Domenica e lunedì scorsi per il rinnovo dell’amministrazione comunale si è votato tra le altre città anche a Cava de’ Tirreni, che con i suoi 54mila residenti è la seconda città della provincia di Salerno.
Il sindaco uscente, Vincenzo Servalli, è stato confermato al primo turno con 16.458 voti, il 51,5% del totale dei voti espressi, una cifra ragguardevole. Dal ‘93, anno di prima applicazione della legge sull’elezione diretta dei sindaci, solo una volta, un candidato era stato eletto al primo turno. Fu nel 2010, ma in quell’occasione in lizza ci furono solo tre candidati, di cui uno di bandiera; in pratica fu un ballottaggio al primo turno. Questa volta invece si sono confrontati sette candidati sindaci sostenuti nel loro insieme da diciotto liste. L’impresa di Servalli è stata davvero notevole.
In verità la vittoria al primo turno del sindaco uscente era nell’aria già a giugno, quando si cominciarono a configurare le candidature e le alleanze. Allora appariva addirittura scontata. Poi c’è stato un vero coup de théâtre. Ve lo racconto.
A fine luglio, a quattro settimane circa dalla scadenza per la presentazione delle liste, un frate francescano, già rettore per circa un ventennio della Chiesa di Sant’Antonio e San Francesco di Cava con annesso convento, poi trasferito dai suoi superiori nella vicina Nocera Superiore, ha annunciato la sua discesa in campo come candidato sindaco.
Si chiama Luigi Petrone, stravagante ed esuberante personaggio, amante del fracasso, provocatore, facile alle espressioni sboccate, ma anche generoso nella carità e fattivo nelle opere. Insofferente alle regole, sia a quelle della Chiesa che a quelle della Repubblica, nel primo decennio di questo secolo ha avuto modo di litigare e di fomentare il dissenso verso i due sindaci di quella stagione, il primo di destra, il secondo di centrosinistra. Poi ha vissuto una breve stagione di feeling col terzo sindaco di questo secolo. Infine ancora rottura col sindaco subentrante, il quarto di questo primo ventennio. Che poi è l’uscente, pronosticato vincitore a luglio e da lui sfidato nelle urne.
L’ex frate ha faticato inizialmente finanche a mettere su una sola lista in suo appoggio. Nell’euforia della prima ora ne aveva preannunciate quattro, ne ha rabberciato una, neanche riuscendo a completarne l’elenco. La Fratellanza, questo il nome della lista, ha candidato 23 aspiranti consiglieri, la legge ne consente 24.
Luigi Petrone è comunque molto popolare tra la gente, specie delle frazioni di Cava de’ Tirreni. Perciò, una volta presentata la sua candidatura a sindaco, gli osservatori cavesi avevano pronosticato il ballottaggio. Non però tra lui e il sindaco uscente, bensì tra quest’ultimo e l’avv. Marcello Murolo, candidato della destra e sostenuto da cinque liste. In pratica si congetturava che Petrone avrebbe tolto voti al sindaco, costringendolo al ballottaggio con Murolo. In fin dei conti l’ex frate era sostenuto da una sola lista, neanche completa, nessuno credeva che avrebbe potuto arrivare al ballottaggio in prima persona.
Viceversa Luigi Petrone ha sorpreso tutti con una campagna capillare sotto il profilo organizzativo e populista nei toni e nei contenuti, al punto che alla fine ha raccolto 6.215 voti, ottocento in più dell’avv. Murolo. Se ci fosse stato il ballottaggio sarebbe passato lui al secondo turno, non l’esponente di centrodestra.
Il bello è che, se si sommano i voti di preferenza dei suoi candidati, arrivano a circa duemila. Che poi sono di meno, se si tiene conto che ogni elettore può esprimere due voti di preferenza. La lista La FrateIlanza, col contrassegno solo sul simbolo, ne ha avuti 3.836, quindi una metà dei suoi elettori non ha espresso preferenze. Lui, come detto, ne ha avuti circa 2.500 più della lista. Insomma il consenso è stato tutto per lui.
Da dove gli sono derivati tanti voti? Semplice, ha cannibalizzato la destra, il M5S e gli altri antagonisti civici del sindaco uscente.
Abbozziamo una rudimentale analisi dei flussi. Nello stesso giorno si è votato per il Consiglio Regionale e per il Consiglio Comunale. Escludendo le liste civiche, presenti o solo nella competizione regionale o solo in quella comunale, FdI, FI, Lega, UDC, PD e PSI sono stati in competizione per entrambe le istituzioni. Il PD nello stesso giorno e nelle stesse urne al Comune ha conquistato duemila voti circa in più che alle regionali, il PSI circa duecento. Questo per i partiti della sinistra che appoggiavano Servalli.
Il M5S invece al Comune ha perso circa cinquecento rispetto alle regionali. La Lega duecentotrenta in meno. FI duecento in meno. Questi tre partiti nel passaggio dal voto regionale a quello comunale hanno lasciato circa mille voti. Hanno tenuto FdI e l’UdC che, grosso modo, hanno pareggiato i conti.
Si vede dunque bene che Petrone ha succhiato più di mille voti tra M5S, FI e Lega, poco e niente dai partiti di sinistra.
Ancora più chiaro se confrontiamo i voti sui candidati sindaci e quello delle liste. Murolo ha avuto 869 voti in meno della somma dei voti di lista, Petrone ne ha presi, come si è già annotato, duemilacinquecento circa in più della sua lista, Servalli grosso modo ha pareggiato i conti con la somma dei voti di lista. La tenuta di Servalli e il crollo di Murolo si spiegano qui.
La nota caratterizzante del voto cavese è stata dunque la perfomance dell’ex frate, un autentico ciclone, che per un verso ha prosciugato l’opposizione a Servalli, per un altro ha solo scalfito il consenso di quest’ultimo.
Alla fine il sindaco ha vinto al primo turno grazie a soli 460 voti in più rispetto al 49,99% che lo avrebbe costretto al ballottaggio. Sospetto che starà ancora ringraziando i … santi per avergli risparmiato il secondo turno col frate spogliato.