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Campo di battaglia

by Luca Rampazzo
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Ieri sera il Presidente del Consiglio ha trasformato una grigia conferenza stampa in un campo di battaglia. Non è una cosa comune, in un periodo di emergenza. Non è una cosa solita, per un presidente che chiede unità nazionale. E non è la cosa più indicata per un premier che deve affrontare una forte resistenza, a livello internazionale, alle proprie proposte.

Facciamo un minimo di antefatto. Nelle ventiquattr’ore che hanno preceduto la dichiarazione di guerra di Conte, i ministri dell’economia europei avrebbero elaborato un documento, un memorandum, relativo a fondi per 500 miliardi di euro. All’interno c’è una linea di credito collegata al MES, fino al 2% del Pil del paese richiedente, da concedersi senza condizioni, ma limitata all’ambito sanitario. Mancano invece gli Eurobond, mai nominati.

Il Governo, inizialmente, l’ha di fatto presentata come una vittoria. La parte più sovranista dell’opposizione, invece, l’ha definita un tradimento nazionale. E nemmeno i Grillini sono stati entusiasti della cosa.

Alle 20 prende la parola il premier. Illustra la giornata, estende le chiusure fino al 3 di maggio. Poi prende un respiro profondo e denuncia i due principali leader dell’opposizione come bugiardi. È un atto con pochi precedenti. Lo rendono unico il clima in cui viene fatto, l’occasione, il contesto. Lo rende unico l’intento: all’opposizione si chiede quasi di rinunciare al suo ruolo.

Conte accusa Salvini e Meloni, per nome, di mentire. Poco prima di dire che la Meloni nel 2012 era ministro del governo che ha ratificato il MES. Sbagliando clamorosamente l’anno, visto che si riferiva agli accordi che il Governo Berlusconi prese nel 2011. Mentre la ratifica, atto non certo meramente formale, si ebbe nel 2012. Senza il voto di Lega o Meloni.

Tutto questo avviene a reti, di fatto, unificate. Non sono belle immagini. Lo pensa anche Mentana, che si rammarica di averle mandate in onda. La sostanza può persino essere condivisibile, dire le bugie ci indebolisce come nazione. Ma lanciare un assalto frontale all’opposizione nel momento in cui la gran parte della popolazione è ai domiciliari, non può riunirsi e discutere, non può manifestare, e cerca di capire cosa sia successo e cosa stia succedendo, non sembra una risposta corretta. È un brutto fallo di reazione. La moral suasion di Mattarella potrebbe essere utile in questo frangente.

Perché, alla fine, il problema è questo: non è il momento dell’insulto contro insulto. Poi capiamoci, è vero che l’opposizione ha fatto un uso quanto meno incauto di parole pesantissime. E’ vero che così non aiuta i cittadini a capire e collaborare. Ma l’opposizione deve fare l’opposizione. Nell’interesse di tutti. E non le si può né le si deve chiedere di mantenere un profilo istituzionale da governo in carica. Altrimenti si faccia un governo di salute pubblica. Non ci si poteva limitare a smentire la bufala e correggere la menzogna con la verità? Evidentemente no.

E dopotutto, siamo a Pasqua, chiudiamo con una nota di ottimismo: vuol dire che, tutto sommato, siamo alla fine dell’epidemia. Vediamo fiumi di fango perché il ghiaccio si sta sciogliendo. Ed a breve spunteranno i bucaneve. Rivedremo le rondini nel cielo perché verremo liberati. E penseremo che, dopotutto, anche i fiumi di fango possono essere bellissimi.