Mettiamoci d’accordo, l’assetto della nostra vita democratica, così come disegnato dalla nostra Carta costituzionale, è compatibile con situazioni di grave rischio sanitario? La domanda di fondo sta tutta qui.
Non si discute – o per lo meno io non ne discuto assolutamente – della gravità della pandemia in corso, della contagiosità del virus nelle sue varianti e della suscettibilità di un suo aggravamento. Lasciamo ad altri il negazionismo complottista. Né mi azzardo ad entrare nel merito scientifico, io che scienziato non sono, anche se alcuni minimi ragionamenti me li farei.
Ad esempio, se in un locale chiuso siedono dieci persone, tutte fornite di mascherina, con le mani lavate e a distanza di un metro l’una dall’altra, di cui otto vaccinate, dunque protette dal contagio all’ottanta per cento, e due no, quanto grande è il rischio che corrono le otto? Minimo, l’esposizione al virus riguarderà severamente solo le due non vaccinate. E se una delle otto persone vaccinate dovesse comunque essere attaccata dal virus portato da una delle due, non se la caverebbe con lievi sintomi? E se in Italia l’85% delle persone sono vaccinate con doppia o tripla dose, quale rischio si corre a consentire a quel 15% refrattario all’autotutela fisica di svolgere la propria vita sociale? Non basterebbe imporre per legge che il costo sanitario delle loro eventuali cure sia sostenuto, in toto o in parte, da essi stessi invece che dallo Stato, vale a dire da tutti noi, anche quelli che ci siamo vaccinati?
Ma tant’è, forse non capisco della materia e mi arrendo alle determinazioni dei comitati tecnico-scientifici che supportano il Governo nelle decisioni da assumere.
A prescindere da ciò, della ulteriore nuova proroga dello stato di emergenza paventata per il 31 gennaio però qualcosa possiamo dirla. Sarebbe una forzatura palese della ratio costituzionale. Ricordiamo che, alla luce dell’esperienza del fascismo – arrivato al potere sul cavallo dello stato di eccezione, promulgato in deroga ad uno Statuto Albertino dalle norme flessibili, che sospese le garanzie statutarie sine die – i nostri padri costituenti esplicitamente vollero una costituzione rigida, nella quale non fosse prevista la possibilità di proclamare lo stato di eccezione, salvo che in caso di guerra (art. 78 Cost.).
Le vicende storiche successive, dai vari cataclismi sismici ed alluvionali, purtroppo frequenti nella nostra Penisola, al terrorismo degli anni di piombo e della stagione stragista della mafia, hanno indotto il legislatore successivamente, con leggi ordinarie, a consentire la sospensione provvisoria di alcune garanzie costituzionali in nome del preminente interesse pubblico alla salute ed alla vita. Ed è stato senz’altro utile, specie nel primo anno di aggressione del coronavirus, consentire al Presidente del Consiglio ed al Ministro della Salute di emanare decreti monocratici con immediata forza di legge, anche a prescindere dal vaglio formale del Quirinale.
Ora però non stiamo più in tale condizione. Il Covid è ancora aggressivo e altamente contagioso, ma il quadro costituzionale è più che sufficiente a governare la situazione. Pensiamo al d.l. n. 172 del 26 novembre u.s., che reintroduce, per il periodo natalizio, severe riduzioni dei diritti alla mobilità personale ed alla vita sociale degli Italiani. È un d.l., quindi un atto collegiale del Governo passato al vaglio del Presidente della Repubblica, che lo ha promulgato.
Come si sa i d.l. entrano in vigore dal giorno della loro pubblicazione in G.U., salvo decadere qualora entro 60 giorni non vengano convertiti in legge dalle Camere. Il d.l. di cui sopra, pubblicato in G.U lo scorso 26 novembre, prevede restrizioni rafforzate, che scattano a scaglioni tra il sei e il 15 dicembre e cesseranno tutte il 15 gennaio 2022. Perciò, quando saranno scaduti i sessanta giorni, cioè il prossimo 25 gennaio, esso sarà già scaduto ‘naturalmente’. Le Camere probabilmente neanche saranno chiamate a convertirlo in legge. Una furbata forse, ma pur sempre un atto collegiale vagliato e promulgato dal Presidente della Repubblica, non un atto monocratico. Paradossalmente, una dimostrazione che le norme costituzionali consentono di governare anche in condizioni eccezionali.
Non si riesce dunque a capire la ragione dell’insistenza della gran parte delle forze politiche sulla proroga oltre il 31 gennaio, salvo che per il timore che la dichiarazione della fine dello stato di eccezione possa essere interpretata dall’opinione pubblica come un inopportuno liberi tutti. Rischio reale, ma prevenibile con una adeguata campagna di informazione.
Non ne capisco la ragione io, che sono l’ultimo fesso, ma vedo che sono sempre più numerose le voci di uomini del diritto e della cultura di alto profilo che si pongono interrogativi sull’opportunità della proroga dello stato di eccezione.
Tutti irresponsabili, nemici della scienza e populisti, o qualche motivo di seria riflessione ci sarà pure?