Lo scorso 26 ottobre, all’università di Salerno, si è tenuta la II edizione del convegno dal titolo: “Risanamento dei siti inquinati in Regione Campania”, con espresso, inevitabile, richiamo alla problematica della Terra dei Fuochi.
Una normativa tecnica carente sotto il profilo della caratterizzazione ambientale dei terreni agricoli, la grande estensione delle aree interessate e le insufficienti risorse economiche disponibili rappresentano ostacoli, non ancora superati, alla bonifica o alla messa in sicurezza dei siti.
Questo il quadro descritto nel manifesto del convegno e che ha trovato conferma negli interventi dei relatori, ricalcando la situazione già descritta in occasione della I edizione dell’anno scorso.
L’iniziativa, organizzata dal gruppo di Ingegneria Sanitaria Ambientale dell’università di Salerno nell’ambito del progetto RiCeRCa, sviluppato dal C.U.G.R.I. con il coordinamento scientifico del prof. Vincenzo Belgiorno, tra l’altro consulente della Regione e direttore generale dell’Ente Idrico Campano, è stato, come nelle intenzioni, un significativo momento di condivisione.
Ai numerosi saluti introduttivi sono seguiti gli interventi, moderati dal prof. Francesco Pirozzi della Federico II, che hanno tratteggiato, forse aldilà delle intenzioni, uno scenario francamente desolante.
Eppure, la dottoressa Marinella Vito, direttore tecnico dell’ARPAC, ci aveva fatto ben sperare illustrando l’importante lavoro di definizione del modello scientifico di riferimento, di indagine, di campionamento, di analisi (dei suoli, delle acque sotterranee e dei vegetali), di valutazione e classificazione dei risultati e di valutazione comparata del rischio delle discariche della Terra dei Fuochi svolto dall’Agenzia. Una relazione chiara, completa e rigorosa, tanto che ne abbiamo pubblicato le slides sul nostro giornale e vi invitiamo a consultarle.
Poi, gli interventi di Angelo Ferraro e Almerina Bove, entrambi dirigenti regionali, rispettivamente sulla evoluzione delle attività di bonifica e sugli strumenti amministrativi per la relativa attuazione, hanno chiarito che, detta in parole povere, siamo a pane di grano. Abbiamo apprezzato la lezione sul principio di sussidiarietà e addirittura i richiami al diritto canonico, ma per il resto siamo rimasti sommersi da un profluvio di verbi declinati al futuro e al condizionale.
Francesco Buonocore, responsabile della struttura regionale di missione che si occupa dello smaltimento delle famose ecoballe, ha tracciato esemplarmente l’attuale stato dell’arte: ritardi, problemi, quantità effettivamente smaltite assai modeste, impianti ancora sulla carta, nessuna certezza dei tempi e soprattutto del mercato. Nel senso che, una volta realizzati gli impianti per il trattamento delle ecoballe (quando?), il relativo prodotto dovrà essere a sua volta smaltito. Chi lo farà e a che prezzo?
Quindi, è stata la volta delle Procure. Maria Antonietta Troncone, Capo della procura di Santa Maria Capua Vetere, attenta non solo alla repressione dei reati ma anche alla risoluzione dei problemi ambientali (bonifiche, roghi, depurazione), ha voluto sottolineare la proficua collaborazione con l’ARPAC in sede tecnica e ha invitato chi di dovere a fornire all’Agenzia le risorse finanziarie e professionali delle quali questa ha assoluto bisogno. Luigi Alberto Cannavale, della procura di Salerno, ha rimarcato l’inadeguatezza complessiva dell’azione amministrativa. La funzione quasi tutoria (inevitabile?) da parte della magistratura inquirente nei confronti della pubblica amministrazione è apparsa netta sullo sfondo di entrambi i discorsi.
Tanto che l’assessore Bonavitacola, nello svolgere le considerazioni conclusive, ha notato come avesse avuto l’impressione di ascoltare dei Sindaci piuttosto che dei magistrati. Un intervento politico il suo che, seppure di ampio respiro, non ha aggiunto elementi di rassicurazione prospettica.
di Redazione