Luigi Mosca – UO Comunicazione e Urp dell’Arpa Campania
Bonifiche, risanamento, rigenerazione: in qualsiasi modo lo si voglia declinare, il tema del recupero del valore ambientale di aree degradate è centrale per la Campania. Lo è in modo particolare per il suo capoluogo, dove “il mare non bagna Napoli”, e continua a non bagnarlo, nei due grandi siti di interesse nazionale da risanare, Napoli est e Bagnoli-Coroglio, ancora interdetti ai bagnanti in ragione del loro passato industriale.
Alla Mostra d’Oltremare, sabato 1° aprile, nell’ambito di EnergyMed, in una tavola rotonda promossa da RemTech Expo, un panel di istituzioni e tecnici si è confrontato sulla questione delle bonifiche in Campania: da due esponenti dell’amministrazione cittadina, Paolo Mancuso ed Edoardo Cosenza, al vicepresidente della Camera – ex ministro dell’Ambiente – Sergio Costa, dai commissari Giuseppe Vadalà (per la realizzazione degli interventi relativi alle discariche abusive), Maurizio Giugni (per la depurazione delle acque), Giovanni Legnini (commissario per emergenza Ischia) al direttore generale dell’Agenzia ambientale della Campania, Stefano Sorvino.
Napoli est – ha ricordato quest’ultimo – rappresenta, a livello nazionale, il più grande progetto di bonifica finora approvato dal ministero dell’Ambiente. In questa vicenda, l’Arpa Campania è impegnata con tutte le funzioni di supporto tecnico-scientifico e di controllo previste nell’ambito del complesso procedimento di bonifica: dalla fase di caratterizzazione ambientale a quella di bonifica, passando dalla valutazione dei rischi sanitari e ambientali.
Il prof. Cosenza, che com’è noto nella Giunta cittadina ha la delega alle Infrastrutture, ha ricordato l’apporto di Arpac nell’ambito dell’Accordo di programma a cui partecipano, tra gli altri, ministero dell’Ambiente, Regione Campania e Comune di Napoli. L’iter di risanamento degli arenili compresi nel perimetro del Sin è giunto all’analisi di rischio, a cui sta lavorando appunto l’Agenzia, dopo che per alcune sostanze (idrocarburi policiclici, metalli e metalloidi) è stato riscontrato il superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione fissate dalla normativa vigente. Sulla zona, come molti sanno, insistono storicamente attività di raffinazione e deposito di prodotti petroliferi, alcune delle quali ancora attive.
L’analisi di rischio serve appunto a chiarire se i valori riscontrati possano rappresentare un rischio per la salute della popolazione, nel momento in cui si deciderà – come è nelle intenzioni del Comune – di riaprire le spiagge alla fruizione dei cittadini. Eventualmente, sulla base dei risultati, si suggeriranno interventi di risanamento, da realizzare ovviamente prima della riapertura delle spiagge.
Ma i due Siti di interesse nazionale non sono chiaramente le uniche aree da risanare in Campania. Il direttore generale Arpac ha parlato di «diffuse criticità», che però restituiscono anche l’immagine di un «territorio operoso», dove le indagini ambientali e i procedimenti in corso sono un grande cantiere aperto, unico nel suo genere. Le indagini nella cosiddetta “Terra dei fuochi”, ad esempio, rappresentano un modello che – ad esempio per l’inserimento dei terreni in diverse classi di rischio – ha avuto ampia eco anche al di fuori dei confini regionali, fornendo anche ispirazione al regolamento nazionale per la caratterizzazione e la bonifica delle aree agricole, emanato nel 2019.
Non bisogna dimenticare in fin dei conti che, sia dal punto di vista tecnico-scientifico, che dal punto di vista amministrativo (si pensi al tema delle competenze) le bonifiche sono una sfida complessa – se non complicata – ma non per questo meno appassionante.