Se l’esibizione di Edoardo Bennato a Sanremo ci ha lasciato perplessi sia perché troppo sbrigativa in confronto ad altri grandi ospiti, sia perché ha sollevato dubbi sulla qualità dell’audio e sulle condizioni della sua voce, ieri sera ci siamo riscattati. È andato in onda su Raiuno in prima serata il documentario “Sono Solo Canzonette”, un viaggio attraverso la vita e la carriera di Bennato e, inevitabilmente, di suo fratello Eugenio. Il racconto visivo non è stato solo una celebrazione della sua musica, ma un’immersione nell’anima di un artista che ha segnato profondamente la scena musicale italiana.
Chi lo ha sempre amato lo sapeva, ma dallo speciale è emersa una storia pazzesca: un genio, un alieno, un maestro, uno davvero fuori dal coro che ha dominato gli anni ‘70 e ’80. Un artista ribelle, iconico e visionario, una pietra miliare dell’anticonformismo musicale e ideologico, è stato il primo a portare il rock e il blues nel cantautorato italiano.
Nel racconto si sono intrecciate le voci di artisti, giornalisti e amici che hanno riconoscono il valore del suo talento come Jovanotti, Paolo Conte, il fratello Eugenio, Carlo Conti, Mogol, Ligabue, Marco Giallini, Max Pezzali, Neri Marcorè, Leonardo Pieraccioni, Clementino, Dori Ghezzi, Alex Britti, Leo Gassmann; e poi gli interventi di Carlo Massarini, Giancarlo Leone, Paolo Giordano e Stefano Mannucci. Testimonianze che hanno contribuito non solo a ricostruire la storia dell’artista ma anche il quadro culturale dei decenni che si sono susseguiti, attraverso i suoi testi così graffianti, canzonatori, ironici e beffeggianti e la sua musica così rivoluzionaria, attuale sotto qualsiasi punto di vista e interpretazione.
Da Napoli al mondo, è andata in scena la sua storia unica: dai primi passi nella musica da piccolissimo con il “Trio” insieme ai fratelli Giorgio ed Eugenio, grazie alla madre Adele che gli aveva fatto studiare e appassionare alla musica; al soggiorno a Londra, dove iniziò a esibirsi come one-man-band, suonando contemporaneamente, chitarra, kazoo (in Italia solo lui e Paolo Conte lo suonano) e batteria a pedali.
In Sono Solo Canzonette abbiamo conosciuto la storia di un ragazzo che ha dovuto combattere contro tutto e tutti per affermare la propria musica, senza arrendersi e senza cedere a compromessi. Ha testardamente inseguito il suo sogno con la chitarra in mano senza piegarsi a nessuna logica, se non la sua.
E alla fine ce l’ha fatta! Dopo 10 anni di dinieghi da parte di tutte le case discografiche che non apprezzavano il suo stile insolito e la voce apparentemente sgraziata, è diventato il numero uno del rock italiano, trascinando con sé ‘gli amici di quartiere’, quei ragazzini napoletani che abitavano nel suo stesso palazzo di Bagnoli e che sono rimasti con lui sempre, fino ad oggi. Ognuno di loro ha ricoperto e ricopre ancora un ruolo fondamentale nella carriera di Edoardo, professionisti e amici, che hanno scoperto un mestiere al suo fianco.
“Non farti cadere le braccia” è il suo primo album: è il 1974 e Bennato inizia a girare l’Italia con il suo primo tour di concerti, sullo sfondo le battaglie che gli “anni di piombo” si portano dietro. Da lì parte una carriera straordinaria che lo porta a pubblicare album rivoluzionari, tra cui “I buoni e i cattivi”, “La torre di Babele”, “Burattino senza fili” e “Sono solo canzonette”. Da lì in poi riempirà, primo in Italia, gli stadi con concerti indimenticabili.
Insomma, la Rai ha dedicato finalmente un bel documentario (al netto di qualche spericolatezza fatta con l’intelligenza artificiale di cui avremmo fatto a meno) ritrovando veri capolavori: Un giorno credi, Non farti cadere le braccia, Una settimana un giorno, Dotti medici e sapienti, Il gatto e la volpe, fra le tante. In controluce c’era la Napoli del sogno, delle favole. Non i quartieri spagnoli, ma l’Italsider; non i mandolini, ma la chitarra e il kazoo; non la provincia ma il respiro internazionale. Un omaggio bello, contemporaneo, senza retorica, senza tempo.