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Come nasce Israele e come non nasce lo Stato di Palestina

by Luigi Gravagnuolo
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Mentre scrivevo queste righe nel pomeriggio del 17 ottobre, è arrivata la notizia del bombardamento dell’ospedale di Gaza, atroce, ennesimo crimine contro l’umanità. Le due parti si accusano reciprocamente e sarà difficile capire la verità. Oggi, rileggendo quanto avevo buttato giù prima della notizia, ritengo che resti valido, pur se quanto accaduto a Gaza altera non di poco il quadro qui descritto. Mi riservo perciò di tornarci quando – e se – saranno più chiare le responsabilità.

 

Israele nasce come Stato indipendente il 14 maggio 1948, ai sensi della Risoluzione n. 181 del 29 novembre 1947 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Gli Ebrei, residenti da secoli in Stati diversi, erano stati vittime da altrettanti secoli a fasi alterne di pogrom e deportazioni, fino all’orrore dell’Olocausto. L’ONU decise perciò di assegnare loro un territorio in cui avrebbero potuto autogovernarsi ed in cui avrebbero potuto difendersi ed accogliere i propri correligionari dispersi nel mondo, qualora questi si fossero trovati di nuovo in pericolo. La decisione fu fortemente caldeggiata da USA ed URSS; più tiepidi il Regno Unito e la Francia, pur membri a pieno titolo del panel dei vincitori della Seconda Guerra Mondiale. Regno Unito e Francia, molto meglio di USA ed URSS conoscevano la situazione reale della terra di Palestina e avrebbero preferito maggiore cautela. Alla fine, quando si votò per la Risoluzione 181, il Regno Unito si astenne. La Francia, la più debole delle quattro potenze vincitrici, sotto pesante pressione degli USA, obtorto collo si pronunciò a favore. Tutti gli Stati confinanti, non solo quelli arabi, votarono contro. La Risoluzione passò con 33 voti a favore, 10 astenuti e 13 contrari.

Vediamo quali furono gli Stati che votarono contro: Afghanistan, Arabia Saudita, Cuba, Egitto, Grecia, India, Iran, Iraq, Libano, Pakistan, Siria, Turchia e Yemen.

Oltre al Regno Unito, si astennero Argentina, Cile, Cina, Colombia, El Salvador, Etiopia, Honduras, Messico e Jugoslavia.

A favore Stati Uniti d’America, Australia, Belgio, Bolivia, Brasile, Bielorussia, Canada, Costa Rica, Danimarca, Repubblica Dominicana, Ecuador, Francia, Guatemala, Haiti, Islanda, Liberia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Nicaragua, Norvegia, Panama, Paraguay, Perù, Filippine, Polonia, Svezia, Cecoslovacchia, Ucraina, Unione Sudafricana, URSS, Uruguay e Venezuela.

Già da allora il mondo, pur consapevole della doverosa necessità di mettere in sicurezza la popolazione ebraica, nutriva severe perplessità sui contenuti della Risoluzione 181.

In essa si chiedeva al Regno Unito di rendere disponibile la terra di Palestina, allora sotto suo mandato ed abitata in maggioranza da Palestinesi ed Arabi con la presenza anche di una cospicua componente ebraica, per consentire la formazione di due Stati indipendenti, Israele e Palestina. Gerusalemme città sarebbe stata riconosciuta come corpus separatum nell’ambito di un regime internazionale speciale e sarebbe stata amministrata dalle Nazioni Unite. A seguito di questa Risoluzione, legittimamente ai sensi del diritto internazionale, fu fondato lo Stato di Israele. Le disposizioni relative alla contestuale fondazione dello Stato della Palestina ed allo status della città di Gerusalemme furono invece disattese.

Israele nacque il 14 maggio 1948, il 15 maggio il Regno Unito ritirò le sue ultime truppe. Il giorno dopo i Paesi arabi confinanti invasero la Palestina e portarono guerra ad Israele, che ne uscì vittoriosa. Per gli Arabi fu la catastrofe, la Nakba. In settecentomila si rifugiarono profughi nei paesi circostanti, Giordania su tutti.

Lo Stato ebraico in Palestina nacque dunque in modo frettoloso e solo grazie alle forzature esercitate da USA ed Unione Sovietica sui Paesi ONU aventi diritto al voto. Se invece non nacque lo Stato di Palestina, pur deliberato dalle Nazioni Unite, non fu dovuto ad Israele o agli USA, ma ai Paesi arabi.

La Risoluzione 181 era stata promulgata nel tempo dell’esplosione mondiale dei movimenti di liberazione coloniale. In particolare, i Paesi arabi, Egitto su tutti, tendevano ad affermare la loro sovranità sulle terre già ottomane. Consideravano terra loro, quindi non nella disponibilità di Londra, tanto meno di Washington, anche quella della Palestina. Volevano spartirsela tra loro. Meno che mai erano disposti a riconoscere uno status peculiare alla città di Gerusalemme. Oltretutto gli Arabi non avevano alcuna stima dei Palestinesi come di una nazionalità indipendente, con una sua propria identità. Nella considerazione dei governi, ma anche delle popolazioni arabe, i Palestinesi erano tenuti alla stregua di Beduini, nomadi o anche stanziali, ma non degni di un proprio Stato.

Furono dunque i Paesi arabi ad invadere immediatamente le terre che sarebbero dovute appartenere allo Stato della Palestina, impedendone di fatto la costituzione. I primi nemici della costituzione dello Stato della Palestina sono stati loro, Egitto, Giordania, Iraq, Siria e Libano su tutti.

Poi, col passare de tempo, Israele, spinta anche dall’obiettivo di creare a scopo di sicurezza un’ampia zona cuscinetto tra sé e i bellicosi vicini, ci ha aggiunto del suo, estendendo i suoi confini ben oltre quelli definiti dalla Risoluzione 181 e, soprattutto, tradendo i valori, la democrazia e la pacifica convivenza con i popoli, sui quali era nata. Nell’ultimo quindicennio, infine, sotto la guida di Netanyahu, ha sposato sempre più posizioni sioniste fondamentaliste, razziste di fatto – la legge sullo Stato-Nazione del 2018 è semplicemente aberrante! – ed ha continuato a moltiplicare i suoi kibbuz in terra palestinese, scacciandone i residenti storici, in spregio alle ripetute risoluzioni ONU.

Sconfitti nella Guerra arabo-israeliana del ‘48, i Paesi arabi ci misero poco ad arruolare il popolo palestinese nel fronte anticoloniale ed anti Israele, pur conservando l’antica boria contro di esso. Quando, nel settembre del ‘70, i Palestinesi profughi in Giordania, maltrattati e sottomessi, si ribellarono, furono massacrati senza pietà. Fu il Settembre Nero, opera dei Giordani, non degli Ebrei! Ed i massacri di Sabra e Chatila dell’82 in Libano, furono perpetrati dalle falangi libanesi, sia pure con la complicità di Israele. Tuttora la popolazione palestinese viene usata come carne da macello dagli Stati arabi – si tratta oggi dell’Iran, del Qatar, della Siria e dello Yemen – che utilizzano Hamas ed Hezbollah alla stregua di mercenari armati fino ai denti, cresciuti ed allevati nel più bieco fanatismo antisemita. Antisemitismo al quale – occorre ribadirlo – Israele ha offerto ampia occasione per alimentarsi.

Hamas sapeva bene che la sua incursione in terra d’Israele del sette ottobre scorso, mirata al massacro esclusivamente dei civili, trucidati, decapitati, squartati a favor di selfie da far girare in rete, non sarebbe restata senza risposta. Lo sapeva bene, lo aveva messo nel conto e non ha tenuto in alcuna considerazione la vita dei Palestinesi di Gaza messa a rischio da tanta temerarietà.

Ora i Paesi arabi denunciano la crudeltà della reazione israeliana, che colpisce con i suoi bombardamenti anche i civili. Ma Tel Aviv – per carità, con tutto il carico delle sue colpe storiche – non aveva installato le proprie postazioni militari nel campo del rave musicale assaltato da Hamas, né nelle case dei coloni. I miliziani di Hamas invece le loro postazioni militari, dalle quali continuano a lanciare razzi su Israele, le hanno collocate nei condomini e finanche sotto gli ospedali. Come può Israele smantellare quelle postazioni senza rischiare di colpire anche i civili? Eppure, nonostante tutto e con le sue contraddizioni, Israele ha creato dei corridoi di fuga, ha invitato i civili ad allontanarsi temporaneamente dall’area presumibilmente bersaglio dei suoi attacchi, qualcosa sta ancora cercando di fare per risparmiare i civili. Hamas no, il sette ottobre ha mirato deliberatamente, esclusivamente solo ai civili.