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Biodiversità e comunità locale, la Cipolla di Vatolla

by Piera De Prosperis
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Storie di donne, di piccole donne, di piccole donne che crescono. E non in una città della Nuova Inghilterra a metà dell’Ottocento, come sa chi ha letto il libro della Alcott, ma a Vatolla, Perdifumo, Cilento, Salerno. Stiamo parlando di un’associazione formata da donne, giovani e meno giovani che si è riproposta il recupero della coltivazione della cipolla di Vatolla. L’intento è quello di ripescare la tradizione e proteggere la biodiversità per favorire l’economia del territorio e tenere viva la comunità locale. Cercare di fermare l’emorragia di giovani che vanno a vivere e lavorare altrove, questa la motivazione che ha spinto madri, nonne, sorelle a ripercorrere il loro passato contadino, cercando in esso le ragioni non solo dello spopolamento ma anche del possibile recupero. Parlare di Vatolla è parlare di Vico che per nove anni vi soggiornò come precettore dei figli del marchese Rocca. Oggi il castello De Vargas Machucca, recuperato alla fruizione, è sede di seminari e convegni, oltre che essere aperto alle visite del pubblico. Ma oltre Vico c’è la cipolla, ci perdonerà il filosofo.

Torniamo, quindi, alle nostre donne di Vatolla: far entrare il piccolo borgo in una fruizione turistica non basta se non si recuperano anche le radici di esso. In particolare far conoscere quelle coltivazioni che da generazioni hanno fatto sudare i contadini e che oggi vengono lette in chiave di biodiversità e di dieta mediterranea. La cipolla di Vatolla, valorizzarla, riconoscerla come elemento fondamentale della tavola, diffondendo i riti e i momenti di aggregazione ad essa collegati, specie quando sono tenuti insieme dal focolare domestico, dal lavoro delle donne.

L’associazione Cipolla di Vatolla, un’associazione di volontariato, di natura privatistica, senza fini di lucro, di pubblica utilità sociale, ha celebrato il 25 luglio con un’iniziativa dal nome Intrecci questa sua crescita nelle coscienze degli abitanti di Vatolla ma soprattutto nel territorio campano e oltre. La presidente, Angela Marzucca, dice: «Qui avevamo una cipolla giunta attorno all’anno Mille attraverso dei monaci basiliani, dolce, che a tagliarla non fa lacrimare gli occhi, legata ad una ritualità un po’ pagana e un po’ cristiana e con una sua vita tutta particolare». La trasmissione dei saperi rurali e delle sementi di generazione in generazione si era tuttavia da qualche decennio interrotta, e a coltivare la tipica Cipolla di Vatolla erano rimasti soltanto due anziani contadini. «Siamo arrivati appena in tempo per non perdere un tassello importante della nostra biodiversità, vegetale e culturale. Assieme al CREA di Pontecagnano abbiamo recuperato e selezionato i semi, e nel 2014 l’Università di Salerno si è interessata alla nostra cipolla, conducendo uno studio sulle sue proprietà organolettiche. Da allora, attorno alla Cipolla di Vatolla e all’idea di recupero della biodiversità è partito un vero e proprio progetto di sviluppo locale, che ha permeato la vita del nostro paese».

Chi da turista, incuriosito dal passaparola di Internet, si è trovato coinvolto in questa manifestazione, cosa ha visto? Donne che spiegavano le qualità organolettiche del prodotto, che insegnavano non solo a raccogliere le cipolle ma soprattutto a intrecciarle per tenerle unite, che proponevano piatti poveri tipici della tradizione, che cantavano le loro canzoni che sapevano di giochi e di amori, che ballavano la tarantella e la pizzica. Il tutto in un’atmosfera di piacevole comunità, in cui anche i turisti, stando al gioco, si intrecciavano con la gente del posto.

Durante la serata è stato presentato anche #INTRECCI, il documentario di Gabriella Rinaldi con protagoniste non solo le Donne della Associazione Cipolla di Vatolla, ma anche il cuoco Antonio Tubelli, e l’autrice teatrale Anna Mazza. Ricette della tradizione rivisitate in chiave moderna, più appetibili per un pubblico smaliziato in cucina. A conclusione del documentario la performance di Anna Mazza: La capa è una sfoglia di cipolla ci ha brillantemente ricordato che La mente dell’uomo è fragile e sottile come la sfoglia di una cipolla, basta un piccolo episodio a farci cambiare umore o decisione. (Detti e proverbi). Voglio, però, ricordare anche un altro proverbio, calabrese “Pani e cipuja è mangiari da ‘gnura”, pane e cipolla è mangiare da signora, dignità e povertà intrecciati insieme