari, ma all’imbarco, non allo sbarco. Quell’ordinanza non solo non mette al sicuro l’isola dal contagio (il passeggero potrebbe aver passato il virus ad altri compagni di viaggio, sbarcati prima di lui e, ovviamente, ancora senza alcun sintomo evidente), ma comporta il serio rischio di una messa in quarantena dell’intera nave (coinvolgendo equipaggio e passeggeri) con tutte le conseguenze del caso. Dalla complessa e costosa gestione del blocco dell’unità che l’Amministrazione si troverebbe ad affrontare, al danno economico che graverebbe sull’impresa armatoriale interessata. E tutto questo, magari, per un falso allarme.
L’altra misura che chiediamo punta a contenere i danni all’economia e mantenere il più possibile inalterati i volumi di traffico nei nostri porti. Proponiamo infatti la sospensione della cosiddetta Tassa di ancoraggio, un tributo che si paga in ragione della stazza della nave e non in rapporto al carico trasportato. Si tratta quindi di un costo fisso che le navi devono versare per intero anche se, come avviene ora, viaggiano con un carico ridotto. Tra l’altro si tratta di una misura che non richiede nuove leggi o decreti, basta un atto amministrativo visto che l’attuale legislazione prevede che “nell’ambito della propria autonomia finanziaria, alle autorità portuali è consentito di stabilire variazioni in diminuzione, fino all’azzeramento, delle tasse di ancoraggio e portuale”. Per le autorità in questione si tratterebbe di rinunciare a una piccola parte dei loro introiti (incassano il 50% di quel tributo), ma un calo dei traffici farebbe perdere loro ben altri introiti come quelli derivanti dalla tassa di imbarco e sbarco delle merci, per non parlare di tributi fondamentali per le casse dello Stato come l’iva e i dazi. Insomma, allo Stato chiediamo: Fai la cosa giusta.