“Occhi onesti, mente libera e un po’ di pazienza”. Non le trovate parole bellissime, addirittura poetiche? Le ha pronunciate Domenico Arcuri, Commissario all’emergenza, durante la sua conferenza stampa di ieri sulla pandemia. Sono questi i tre requisiti che bisogna possedere per capire come stanno andando le cose. Anzi, per capire il suo racconto di come stanno andando le cose. Fa differenza.
Chissà come mai mi è venuta in mente “M’illumino d’immenso” di Ungaretti. Forse perché è stata scritta al fronte durante la guerra e noi siamo oggi in qualche modo al fronte. O forse perché necessita di articolate mappe concettuali per coglierne i diversi significati. O magari perché mi è sembrato che Arcuri si sentisse lui stesso illuminato (d’immenso?) mentre ci spiegava le chiavi etico-conoscitive per decodificare l’arcano nel quale ci dibattiamo.
“Occhi onesti”: nel doppio significato di funzionanti, non miopi, e moralmente disponibili a vedere la verità. “Mente libera”: da preconcetti o interessi e quindi pronta a recepire il messaggio diffuso. “Un po’ di pazienza”: se le cose non vanno come avremmo voluto, perché prima o poi ci troveremo contenti. Se dunque abbiamo dei dubbi sulla narrazione governativa dell’emergenza, se la nostra pazienza si è esaurita perché abbiamo perso dei cari o il lavoro, dipende da noi che non possediamo i suddetti requisiti. Ossia che siamo stupidi o in malafede. Perché “loro” conoscono la verità e ce la stanno dicendo.
Ma chi siamo “noi” e chi sono “loro”?
Arcuri parlava alla stampa. Sarebbe dunque l’informazione, o parte di essa, a non dimostrare onestà, libertà e pazienza alimentando così lo scontento popolare. E noi che invece eravamo convinti che la libertà di stampa consistesse proprio nel non essere allineati, nel porre domande scomode, nel dubitare delle informazioni provenienti dai palazzi, nel verificare sul campo se gli ospedali funzionano e gli aiuti arrivano. Allo scopo di consentire ai cittadini di farsi una propria opinione.
Se le parole che stiamo commentando fossero venute dalla politica non ci avremmo fatto molto caso. La politica cerca doverosamente il consenso e fa naturalmente propaganda. Ma se, come in questo caso, a pronunciarle è un gran commis di Stato che non abbiamo scelto noi e che non è sottoposto al nostro giudizio elettorale, la cosa cambia. Un funzionario pubblico a qualsiasi livello, anche se più potente di un ministro come nel caso di Arcuri, ha degli obblighi comportamentali e comunicativi diversi. Non può salire in cattedra a spiegarci la differenza tra il bene e il male. Deve limitarsi a fornire i dati nella maniera più esaustiva e comprensibile possibile, descrivere come sta concretamente operando e sottoporsi alle eventuali critiche. Non può dire che le cose stanno come dice lui e se non gli crediamo è perché siamo disonesti.
O meglio: può, tanto è vero che lo ha fatto, però non avrebbe dovuto. Avrebbe dovuto dimostrare “occhi onesti, mente libera e un po’ di pazienza”.