Nei giorni scorsi e tornato alla ribalta della Stampa – in particolare di quella napoletana, oltre che di quella campana – la annosa e poco commendevole vicenda del Chiavicone.
Non si allarmino i lettori benpensanti: Chiavicone non è un insulto! E’ solo un superlativo napoletano mascolinizzato della parola “chiavica”, che nel vocabolario è un sinonimo di cloaca e di fogna.
Il Chiavicone così è stato chiamato dai Napoletani fin dal suo primo apparire. Quel condotto fognario già al momento della sua costruzione vantava uno speco di grandi dimensioni. Esso era stato voluto dal Viceré di Napoli Don Pedro di Toledo, per dotare il versante occidentale della grande capitale del Viceregno di un fondamentale canale fognario che partiva dalla Pignasecca e arrivava al mare.
Al lettore basti per ora sapere che Il canonico e storico Carlo Celano nel 1692 descriveva il Chiavicone così: “…ampio e lato che adagiamente caminar vi potrebbe una carrozza per grande che fosse“. E qui chiediamo scusa al lettore, ma non ci sembra opportuno riportare il chilometrico titolo dell’opera del Celano. Quindi, ecco in titolo del prezioso volume, però sunteggiato: “Notizie del bello, dell’antico e del curioso della Città di Napoli per i signori forastieri…divise in dieci giornate“. Insomma, una sorta di Guida Turistica colta e completa per dieci giorni di visita e soggiorno nella Città di Napoli.
Certa stampa ha pudicamente definito il Chiavicone anche come l’Arco borbonico di via Caracciolo. Così dunque è stato ribattezzato il cumulo di massi, vittima delle mareggiate, ormai informe, in gran parte da ripescare sul fondale e riportare fuor d’acqua, ridandogli forma e vita di un tempo con un restauro di filologica ricostruzione, per quanto si potrà. La spesa prevista supera abbondantemente il mezzo milione di euro di lavori e con buona probabilità veleggerà verso il milione. Se tutto va bene…
Certo sarebbe bastata una somma decisamente inferiore se Comune di Napoli, Soprintendenza preposta e Autorità marittime competenti non avessero aspettato il collasso totale della struttura pietrosa del Chiavicone per trovare l’intesa – tra ritardi, polemiche, ripicche e incomprensioni. Ma così va questo nostro mondo.
Eppure quella struttura voltata sul mare napoletano – che serviva anche da molo per carico e scarico di piccola merce – è stata per secoli uno dei simboli più noti di Napoli. E ciò anche perché essa era riportata in numerose immagini pittoriche che, con lo sfondo del Castel dell’Ovo, ritraevano uno degli scorci urbani rivieraschi più celebri del golfo napoletano. E sicuramente anche il più celebrato water front del Mediterraneo, famoso quindi in tutto il mondo che allora contava.
Insomma il Chiavicone, a dispetto del nome, è stato una icona assoluta di Napoletanità. Qualche storico, puntuale, attento e occhiuto, ma… senza visione di grande respiro, si dice indifferente alla ricostruzione di un manufatto tutto sommato non autentico, certamente non borbonico, in quanto risultante da più colmate di ampliamento a mare, di cui almeno una postunitaria. Gli ampliamenti del fronte a mare, infatti, si succedettero con continuità storica a partire dall’epoca borbonica a quella postunitaria, inglobando il tratto di spiaggia su cui si adagiava la “canna” del Chiavicone. Quindi anche lo stesso Chiavicone fu oggetto di lavori nella prima metà dell’Ottocento e poi nella seconda metà dello stesso secolo, rimanendo inglobato nelle colmate a mare che lo intrappolarono, su progetto cui partecipò anche il grande architetto napoletano Enrico Alvino.
Quelle colmate ridisegnarono la configurazione della linea di battigia del fronte a mare di Via Caracciolo, ampliata insieme a Via Partenope – durante il Risanamento napoletano di fine Ottocento voluto dallo Stato postunitario – che di guasti ne procurò parecchi sul fronte urbano sul mare – privilegiando le esigenze di mobilità urbana a discapito della rete stradale antica della capitale spodestata. E infatti, nel caso del Chiavicone, l’aumento del traffico urbano non era più smaltibile dalla rete di strade e vicoli a monte del Lungomare napoletano.
A questo punto ci pare giusto chiudere questo articolo con un interrogativo, destinato però a rimanere senza risposta, se non nel cuore dei lettore, libero di scegliere a chi destinare l’attributo di Chiavicone.
Insomma, Chiavicone… a chi?