Gente e Territorio, nella sua esplorazione del Dipartimento provinciale Arpac di Napoli, oggi parla della Unità Operativa rifiuti (RIFI) dell’Area territoriale. Siamo con il dottore Dario Mirella, Direttore del Dipartimento, e con l’architetto Domenico Romeo, dirigente l’Unità Operativa RIFI.
Mirella. L’Unità Operativa rifiuti si occupa sia della parte autorizzativa degli impianti che operano sui rifiuti, sia delle verifiche del loro corretto funzionamento e gestione. Data la densità abitativa molto elevata della provincia di Napoli, il problema della corretta gestione dei rifiuti è particolarmente importante.
Come si articola il ciclo dei rifiuti?
Romeo. Dalla realizzazione del prodotto, che vede oggi il tentativo di applicare il concetto della prevenzione del rifiuto, ovvero di costruire un prodotto in maniera tale che cessata la sua funzione originaria possa essere poi riutilizzato facilmente, si passa alle ulteriori fasi del ciclo: la raccolta, il trattamento, il riciclaggio, il recupero e, dove questo non è possibile, lo smaltimento.
E come vengono rilasciate le relative autorizzazioni?
Romeo. La normativa individua quattro tipi di autorizzazioni. C’è l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per le aziende che hanno un impatto ambientale potenzialmente importante. Viene rilasciata dal Ministero dell’Ambiente che si avvale dell’Ispra, l’Istituto Superiore per la ricerca e la protezione ambientale, a livello nazionale, che a sua volta spesso si avvale delle Agenzie regionali. Poi ci sono le AIA rilasciate dalle Regioni, che ovviamente si avvalgono delle Arpa, che possono riguardare le aziende manifatturiere di qualsiasi tipo. Inoltre, ci sono le autorizzazioni specifiche per il trattamento dei rifiuti, la cui competenza è attribuita alle Regioni ai sensi dell’art. 208 del TUA. Anche in questo caso vi è il supporto delle Arpa. Infine, c’è l’Autorizzazione Unica Ambientale rilasciata alle piccole aziende dai Comuni, con il parere sul piano ambientale delle Province di riferimento. Negli ultimi tempi, in Campania, sempre più aziende, per adeguarsi alla nuova normativa, chiedono di passare dall’AUA all’Autorizzazione Regionale art. 208. La Regione Campania avvia i procedimenti autorizzativi raccogliendo il parere di tutti gli Enti interessati. Per la valutazione dei progetti presentati, come per i controlli successivi, si affida all’Arpac per gli aspetti ambientali. Si tratta di un sistema complesso, che coinvolge l’Ufficio in maniera massiccia. Solo negli ultimi tre mesi ci siamo occupati della valutazione di ben 15 aziende.
Ma in concreto come operate?
Romeo. Noi valutiamo la documentazione tecnico-amministrativa che l’azienda produce, in ottemperanza alle linee guida del Servizio nazionale per la protezione ambientale. Stiamo cercando di impostare il nostro lavoro fornendo sin da subito alle aziende indicazioni sugli aspetti importanti del ciclo lavorativo da rispettare, in maniera tale da semplificare le attività di controllo e favorire durante le fasi lavorative comportamenti virtuosi da parte degli operatori. Quindici aziende valutate in tre mesi costituiscono un numero importante, anche perché parliamo di un’Unità Operativa che si compone soltanto di sei addetti, oltre me: 4 funzionari, un assistente e un operatore, impegnati a svolgere anche le molte altre funzioni d’ufficio. Ogni valutazione richiede almeno tre-quattro giorni lavorativi, in funzione della complessità della ditta.
Una volta emessa l’autorizzazione cosa fate?
Romeo. Eseguiamo le attività di controllo in base alle indicazioni della Regione. Più precisamente, l’Arpac propone e la Regione approva il numero di ditte da controllare. Nel 2023, per esempio, è stato previsto un controllo su circa 30 aziende potenzialmente impattanti secondo gli standard nazionali.
Con questi numeri, rispetto al numero di aziende operanti sul territorio, riuscite a controllare la situazione?
Romeo. Di recente c’è stato un interessante confronto su questo argomento. Tre Regioni, tra le quali la Campania, hanno cercato di capire se l’impegno delle singole Arpa fosse sufficiente o meno. Dal confronto è emerso che fatto 100 il numero di autorizzazioni rilasciate dalla singola Regione, il 20/30% delle aziende, mediamente, sono autorizzate con AIA. In questi casi le ditte hanno la certezza di essere controllate durante la loro vita produttiva, anche più di una volta. Il restante 70/80% è costituito da piccole, piccolissime e medie aziende, più difficilmente soggette a controllo. Prese singolarmente possono avere un impatto poco significativo, ma nell’insieme possono rappresentare un problema.
E’ solo un problema di mancanza di personale o anche di impostazione normativa?
Romeo. La problematica è complessa: c’è un problema di impostazione normativa, un problema di numeri, un problema di crescita produttiva che va salvaguardata. La quantità di soggetti da controllare sarà sempre spropositata rispetto al personale addetto.
E allora cosa si può fare?
Sicuramente, come l’Arpac sta facendo da qualche anno, si può diffondere una nuova cultura dell’ambiente, che sappia coniugare il termine rispetto con quello dello sviluppo. L’ambiente deve essere visto come una risorsa di cui tutti devono prendersi cura.
Criticità?
Mirella. Le aziende ben condotte in genere presentano criticità sostanzialmente banali. Relativamente, per esempio, ai quantitativi di rifiuti trattati superiori a quelli autorizzati. Oppure alla gestione dei capannoni dove vengono abbancati i rifiuti, la non corretta chiusura dei capannoni tra uno scarico e un altro, sistemi di aspirazione o di filtraggio non perfettamente a punto. Stiamo parlando di situazioni che attengono più che altro alla non applicazione di buone pratiche lavorative. Chiaramente ci sono anche casi di gestione di rifiuti diversi da quelli autorizzati, ma in questo caso si tratta di reati ambientali e il discorso è diverso.
Ma tutto questo non esaurisce il lavoro dell’Unità Operativa rifiuti.
Romeo. L’altro grande aspetto, che riguarda un po’ tutte le Unità dell’Area territoriale ma in particolare la nostra, è quello del supporto all’Autorità Giudiziaria. Esiste purtroppo ancora oggi un’attività illecita di abbandono dei rifiuti un po’ in tutta la provincia, che ci costringe ad almeno cinque interventi di supporto a settimana. Ultimamente in particolare nell’area vesuviana, ma in linea generale un po’ ovunque. Un carico di lavoro pari al 40/50% del carico complessivo del lavoro dell’Ufficio, che si traduce mediamente in circa 400 interventi all’anno.
Mirella. L’Unità rifiuti ha poi partecipato, anche nella fase emergenziale, al gruppo di lavoro per la frana di Casamicciola. In particolare, è stata massicciamente impiegata soprattutto nella prima fase della frana, perché tutto il materiale di frana in prima battuta viene classificato come rifiuto e quindi la relativa gestione ha richiesto l’intervento dei nostri tecnici sia per la caratterizzazione sia a supporto del Commissario per lo spostamento in altri posti dell’isola. La frana aveva infatti interrotto la litoranea e quindi si è dovuto spostare il materiale in altre aree. I nostri tecnici hanno identificato le zone di destinazione, le modalità di abbancamento dei materiali e di gestione e anche il trasferimento a terra dei materiali in impianti che potessero gestirli.
Romeo. Proprio di recente si è conclusa una conferenza dei servizi che ha valutato quattro progetti presentati dalla struttura tecnica del Commissario per la rifunzionalizzazione degli alvei stravolti dalla frana. Anche in questo caso abbiamo dato il nostro contributo cercando di favorire la realizzazione degli interventi di riqualificazione proposti nel rispetto della salvaguardia ambientale.