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Braccio di ferro tra Salvini e sindacati sullo sciopero generale di venerdì

by Pietro Spirito
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Non si era mai visto che un governo tentasse di bloccare uno sciopero generale mediante un atto amministrativo, giocando di sponda con una autorità indipendente. In attesa che la maggioranza proceda verso il combinato disposto di premierato e autonomia differenziata (un po’ come il diavolo e l’acquasanta), stiamo assistendo a prove generali di confusione istituzionale, sostenute dall’irrisione mediatica e dal tentativo di mettere la mordacchia alla legittima protesta sociale. Sarà interessante misurare gli effetti di questa perversa sperimentazione a valle della manifestazione sindacale di venerdì.

A mettere in campo il connubio dei contrari in salsa dirigista ed antisindacale ci sta provando il Ministro Matteo Salvini, non nuovo ad alzate di ingegno fuori dal diritto, come accadde nel noto caso dei porti chiusi; ancora una volta il percorso seguito per conquistare il focus mediatico avviene debordando anche dal ruolo istituzionale che gli spetta.

In questi casi, infatti, dovrebbe essere il Ministro del lavoro a guidare prima un tentativo di composizione della vertenza con i sindacati, e poi eventualmente mettere in campo altre azioni, quali il ricorso alla commissione di garanzia sull’esercizio del diritto di sciopero. Il Ministro del lavoro invece tace su tutta la linea, come all’epoca accadde al Ministro delle infrastrutture competente sui porti. Cerchiamo di riepilogare i fatti.

Cgil e Uil hanno proclamato, per venerdì 17 novembre, uno sciopero generale non solo nel settore dei trasporti, ma anche nel pubblico impiego, nella scuola e nelle poste. Il mediaticamente muscoloso Salvini, senza consultare nemmeno i suoi colleghi ministri responsabili degli altri comparti, ha subito attivato una canizza dai toni di scherno verso Maurizio Landini, segretario nazionale della CGIL: “Milioni di italiani non possono essere ostaggio dei capricci di Landini, che vuole organizzarsi l’ennesimo fine settimana lungo”.

Con toni da bocciofila della provincia lombarda in salsa di società digitale, il buon Matteo ha ingaggiato una polemica personale, forse non rendendosi conto che erano due organizzazioni sindacali nazionali ad aver lanciato una sfida di protesta contro la legge di stabilità del governo, ora in discussione in parlamento. La personalizzazione ormai pervade ogni ambito, persino quello delle relazioni sindacali, mentre invece dovrebbe in realtà riguardare i diritti dei lavoratori e le loro istanze che vengono rappresentate dalle organizzazioni sindacali.

A stretto giro è arrivata la risposta di Maurizio Landini: “Capisco il suo nervosismo, in campagna elettorale ha raccontato che avrebbe aumentato gli stipendi e cancellato la Fornero. E di tutto questo non c’è traccia. Forse Salvini, che non ha mai lavorato, pensa al suo weekend”.

La polvere da sparo mediatica aveva ormai posto la questione all’attenzione della pubblica opinione. Da questo punto di vista Salvini andrebbe considerato un agit-prop efficacemente al servizio delle organizzazioni sindacali: un lancio così fragoroso allo sciopero sarebbe costato altrimenti una campagna pubblicitaria molto costosa.

Il 13 novembre la Commissione di garanzia sul diritto allo sciopero ha convocato in audizione le Confederazioni sindacali Cgil e Uil, in merito alla proclamazione dello sciopero nazionale. A valle dell’audizione stessa, la Commissione di garanzia ha ritenuto di confermare il contenuto del provvedimento adottato in data 8 novembre scorso.

Lo sciopero, così come proclamato dalle Confederazioni sindacali (con esclusione di numerosi settori) non può essere considerato, secondo l’interpretazione della Commissione, quale sciopero generale, ai fini dell’applicazione della disciplina che consente delle deroghe alle normative di settore sui servizi pubblici (delibera n. 03/134).

Onestamente questa tesi pare davvero cervellotica: la proclamazione di sciopero riguarda il pubblico impiego, la scuola, le poste ed i trasporti. Si tratta di uno sciopero generale delle amministrazioni e dei servizi pubblici. Non è affatto chiaro come non possa essere adottata la definizione di sciopero generale del comparto pubblico e dei servizi collettivi.

Il Garante ha invece deciso che si tratta di uno sciopero intersettoriale, e non di uno sciopero generale. Una differenza non da poco. Lo sciopero generale infatti consente di estendere gli orari normalmente previsti per gli scioperi intersettoriali. In questo caso, ad esempio, per il settore dei trasporti e il servizio pubblico si prevedono 4 ore di sciopero per ogni inizio turno e non le 21 previste da Cgil e Uil).

La Commissione di garanzia ha dichiarato che, con la decisione assunta, non intende in alcun modo mettere in discussione l’esercizio del diritto di sciopero, ma continuare ad assicurare l’osservanza delle regole che ne garantiscono il contemperamento con i diritti costituzionali della persona. Per Maurizio Landini si è accucciata invece sulle gambe del governo, perdendo la sua caratteristica di terzietà che sta alla base delle tutele nell’esercizio dei diritti democratici.

Cgil e Uil, a valle della decisione della Commissione di garanzia, hanno confermato lo sciopero generale nazionale di 24 ore di venerdì 17 novembre. Ci saranno 8 ore o intero turno di sciopero per tutte le lavoratrici e i lavoratori delle Regioni del Centro. Nella stessa giornata, inoltre, le lavoratrici e i lavoratori delle categorie del trasporto, di tutto il pubblico impiego e della conoscenza sciopereranno sempre per 8 ore o intero turno, ma su tutto il territorio nazionale.

Il trasporto pubblico sarà a rischio. A Roma, la protesta interesserà la rete Atac e i bus periferici della Roma Tpl. Il servizio sarà comunque regolare fino alle 8.30 e dalle 17 alle 20. A Milano invece non ci saranno problemi, assicurano da Atm, per chi si sposta in città con metropolitane, tram e bus che circoleranno regolarmente. Questo per rispettare l’intervallo di dieci giorni che deve esserci tra uno sciopero e l’altro (l’ultima agitazione è stata venerdì 10 novembre).

Per 24 ore saranno a rischio anche i treni. Rete ferroviaria Italia fa sapere per quanto riguarda Trenitalia e Italo che dalle ore 0:01 alle ore 20:59 di venerdì 17 novembre è indetto uno sciopero nazionale. Coinvolti i treni Alta velocità, lunga percorrenza e regionali che possono subire cancellazioni o variazioni. Per Trenitalia sono garantiti i servizi essenziali previsti in caso di sciopero nei giorni feriali dalle ore 6:00 alle ore 9:00 e dalle ore 18:00 alle ore 21:00. L’agitazione sindacale può comportare modifiche al servizio anche prima dell’inizio e dopo la sua conclusione. A rischio anche chi viaggia con Trenord.

Il 17 novembre non sciopererà invece il trasporto aereo mentre l’astensione per il Corpo dei Vigili del Fuoco si concentrerà tra le 9:00 e le 13:00. E’ quanto comunicano Cgil e Uil alla Commissione di garanzia sugli scioperi. Le Confederazioni sindacali, si legge nella lettera, “preso atto della mancata comunicazione da parte di Enac dei voli e dei servizi minimi da garantire, in assenza della quale si configurerebbero rischi per i lavoratori scioperanti, dichiarano di esentare, dallo sciopero generale nazionale del 17 novembre 2023, l’intero comparto del Trasporto aereo, personale di volo, personale di terra (gestori, handlers, catering, servizi in appalto della vigilanza privata aeroportuale), personale Enav e di concentrare l’astensione per il Corpo dei Vigili del Fuoco nell’arco temporale 9:00-13:00”.

Oltre ai trasporti, l’astensione dal lavoro riguarderà il comparto intero del pubblico impiego, la scuola, l’università, la ricerca, il comparto dell’igiene ambientale (nettezza urbana). A incrociare le braccia medici, dirigenti del servizio sanitario nazionale, veterinari.

Il vicepremier non esclude l’ipotesi della precettazione: sarebbe interessante chiedergli se sarà lui a precettare, oltre di dipendenti del settore dei trasporti, anche i lavoratori della scuola, della sanità, delle poste, che non rientrano nella sfera della sua responsabilità istituzionale. Intanto le due sigle sindacali tirano dritto, nonostante la richiesta della Commissione di garanzia di rimodulare l’astensione del lavoro