In questi giorni i media hanno forse un po’ trascurato un fatto emerso da studi di livello internazionale di fisici, geologi e climatologi referenti di alcuni tra i più seri e grandi organismi operanti nel campo del Cambiamento Climatico in Europa e nel mondo.
La notizia riguarda l’attività svolta di intesa tra l’Istituto Pierre Simon Laplace, il francese CNRS, l’equivalente dell’italico nostro CNR, l’Imperial College di Londra, il Climate Centre olandese de L’Aia, la quale ha visto numerosi ricercatori d’ogni dove, compresi i ricercatori Italiani dell’Arpa Regione Emilia-Romagna e quelli del Centro internazionale di Fisica Teorica di Trieste, impegnati nello studio della cause effettive, o almeno di quelle più probabili e sostenibili, della connessione tra eventi estremi come l’Alluvione che ha messo in ginocchio il versante orientale della Regione Emilia Romagna. Esso ha avuto più epicentri, concentrati tutti sullo stesso versante adriatico però.
La conclusione, riportata e trattata in particolare sulle pagine de La Stampa di Torino, non è stata univocamente perentoria, di quella perentorietà che è solo dei dilettanti della Scienza. E forse questo spiega il comportamento cauto, quando non elusivo, degli altri grandi giornali che, sull’argomento, si barcamenano tra il piacione Boccaccini e la nuova lady di ferro Meloni. Alla fine, insomma, nessuno ha sparato i titoloni che pure le conclusioni della Ricerca scientifica internazionale sulle cause intellegibili dell’evento climatico estremo suggerivano. Alla domanda diretta ed essenziale: le cause dell’alluvione, o almeno gli effetti devastanti di esso, sono tutte addebitabili al cambiamento climatico? La risposta possibile non è né immediata né facile, perché a domanda complessa non si può avere nient’altro che risposta complessa.
E questo non si deve al fatto che il gruppo internazionale di ricerca si sia risparmiato. No, affatto. Esso, al contrario, ha tenuto debitamente conto di molteplici modelli di studio del clima, mettendoli in relazione con gli effetti sul Meteo “…in una determinata zona in un periodo specifico.” E, se è vero che il cambiamento climatico tende a diventare un moltiplicatore di eventi meteo estremi per frequenza e intensità, l’esito della ricerca non ha consentito di effettuare una correlazione diretta tra il cambiamento climatico e l’alluvione in Emilia-Romagna. Ma ciò non esclude che ulteriori studi, più spinti a tener conto del numero pressocché infinito delle variabili in gioco, possano dare risposte più chiare e “calzanti” con le fattispecie dell’evento e del territorio colpito.
Il report del Gruppo di Ricerca, partendo dal principio comprensibile per tutti – anche per chi scrive – circa il fatto che un’atmosfera più calda può assorbire una quantità superiore di umidità, arriva alla conclusione che gli eventi si “estremizzano” a causa del cambiamento climatico di origine antropica. Senza alcun dubbio. Potrebbe sembrare una affermazione da esplicitare ma sarebbe proprio il caso dell’Alluvione in Romagna, generato dal “(…) cambio di circolazione atmosferica nel Mediterraneo, che ha tendenzialmente diminuito la formazione di sistemi di bassa pressione in Emilia Romagna”. Quindi una vicenda meteorologica complessa.
Ma il lettore capirà bene che la gravità degli effetti al suolo delle piogge torrenziali – nel caso della Romagna devastanti – ha trovato colà una condizione geomorfologica e territoriale antropizzata capace di “estremizzarli”. Ci sono cioè dei fattori locali, risalenti e contemporanei, che hanno contribuito non poco, a “estremizzare” l’impatto devastante delle piogge. Cerchiamo di essere chiari e cauti, come oltretutto richiede la situazione di sofferenza diffusa. Ma il dato certo, da non sottacere, è che la Siccità – questa sì generata dal cambiamento climatico – seccando e compattando i terreni li ha resi quasi impermeabili. Le acque piovane, arrivate in grande quantità al suolo, si sono naturalmente dirette verso canali e fiumi, trovandoli intasati, quando non occlusi dall’accumulo di rifiuti naturali.
E così il deflusso si è rallentato, quasi fermato, determinando i danni peggiori all’economia. Forse la mancata manutenzione degli alvei e dei canali naturali e artificiali è colpa della Siccità, la quale invece è davvero causata dal Cambiamento Climatico? Non diamo risposte alla domanda teorica che, come si sa, contiene la risposta. Questa purtroppo è la essenza vera dei risultati della ricerca: non esistono sufficienti strumenti per verificare, e quindi affermare, “una correlazione diretta” tra Cambiamento Climatico ed evento disastroso per la Romagna,
Se poi passiamo a parlare dell’uso (e dell’abuso) del suolo, non possiamo non puntare il dito sul “fattore urbanizzazione”. E qui va in crisi il “modello virtuoso” della Regione Emilia-Romagna, dove si è cementificato senza tregua, forse in modalità lecita, ma certo di dubbia legittimità, visto che le norme spesso erano pilotate. Diversamente è avvenuto nel Meridione d’Italia, dove l’abituale disordine di stampo individualistico l’ha fatta da padrone, in barba a tutto.
Ma aberranti risultano gli indici del consumo del suolo anche di intere aree centro settentrionali. Indici raggiunti per macro-insediamenti di ogni genere, dai P.I.P. ai P.E.E.P, acronimi insondabili e verecondi, per invereconde iniziative di realizzazione di Piani di Insediamenti Produttivi e di Piani di Edilizia Economica e Popolare, giusto per citare i più gettonati tra gli interventi del milieu consortil-cooperativistico, così rigoglioso nella Emilia Romagna, una volta rossa, oggi variopinta.
Non è più quindi tempo di “chiacchiere e distintivi” ma piuttosto è il tempo di scorciarsi le maniche a riprendere il controllo del Territorio, urbano ed extraurbano, rimettendo in sesto gli organismi di controllo di fiumi, canali e fossi, smantellati dalle Regioni. Poi occorrerà limitarne il consumo prima di tutto. Poi manutenerlo e rigenerarlo con impegno continuo. D’altra parte così predica per il Bel Paese da tempo l’Urbanista Alessandro Bianchi, che si compiace di scrivere su queste stesse colonne articoli sull’argomento sulla Rigenerazione Urbana sostenibile.