Ho scelto il silenzio delle prime ore. Il momento in cui la notizia della morte di una persona – di qualunque persona – non può non turbare l’animo e suscitare commozione. E’ un riflesso umano inevitabile, e vale per chiunque – amici e avversari – un riflesso che origina nella nostra stessa fragilità di esseri mortali. La fine della vita altrui chiama in causa per forza anche solo un attimo di meditazione sulla caducità della nostra stessa esistenza. Chi non provasse un sentimento così dovrebbe interrogarsi ancor più su se stesso, sulla autenticità del proprio modo di stare al mondo. Su quella specie di corazza infelice in cui si incatena che non lo protegge certo alfine dal grande e inaccettabile mistero della finitudine umana.
E’ questo, in primo luogo, il motivo del turbamento in presenza della morte di qualcuno.
Ancor più se questo qualcuno è figura di tanta suggestione e impatto popolare o che abbia segnato un trentennio della vita pubblica. E’ prima ancora la gente semplice, che la mattina esce di casa e va a lavoro, che prende i mezzi pubblici, che vive la propria vita quotidiana, che – piaccia o no – quasi istintivamente prova questo tipo di sentimento. Non comprenderlo è già un segno di una distanza da pezzi di società profonda che dovrebbe inquietare chi si ritiene portatore di una qualche visione della realtà e del mondo.
La commozione è un sentimento che si attiva non solo in modo razionale, determinata da un fatto, ma è più intensa quanto più è individuabile la storia, le storie, il loro prendere forma e volti. Per questo ondate di cordoglio possono crescere per un noto attore o leader politico, più che per figure meno conosciute o addirittura per tragedie lontane o senza volto.
QUALCHE CONSIDERAZIONE
Comunque, passate queste prime ore, azzardare qualche altra considerazione non mi sembra fuori luogo. Provando ad evitare di ripetere cose già fin troppo dette e scritte. Non facile, nella fattispecie. Rete e media in due giorni hanno riversato una tale quantità di parole e opinioni da lasciare ben poco margine per qualche riflessione meno consueta. Parole a volte consumate prima ancora di essere lette per intere.
La stessa contesa sulle forme pubbliche del commiato, certo legittima, tra qualche ora sarà solo l’eco passata di una sterile contrapposizione che nessuna fortuna ha portato a chi per anni l’ha agitata più o meno in questo modo.
Mi sono chiesto come si sarebbero regolate le attuali opposizioni se in questo momento si fossero trovate al governo. Immagino l’imbarazzo, dato che, cosa più cosa meno, avrebbero dovuto in sostanza fare quasi lo stesso.
IL CAMPO DEI GIUDIZI POLITICI
Tutto questo esula però dal giudizio politico. Quello è giusto, anzi obbligatorio, resti quello che ognuno ha avuto nel corso di questi anni.
E il giudizio politico varia a seconda dei differenti punti di vista.
Chi ha fatto al personaggio una critica molto personalizzata continua legittimamente a farlo. Magari con qualche cattivo gusto di troppo. Chi con lui ha invece concordato e perfino sognato è piuttosto normale – ed egualmente legittimo – che tenga ferma questa posizione. Magari con qualche esagerazione. Poi ci sono posizioni più intermedie, mediane, che a torto o a ragione, con più o meno intelligenza argomentano una certa propria equidistanza.
Infine esiste – perché’ esiste eh, anche se oggi del tutto schiacciata e laterale – la visione di chi, come il sottoscritto e credo la gran parte di chi è stato protagonista di una certa determinata esperienza, ha avversato quella proposta politica, più che quella specifica persona, nei suoi aspetti economico sociali essenziali e anche sul modello di convivenza civile propugnato. Avversione radicale, radicalissima, senza però mai indulgere a troppe personalizzazioni.
Questa linea, più politica, dentro lo schieramento articolato che avversava il cavaliere, alla fine ha perso. A prevalere è stato l’approccio solo in apparenza più combattivo, quello che ha personalizzato, indicando nella figura individuale – più che nelle sue politiche – la fonte di tutti i mali.
Solo in apparenza perché’ in realtà questo approccio – al netto dei tanti onesti cittadini che in buona fede vi hanno negli anni aderito – non ha mai avuto veramente l’obiettivo di sconfiggere certe politiche. Semmai una concorrenza sullo stesso terreno. Si pensi alla contesa all’ultimo sangue tra gruppi economico – finanziari tra loro in competizione. Gruppo De Benedetti contro Fininvest e dintorni, ruolo del gruppo Fiat, e poi sovversivismo dall’alto del gruppo Cairo, con TV e carta stampata.
Sono questi i soggetti che hanno guidato la opposizione all’ultimo sangue contro il mondo del cavaliere. E a loro la parte preponderante di ciò che fu sinistra – non solo nei suoi vertici ma anche purtroppo in tanta parte del popolo diffuso – ha ceduto la leadership nella illusione di vincere così la partita. Come sono andate le cose è ormai fin troppo chiaro.
Questa modalità, tutta interna ai grandi poteri economici – peraltro piuttosto interessati a ridimensionare ogni peso dell’indirizzo della politica per lasciare sul campo sovrana la sola economia – la partita con l’altra parte del capitalismo l’ha perduta. Tanto è vero che, cavaliere o meno, quel suo universo è oggi comunque al governo del Paese. E non scherza nemmeno nel resto dell’Europa.
MISERIA E VILTA’ DELLA SINISTRA
Peccato però che aver ceduto la prima fila a quel tipo di opposizione, unitamente ovviamente a fattori più strutturali, ha devastato anche quel poco di sinistra in campo. Vedo che qualcuno ancora tenta di rilanciare quello stesso modello. Ma è cosa vana, ormai ultimi strilli di chi con l’avversione al cavaliere ci è vissuto e ora teme che, col cavaliere, sia giunta al capolinea anche la propria stessa strategia. E così è. Ormai su quel piano la partita è chiusa. Come forse ci dice il Cairo che fa capolino in prima persona dai suoi organi di comunicazione. Dopo aver per anni lasciato briglia sciolta ai populismi e ai giustizialismi più forsennati.
Se ne dovrebbero convincere finalmente anche a sinistra. E riprendere al contrario dai fondamentali. Dai rapporti di classe, dalla condizione dei nuovi operai oggi sociali e trans nazionali, dalla società profonda, dai suoi conflitti e dalle sue contraddizioni. Altro che sperare di farsi notare polemizzando sulle forme del commiato o magari perché non ci si presenta al funerale.
Se questa è la sinistra, campa cavallo…