Quella laggiù, dunque, quel vasto presepio di luci sparse tra macchie d’alberi dalle colline al mare, quell’immota distesa d’acqua nel grembo fra edifici e monti, in cui il Vesuvio verberava fuochi e le case barbagli d’oro vecchio, era Napoli. Provò impulso tenero. Così, senza motivi. All’apparizione del semplice, sereno paesaggio. I punti luminosi del presepe palpitavano, a volte si scindevano in raggi. Altri scivolavano lenti sopra il mare. Per l’ombra tra giardini e casa indovinò luminescenze curve: le cupole! Chissà perché, ebbe sensazione che la città non fosse del tutto vera. Ma un pochino fantastica, e potesse sparire da un momento all’altro.
E’ l’ingresso a Napoli di Lenòr, Eleonora Pimentel Fonseca, che viene da Roma a vivere nella nostra città. Enzo Striano in Il resto di niente (1986) ne racconta la vicenda strettamente connessa alla Rivoluzione Partenopea del 1799, ma racconta anche come la protagonista viva il suo rapporto di amore e compassione con la città ed i suoi abitanti.
Con questo brano su Napoli, in cui compare una espressione spesso ricorrente nella descrizione della città borbonica (un presepio di luci), chiudiamo la Fase 1 del nostro Angololettura. Cioè la fase del forzato intrattenimento, della riflessione tra quattro mura, allargate però dal potente mezzo del web, ed apriamo la Fase 2. La scelta di Striano come limes per passare ad altro ci consente di riflettere su alcuni aspetti relativi alla percezione che della nostra città hanno avuto i media in questo triste e lungo periodo.
Il martedì Rai 2 sta trasmettendo una serie di film dedicati alla comicità napoletana, ovviamente di vario tenore e spessore. Da segnalare sicuramente il film trasmesso martedì 28 aprile in seconda serata: Vieni a Vivere a Napoli. Un racconto in 3 episodi diretto da 3 registi napoletani. Un omaggio alla città raccontata nel suo essere accogliente e capace di incredibili forme d’integrazione multietnica. Pur essendo un popolo fortemente legato alle sue tradizioni, nel momento in cui incrocia culture diverse, quella cingalese, quella cinese e quella ucraina, si crea un melting pot sorprendente e commovente. La fiction in onda il giovedì, Vivi e lascia vivere, è ambientata in una Napoli in cui finalmente non c’è un uso strumentale del dialetto quale fattore pittoresco. L’intreccio ruota su una vicenda che avrebbe potuto svolgersi in qualunque altra città, senza particolari connotazioni folkloriche, non fosse altro che per la straordinaria fotografia che è parte integrante della scena. Anche questo è un segno di una normalizzazione nell’approccio televisivo rispetto agli stereotipi di una città violenta e corrotta.
Domenica sera abbiamo visto da Fazio a Che tempo che fa l’intervista del conduttore al presidente della Regione Campania, in diretto confronto con il presidente della Regione Calabria, Iole Santelli. In un simpatico botta e risposta con il presentatore, De Luca ha sostenuto come, grazie alla forza d’animo ed alla capacità di obbedienza alle regole, si sia riusciti ad evitare il peggio. Tra parentesi #fratacchione, il termine con cui De Luca ha preso in giro Fazio, è volato rapidamente in tendenza.
Insomma, la comunicazione dell’immagine della città sta cambiando anche sulle reti nazionali, merito della Fase 1. La città viene raccontata con più rispetto, non è solo il presepe di luci ma è città che ha fatto corpo compatto per dimostrare di potercela fare anche da sola.
Allora per questo nuovo periodo, in attesa di poter liberamente uscire, il nostro angolo si chiamerà AngoloNapoli, vi racconteremo le iniziative che la città metterà in campo per sopravvivere culturalmente, districandosi tra mascherine, guanti e sanificazione, senza piangersi addosso ma cercando alternative che non ne mortifichino la voglia di fare, ma anzi la stimolino.