Caivano. Luogo ormai tristemente emblematico della condizione di disagio che vivono i quartieri dormitorio, frutto di una scriteriata edilizia abitativa, in cui la camorra ha trovato piazze di spaccio comode e volutamente dimenticate dallo Stato. Fatti eclatanti di cronaca che la politica non può trascurare fanno sì che si organizzino massicce operazioni di pulizia territoriale, dove poi magari quanto trovato nei nascondigli dalle forze dell’ordine non è che una infima parte del traffico quotidiano di stupefacenti. Spenti i riflettori tutto tornerà come prima. Don Patriciello cerca di tenere accese le luci, fa sapere che le stese che in questi ultimi giorni tormentano gli abitanti del parco Verde non sono altro che una reazione a quanto di buono polizia e carabinieri stanno facendo in termini di repressione. Non penso che il parroco anticamorra possa veramente ritenere che il Governo risolverà con la forza e la repressione il problema. Il decreto Caivano con l’arresto in flagranza per spaccio di lieve entità e porto d’armi, daspo a 14 anni, carcere cautelare per reati con pene minori e per chi non manda i figli a scuola è la cura? Abbiamo sentito Salvini dire che i quattordicenni se compiono reati gravi devono essere puniti come dei cinquantenni. Chi ha vissuto o vive la dimensione della scuola attuale sa invece quanta fragilità e debolezza vi sia negli adolescenti, quanto bisogno di avere dei riferimenti affettivi e culturali che nessun ente di formazione, nessuna ideologia riesce più a proporre. A questa età i giovani non hanno la lucidità per comprendere le conseguenze delle loro azioni. Quante volte a scuola ci è capitato di rimproverare gesti inconsulti, apparentemente scriteriati, fatti solo per farsi guardare, per dimostrare la propria abilità o semplicemente per strappare una risata. Da qui a definirli delinquenti il passo è lungo. Ma se riportiamo questi comportamenti fuori dalla scuola, dove i gesti diventano criminali, che riflessione ne nasce? Che non c’è stato finora nessuno che ha rimproverato quei ragazzi, che ha fatto capire loro quanto di sbagliato e pericoloso per sé e per gli altri ci sia in certi comportamenti. Questo andrebbe fatto a monte. Se le famiglie con alto tasso di disoccupazione e con totale disprezzo e diffidenza verso l’istituzione scolastica che non garantisce più lavoro non manda i figli a scuola cosa possiamo aspettarci dai ragazzi. La stessa scuola non riesce ad essere accogliente. Parliamo di tempo pieno ancora troppo ridotto o del tutto inesistente, di mancanza di luoghi di aggregazione in cui ci si possa ritrovare che non siano la strada o le piazze di spaccio. Le immagini del degrado in cui è stata lasciata la piscina di Caivano teatro dello stupro delle due cuginette sono davvero sconvolgenti. Un luogo di incontro, di emulazione positiva attraverso lo sport, diventato una discarica. E’ stata definita la piscina dell’orrore eppure dice Don Patriciello che era il fiore all’occhiello del quartiere. Il Parco Verde, Caivano, Napoli, la Campania, il Sud Italia, insomma, lasciato in balia di se stesso.
I provvedimenti restrittivi rappresentano per il Governo misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, ma non bastano. Mi viene in mente la Legge Pica: Procedura per la repressione del brigantaggio e dei camorristi nelle Provincie infette, la questione meridionale rimase irrisolta anzi peggiorò ed aprì il triste scenario dell’emigrazione. Davvero ai giovani del Sud che vogliono salvarsi dobbiamo dire fujtevenne? Ma io credo e voglio credere ancora nella funzione salvifica della scuola e degli insegnanti. Il Parco Verde di Caivano nato negli anni ’80 con i fondi del dopo-terremoto come simbolo di rinascita e speranza per 300mila sfollati non può salvarsi da solo. Il pugno di ferro una volta esibito va poi nascosto in un guanto di velluto se non vogliamo che ancora una volta il dispiegamento di forze dell’ordine sia solo una triste e ripetuta passerella politica.