Poco fa il Premier Conte, in Senato, ha riferito sulla nuova App Immuni. Ma questo non ha risolto la polemica che circonda questo strumento tecnologico. Che, forse, va prima spiegato, nei suoi elementi essenziali. Immuni sarà una applicazione per cellulari che, basandosi sul Bluetooth, identificherà le persone con le quali verremo in contatto ed avviserà un database centralizzato. Registrando l’interazione. In caso di contagio si potrà risalire la catena dei contatti e mettere tutti in quarantena.
Gli elementi critici non mancano. Il primo è il più evidente, forse anche il più banale: nessuno ha mai visto questa app. Se ne è parlato, la si è contrattualizzata (gratis), ma nessuno l’ha mai vista. Quindi, questo articolo, non sarà una critica allo strumento tecnico. Ma un insieme di dubbi. Oggi, il commissario straordinario Arcuri ha dichiarato: “Alleggerire le misure di contenimento significa essere in condizione di mappare tempestivamente i contatti. L’alternativa è semplice: le misure non possono essere alleggerite e dovremo continuare a sopportare i sacrifici di queste settimane”.
Quindi: per riavere il vostro sacrosanto diritto di muovervi (articolo 13 Cost.) dovete rinunciare al vostro diritto alla riservatezza (art 2 Cost.). E non solo. Se pure ci rinunciate, potreste non ricevere ancora l’agognata libertà. Conte, infatti, ha detto che non ci saranno penali per chi non scaricherà la App. Ma questo è solo parzialmente vero. Se tu la scarichi, ma non lo fa un numero sufficiente di persone, non si potrà tornare a circolare. No, non è un dato da poco. E no, non è una scelta. È qualcosa di più. Però tant’è. Attendiamo smentite ad Arcuri, se del caso.
Ma ammettiamo sia lo Stato l’unico ad avere accesso al pacchetto dei nostri spostamenti, delle nostre vite. Lo Stato oggi lo intendiamo con il viso gentile, un po’ stanco, pesantemente segnato dalla mascherina dei sanitari in prima linea. Ma se guardiamo oltre la spalla del bravo sanitario, dietro, un po’ in ombra, con uno sguardo un po’ truce, c’è il gendarme. Significa poter controllare tutte le persone con cui ha parlato il presunto delinquente. Anche il panettiere. Anche voi, che gli avete spiegato dov’era la tal via. Il sogno di ogni Torquemada, il mondo senza alibi e senza ombre.
Non sono scenari fantascientifici, una volta creato quel database c’è solo un tenue pezzo di carta tra il potere esecutivo e/o giudiziario ed il vostro mondo personale. Quel pezzo di carta è la Costituzione. Pensata per tutelarci da uno stato di emergenza che non sappiamo quanto durerà, che potrebbe continuare indefinitamente. No, non è complottismo. No, non sono manie libertarie.
Questa App sfida la nostra visione del mondo, perché ci viene presentata come arma contro un nemico terribile, con effetti collaterali tutto sommato limitati. Ma non è proprio così. Il nemico è veramente terribile, ma gli effetti collaterali sono importanti. Non esiste al momento, come detto, un limite massimo di tempo. Non c’è una forma di protezione dei dati da settori statali diversi dalla Sanità. E’ difficile farne a meno, salvo non voler correre il rischio di proseguire la quarantena.
Sono sacrifici tollerabili? È forse ora di tracciare una linea. Senza dogmatismo, ma una linea va tirata. E difesa. Difesa anche da chi ha buone intenzioni. Soprattutto da loro, aggiungerei.
Oggi Conte ha deciso che non vi saranno sanzioni per chi non userà la App. È un primo passo. Il secondo sarà smentire, nei fatti se non con le dichiarazioni esplicite, il proposito di Arcuri. Diamo ai cittadini un out-out semplice, ed allora potremo credere alla buona fede del Governo. Acclarata la quale potremo finalmente concentrarci sui problemi pratici: come impedire ad una buona idea di diventare un biglietto di sola andata per 1984 di George Orwell.