Stanotte le truppe russe hanno attaccato la più grande centrale nucleare europea, quella di Zaporizhzhia, in Ucraina.
È scoppiato un vasto incendio che ha fatto temere il peggio ma, secondo le informazioni fornite successivamente dalle autorità ucraine, non sono stati colpiti organi vitali della centrale che è stata poi messa in sicurezza.
Ancora una volta, questa guerra – invece di ridurre il grado di tensione – procede verso successive escalation per scelta di Vladimir Putin. L’attacco alla centrale nucleare, che non è stato ancora portato fortunatamente sino alle estreme conseguenze, assume un valore altamente simbolico per l’Ucraina e per l’intera Europa.
Nell’immaginario collettivo recente il territorio ucraino è legato al terribile incidente di Chernobyl, che mise in evidenza due questioni di primario rilievo: da un lato la tecnologia dell’industria nucleare non assicurava una sicurezza totale, mentre dall’altro il regime sovietico non si era dimostrato in grado di governare quella tragica emergenza, anticipando in qualche modo anche il suo prossimo collasso.
Con l’attacco militare alla centrale di Zaporizhzhia Putin lancia un nuovo chiaro e terribile segnale all’Ucraina e all’Occidente: non serve sganciare la bomba nucleare per determinare un olocausto nucleare. I responsabili di questa centrale hanno affermato che, in caso di danni irreversibili all’impianto, le conseguenze sarebbero dieci volte più gravi rispetto a quanto è accaduto con l’incidente di Cernobyl.
Basta dunque attaccare un impianto di produzione nucleare civile per determinare una devastazione orribile, non solo in territorio ucraino ma anche su scala molto più estesa.
Putin non si ferma e rilancia continuamente. Dal punto di vista militare pare ormai che il suo minimo obiettivo sia la conquista del territorio dell’intera Ucraina, mentre sul piano delle relazioni internazionali sembra alla ricerca di determinare un incidente capace di allargare il conflitto.
Vladimir Putin sembra uno spregiudicato giocatore di bigliardo, che cerca di lavorare di sponda per spiazzare gli antagonisti. Se fossimo in un film, potremmo titolarlo “La stangata”: purtroppo siamo nella vita reale e non c’è proprio nulla da ridere.