Tutti proviamo un sentimento di solidarietà e comprensione verso chi è diversamente abile, ma non possiamo negare che quando la vita ci mette direttamente a contatto con loro proviamo sentimenti diversi: disagio, fastidio, noia. Il racconto di Domenico Starnone, insegnante e scrittore che ha dedicato molta della sua produzione al mondo della scuola, getta uno sguardo affettuoso su una situazione emblematica: la necessità di creare tra gli alunni tutti un clima di collaborazione ed aiuto. Paradossalmente ad aver bisogno di aiuto, nel racconto, sarà il cosiddetto alunno normodotato, che troverà nel rapporto con Sabina la possibilità di uscire dalla sua corazza di negatività, rabbia e violenza.
“Solidarietà eccessiva” di Domenico Starnone.
Sabina ha un banco ma non una sedia. La sedia se la porta da casa. O, se vogliamo essere precisi: un pullmino giallo porta da casa sia lei che la sedia. Il pullmino si ferma nel cortile, un’accompagnatrice spalanca il portellone posteriore e spinge la carrozzella con Sabina giù dalla rampa di metallo, su per una rampa di cemento, fino all’ingresso della scuola. L’accompagnatrice è scorbutica, non le piace il lavoro che fa. Ogni frase che pronuncia è prosciugata dalle vocali, o almeno così sembra, e termina sempre con molti punti esclamativi di stizza. Qualsiasi cosa Sabina le chieda, quella risponde: “S-b-n!!! B-st!!!” Sabina la odia almeno quanto i punti esclamativi. Odia soprattutto che le si dica: “B-st!!!” cioè “basta”.
Basta è una parola che non le piace. Perciò riempie il suo zaino non solo dei libri necessari per le lezioni della giornata, ma di quelli utili durante tutta la settimana. Porta sempre, per esempio, l’antologia, che pesa due tonnellate. E lo fa perché dello zaino si deve caricare l’accompagnatrice, così impara.
Sabina è gentile, socievole. L’accompagnatrice dovrebbe portarla fino all’ascensore, poi per il corridoio, poi in aula, ma non ne ha voglia. E Sabina nemmeno, sicché fa cenno di saluto ai suoi compagni di scuola e grida frasi stentate ma affettuose per farsi spingere da qualcuno di loro. Ma i compagni hanno molte cose da fare, alle otto meno dieci del mattino: acquistare gomme, panini, merendine, pizze bianche e rosse; fare scherzi violenti con fughe urlanti; stare in posa per farsi puntare dall’altro sesso, stare in posa per puntare l’altro sesso; confabulare in intimità con amici del cuore o neofidanzati; tutte attività che Sabina in carrozzella guasta, disturba e comunque non permette di realizzare al meglio. Sicché a volte fanno finta di essere distratti, più spesso rispondono con ampi cenni di saluto ma non si schiodano dalla loro postazione…
Sabina è una ragazza sveglia, sensibile con un vocabolario ricco, solo un po’ strozzato dal suo handicap.
E’ riuscita, persino, di recente, a mettere a frutto il teppismo di Giacomazzi, che ora dico chi è. Questo Giacomazzi parla a monosillabi con gli insegnanti, punzecchia, sfotte e riempie di oscenità i coetanei, sfascia tutto quello che gli capita sotto mano ma poi dice che non è stato lui. …
Bene: Sabina a questo bruto da un po’ di tempo ha chiesto di spingerle la carrozzina durante la ricreazione. Io sono stato preso dall’ansia ma non ho messo bocca. Non l’ho fatto perché ho visto che lei ci teneva. E non l’ho fatto perché ho visto che Giacomazzi ha accettato volentieri. Poi ho capito perché. Perché si è messo a spingerle la carrozzina a velocità da formula 1. Di ricreazione in ricreazione Giacomazzi ce l’ha messa tutta per far morire di paura Sabina: spingeva correndo a gambe levate, zigzagando, curvando su due ruote, frenando bruscamente, ripartendo altrettanto bruscamente. Lì per lì ho pensato: questo me l’ammazza. Poi però mi sono reso conto che Sabina se la spassava a un tale livello, che era una vera aggressione alla gioia di vivere un intervento repressivo. Rideva, rideva, rideva. O stava a bocca aperta, occhi sbarrati dall’emozione intensa.
Nel giro di una settimana mi sono rassicurato. Giacomazzi stava modificando il suo comportamento, ora Sabina non glielo doveva nemmeno chiedere di spingerla. Ora era lui che, al primo suono della campanella, prendeva posizione dietro di lei e Sabina gridava: “Via!” Non solo. Li osservavo e mi sembrava sempre più chiaro che Giacomazzi, senza nemmeno rendersene conto, non aveva più intenzione di farla morire di paura puntando, mettiamo, a tutta velocità verso una parete e poi sterzando bruscamente. Giacomazzi adesso voleva solo che Sabina se la spassasse, e più se la spassava lei, più se la godeva lui. Non male. Era la prima volta che vedevo Giacomazzi dedicarsi ad un’attività con i soliti fini distruttivi e autodistruttivi, per poi smarrire strada facendo l’obiettivo di fare del male e ficcarsi nei guai.
Senonché una settimana fa il ragazzo ce l’ha messa tutta. Durante la ricreazione filava a velocità sostenuta per il cortile. Sabina faceva una risata che sembrava un urlo. Ma, non so come, la carrozzina s’è rovesciata e Sabina è ruzzolata via. Mi sono accorto che Sabina seguitava a ridere illesa e Giacomazzi era rimasto impietrito, giallo, forse prossimo allo svenimento. Allora ho cambiato passo e mi sono avvicinato con tranquillità al capannello di studenti e insegnanti che si stava formando. Quando sono arrivato, Giacomazzi, aveva riacquistato la voce per urlare disperato: “Sabì, ti sei fatta male? Scusa, Sabì. Non ti spingo più. Te lo giuro”. E Sabina: “Rimettimi su. Mi fa male solo il ginocchio… Vi scostate? Dai, spingi, Giacomà”.
Ho esaminato il ginocchio di Sabina, non s’era fatta niente. E adesso sto più attento a Giacomazzi che a lei. Mi preoccupa quel ragazzo. La mattina arriva un po’ prima e aspetta il pullmino giallo. Non so cosa abbia in mente. Fissa l’accompagnatrice di Sabina in un modo che non mi piace. Mi accorgo che fa smorfie terrorizzanti quando la sente esclamare: “S-b-n! B-st”. Che ha in mente? Che cova? E’ eccessivo Giacomazzi. E’ eccessivo persino nella solidarietà.
(da “Diario scolastico del 1994-95”)
Il punto di vista del professore che racconta la storia ci fa entrare con pienezza nel mondo della scuola, quanti operatori si saranno trovati in situazioni simili! Bellissima è la naturalezza di Sabina, ipocrita l’atteggiamento dei genitori, odioso il comportamento dell’accompagnatrice. Ma su tutto domina lo sguardo ironico ed affettuoso dell’autore, attento solo ai suoi ragazzi ed ai loro cambiamenti.