“Non c’è strada diversa dall’unità per affrontare la più grande emergenza sanitaria, economica e civile dal dopoguerra. Lancio un messaggio di unità: siamo all’ultimo miglio per vincere contro il virus, fuori la salute dalla battaglia politica”.
Così il Ministro Speranza ieri a Montecitorio, presentando il nuovo DPCM finalizzato a fronteggiare l’emergenza Covid. Difficile dargli torto.
Senonché c’è un dettaglio non da poco. Se l’appello all’unità fosse venuto da chi avesse vinto le elezioni e rappresentasse la maggioranza degli Italiani, sarebbe stato leggibile come una nobile apertura alle minoranze. Venendo da chi rappresenta la minoranza sa quasi di beffa.
Lui che lancia il messaggio sta al governo, pur avendo perso le elezioni nel 2018. Non solo, ma se si vuole dare fede a tutti, dico tutti, i sondaggi sull’orientamento elettorale degli Italiani oggi, l’attuale compagine di governo rappresenta grosso modo il 40% dell’elettorato.
Ed oggi, in questa compagine, con giusta posizione preminente, c’è il M5S, unico vero vincitore delle elezioni di tre anni fa, quando ottenne poco meno di undici milioni di voti, 133 seggi alla Camera e 67 senatori. Questo nel Palazzo, ma sempre ad oggi nel Paese lo stesso partito è dato nella più benevola delle indagini al 16%. Se si votasse domani, il Centro-destra otterrebbe dal 46 al 49%, l’attuale maggioranza che ci governa, includendovi anche Italia Viva, dal 40 al 43%.
Insomma, l’attuale Governo non rappresenta la maggioranza del Paese. Farà piacere o no, ma tant’è.
E tuttavia nel merito il ragionamento del Ministro Speranza non fa una grinza, una catastrofe sanitaria quale quella che stiamo vivendo chiama per sé stessa tutti noi a fare fronte comune, mettendo temporaneamente da parte i pur rilevanti dissensi politici. Questo però richiederebbe conseguentemente che il governo fosse espressione di questa unità, cosa che palesemente non è l’attuale Conte bis, peraltro diviso finanche al suo interno come si è palesemente evidenziato con la fuoriuscita delle ministre e del sottosegretario di IV, che ha aperto ufficialmente la crisi.
Inevitabile che tutti gli attori del teatrino della politica, comprese le comparse, si stiano dannando in queste ore a pubblicare post ed a lanciare comunicati stampa per farci sapere come la pensano. Com’è logico che tali dichiarazioni siano grosso modo – per ora – tutte improntante a presidiare il proprio territorio. Non vale la pena di badarci troppo, siamo solo all’inizio della tarantella.
Vanno invece considerate con grande attenzione le prime vere novità. Innanzitutto Salvini e Giorgetti che fanno sapere che, qualora il Presidente Mattarella prendesse atto della crisi e desse l’incarico di formare un nuovo governo a Draghi, o a Cottarelli o a Cartabia, loro ci starebbero. Un governo di scopo, lo hanno definito, giustamente. Soprattutto nel senso che esso avrebbe lo scopo di evitare il voto entro giugno, concordare il nome del nuovo inquilino del Quirinale, e magari anticipare al 2022 lo scioglimento delle Camere.
Altra significativa novità sulla scena politica di queste ore è la lettera aperta di Beppe Grillo, che ha proposto “...un patto tra tutti i partiti, ’costruttori’ per il ‘bene comune dell’Italia’ […] Non può esistere in questo momento una distinzione tra maggioranza ed opposizione perché tutti i rappresentanti del popolo devono contribuire uniti a sostenere, in uno dei momenti più bui della sua storia, il Paese”.
Mica roba da poco, in fondo quello che ancora frena le forze politiche a fare un passo avanti in direzione di un governo di unità nazionale è la paura di lasciare al M5S il monopolio della rappresentanza dello scontento. Se ci sta anche Grillo, ci siamo quasi.
Incalzato poi dalla base del Movimento, l’Elevato ha subito precisato che ‘ovviamente’ il Capo del Governo dovrebbe essere ancora Giuseppe Conte. Quindi un Conte ter, non però espressione di una nuova alchimia di palazzo minoritaria, ma espressione della volontà di tutti di unirsi per fronteggiare l’emergenza.
A queste condizioni, diciamolo con chiarezza, sarebbe anche corretto che il Capo del Governo fosse ancora Conte, che intanto non è affatto lo sprovveduto principiante della politica che molti immaginano, e poi è pur sempre rappresentante dell’unico partito che nel ‘18 ha vinto le elezioni.