L’autrice è Commissario Straordinario delle Scuole del Convitto Nazionale Statale ” T. Tasso” di Salerno.
Ho riflettuto molto sul significato di questo editoriale creato come luogo di raccolta di appunti e spunti tematici, testimonianze, racconti, luogo della memoria ma anche di vision, curiosità derivanti dal continuo e importante contatto con il proprio territorio. Un luogo voluto fortemente da chi ne ha condiviso l’intenzionalità operativa con dedizione e tanta passione, luogo dicevo dove tante occasioni vengono ad assumere significatività, spessore e si combinano in quei processi di costruzione, fruizione e produzione di mille micropedagogie.
Un luogo, altresì, d’intrecci e interconnessioni di formidabile reattività conoscitiva, capace di assorbire in costruttivi processi di coniugabilità, lo scoraggiante scenario del mondo contemporaneo afflitto da mille mali, non ultimo quello del COVID-19. Rivoli di sangue innocente causati da folli guerre, bambini soldati vittime della perversità umana capace di rendere l’uomo vittima di se stesso, sguardi persi nel nulla che incrociano occhi di bambini alla ricerca di una dimensione rassicurante che sembra difficilmente raggiungibile, natura che si ribella e umanità dispersa alla ricerca di rinnovati orizzonti di senso. I saggi affermano che la nostra è una società caratterizzata dalla complessità, da uno stato di caoticità. Coniando la terminologia informatica, gli stessi hanno designato lo stato delle cose come “randomizzazione dei processi”, una società cioè caratterizzata da un succedersi di fasi dominate dalla regola della casualità, il “random” appunto, che esige il governo costante dei processi stessi tesi alla costante ricerca di equilibri di volta in volta persi.
Non sfugge a nessuno, quindi, l’inderogabile esigenza di riuscire a comprendere ciò che può e dovrebbe essere il significato della vita, della nostra esistenza nel mondo stesso, il valore dell’uomo e delle sue scelte, i piccoli e grandi segnali lanciati dalle persone che incontriamo lungo i nostri sentieri, processo cognitivo che è possibile soltanto a seguito di un percorso di costruzione di una coscienza individuale e collettiva costellato da innumerevoli esperienze che devono avere come obiettivo lo sviluppo di un’etica fondata sulla promozione e sullo sviluppo “del bene comune”. Certo è che, contrariamente al mito antico, si comprende che la saggezza non salta fuori per incanto come Atena dalla testa di Zeus: la consapevole conoscenza di noi stessi nel mondo, e le nostre idee sul significato della vita, si sviluppano a poco a poco, lentamente come il corpo e l’intelletto, ed per questo hanno bisogno per crescere forti e ben definite, di figure “adulte” significativamente orientanti capaci di trasmettere i valori giusti cui fare sempre riferimento.
A chi alleva un bambino e a chi viene conferita la responsabilità di educarlo, istruirlo e formarlo il compito più importante è quello di aiutarlo ad affermare la propria identità, ad orientarsi autonomamente e consapevolmente nella società civile in una realtà che si mostra sempre più caotica, contraddittoria e ultimamente dannatamente sofferente. E’ perciò importante fornire alla generazione moderna la chiave di lettura della conoscenza per riuscire successivamente da soli a trovare luoghi sicuri nel mondo, seguendo la giusta via con profonda fiducia interiore.
Imparare a conoscersi nel raccontarsi ma anche nell’ascolto del racconto altrui, conoscere ed imparare ad apprezzare tutti gli aspetti della vita e del mondo sia interiore che esteriore , ritrovarsi e gioire nell’appagamento della naturale curiosità, del desiderio di “sapere”, sia per un ragazzo ma anche per un adulto che non intende di rinunciare ad interpretare il mondo in trasformazione e ciò che gli viene talvolta “propinato”, può significare esorcizzare le paure, le ansie, i timori di sentirsi soli e persi anche avendo solo il cielo in una stanza.
Certo sono tempi duri quelli che stiamo vivendo. Tempi di paure non bene identificate, ma soprattutto di ritiro dalla vita. E’ l’inerzia psichica il pericolo maggiore, ancor più di quello della morte fisica. Ma tornare a vivere è possibile, possiamo farlo in ogni istante. In fondo, la paura reale di essere contagiati viene dalla voglia di vivere. E la paura altrettanto reale che viene dall’essere in un mondo che ha perso in modo pericoloso una parte importante del senso della realtà.
Oggi siamo in quarantena, siamo indoor e lo saremo fino a quando tutto non sarà passato. Siamo in casa per uno scopo, e facendolo stiamo dando il nostro contributo alla società. Proprio per questo abbiamo l’esigenza di creare la necessaria mediazione di piccoli spazi di incontro, che mi piace chiamare “spazi di conversazione” come questo in cui sto agendo, nel rispetto delle restrizioni alla mobilità giacché la parola d’ordine è non uscire.
La sentiamo costantemente su ogni giornale, spot e canale televisivo, ma il senso collettivo di stare in casa è quello di aiutare gli altri e la comunità intera a non diffondere il virus. Impegnandoci in questo, stiamo combattendo insieme a tutti gli altri e contribuendo all’uscita da questa situazione.
La pandemia COVID-19 ha colpito con durezza l’Italia così come altri Paesi in Europa e nella parte più ricca del globo. In questi giorni si moltiplicano i segnali di una risposta globale in un mondo che oggi si interroga se ha ancora senso parlare di globalizzazione. Tante le domande che attendono risposta: le implicazioni sul continente africano che si faranno sentire a più livelli; l’azione diretta del virus in termini di perdita di vita umane; il logoramento dei sistemi sanitari; la recessione economica internazionale che colpirà in particolare i Paesi che dipendono dalle esportazioni di materie prime, a partire dal petrolio; la perdita di posti di lavoro e il peggioramento dei deficit fiscali; l’eurobond come soluzione da mettere in campo per salvarci dalla crisi… e intanto noi Italiani dipingiamo arcobaleni sui quali ci diciamo “Andrà tutto bene”!