C’era una volta il padre, lo si vedeva poco perché “era al lavoro per mantenere la famiglia”, eppure era sempre presente nella mente dei figli e di coloro che restavano in casa. Il padre, una volta, sembrava fatto di una sostanza più astratta rispetto alla madre, rimaneva distante, parlava pochissimo, incuteva timore, sgridava con uno sguardo. Poca pedagogia, nessuna psicologia ma la certezza della protezione, offriva un modello di riferimento forte e granitico, dava la norma; era lui il fondamento indiscusso della società occidentale.
Poi quel padre è tramontato, forse non del tutto e non ovunque, ma certo l’autorità padronale del pater familias si è andata dissolvendo all’indomani della grande contestazione giovanile del ’68. Con l’immagine dell’evaporazione del padre (tanto cara a Lacan) si delineava la fine di quel mondo. Da allora, gli studi e le pubblicazioni sul padre e sul suo eclissarsi non si contano più. Ci si appella a qualcuno che non c’è, si cerca qualcosa che non si trova, ci si interroga in attesa della risposta.
Ma davvero il padre non c’è più? Il patriarca, il padrone, il dominus, quale padre è evaporato? Quale padre è rimasto? Cosa ne è del figlio? “Noi siamo nel tempo in cui i figli devono poter scrivere il loro futuro e il loro desiderio, e non aspettarsi più che il padre arrivi, come Telemaco che attendeva che il padre Ulisse tornasse vittorioso a riportare la legge” è questo il messaggio del noto psicoanalista Massimo Recalcati che del tema si è occupato a lungo.
Oggi è la Festa del Papà e, al netto di tutta la retorica di circostanza, è innegabile che oggi fare la paternità è complesso ma necessario come non mai. Cambiano le epoche, mutano le stagioni, si trasforma la paternità. Oggi finalmente è chiaro che si può essere padri senza essere patriarchi, senza il peso delle aspettative virili che riducono la vita di tanti uomini in un’unica strada di rigida performatività.
Perché un padre non finisce, non finisce il riferimento costante della vita, per un bambino, per un ragazzo, anche per un adulto che ha già imparando a “stare al mondo” da solo. Ancora Recalcati ci spiega che oggi i figli non hanno bisogno di un padre che rappresenti la legge e l’autorità, quanto di un padre testimone che dica loro non qual è il senso dell’esistenza, bensì che mostri attraverso la sua vita che l’esistenza può avere un senso.
Lo sa bene chi un padre non l’ha avuto, o ne ha avuto uno debole, assente o violento. Lo sa chi continua a cercarlo in qualcuno che abbia il coraggio di stare accanto a lui di fronte al futuro che arriva, di fronte alle incomprensioni, ai dubbi, nella pena che dovrà sconfiggere da solo. Forse il padre può dileguarsi, assentarsi, sparire. Il figlio rimane e si rimane figli per sempre.