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Alcuni giorni addietro è apparso su Gente e Territorio un articolo titolato “La conversazione a Pompei su etica e intelligenza artificiale” (https://www.genteeterritorio.it/la-conversazione-a-pompei-su-etica-e-intelligenza-artificiale/), che riferisce di un convegno nel corso del quale si è discusso a partire dal libro di Fabio De Felice e Roberto Race “Il mondo nuovissimo”.
Il fatto cha ha attirato la mia attenzione – al di là del sicuro interesse degli argomenti trattati – è l’attribuzione della titolarità dell’articolo.
Sotto al titolo si legge by Federico L.I. Federico e AIAI, poi nel sottotitolo – redazionale- si trova già un punto di domanda: Un articolo scritto a quattro (?) mani.
Ma il fatto più rilevante lo troviamo in calce allo scritto, dove è il Direttore Cioffi in persona che pone l’interrogativo: ma, secondo voi, di chi è la proprietà intellettuale dell’articolo?
Un interrogativo che va dritto al cuore di una delle questioni fondamentali che riguardano l’emergente fenomeno dell’Intelligenza Artificiale: la questione etica.
Allora, considerandomi uno dei destinatari della domanda del Direttore, provo ad argomentare per punti.
1 – Dice uno dei più autorevoli vocabolari italiani che l’Autore è “Ideatore ed esecutore al tempo stesso di un progetto, di una proposta”. (Devoto-Oli, Vocabolario illustrato della lingua italiana”, 1987)
2 – Accettando questa definizione – che sembra del tutto logica – chi è l’Autore dell’articolo di cui stiamo parlando?
Non vi sono dubbi che l’Ideatore è Federico L. I. Federico, dato che è certamente lui e non l’IA ad aver avuto l’idea di scrivere un commento al convegno di Pompei, dato che l’IA non può avere un’idea motu proprio.
Ma se per essere Autore deve al tempo stesso essere anche Esecutore, come la mettiamo?
Dice Federico di aver affidato “alla penna della propria intelligenza artificiale CHAPT GPT (…) un intervento, contenuto in max tremila battute, sul Tema: Etica e Intelligenza Artificiale. Un futuro responsabile”. Dunque l’Ideatore ha affidato il compito di scrivere l’articolo alla sua IA di fiducia – che chiama con il nomignolo di AIAI- il che individua senza dubbio chi è l’Esecutore.
3 – Dal punto di vista etico una simile condizione va chiarita in modo esplicito in tutte le situazioni analoghe: l’articolo è stato ideato da (…) e scritto da (…)
Tuttavia, nel nostro caso presentando il testo Federico scrive: “In prima assoluta, un articolo scritto e firmato da un umano e AIAI!”, il che fa presumere che lui abbia messo mano a quanto scritto dall’Intelligenza Artificiale.
Se è così – e solo Federico può sciogliere il dubbio – allora abbiamo un Ideatore e due Esecutori, ovvero che l’articolo è stato ideato da Federico L.I. Federico e scritto a due mani con l’Intelligenza Artificiale.
Ma questa è una condizione che a me pare di una ambiguità non sostenibile, perché apre ad interrogativi complessi e inquietanti.
Scritto insieme da un umano e dall’IA vuol dire che uno ha scritto una parte e uno un’altra? Allora si dovrebbe indicare chiaramente quale.
O vuol dire che lo scritto è l’esito di una interazione tra umano e IA? Il primo con l’aiuto del secondo o viceversa? Inaccettabile, perché non sapremmo mai chi è il vero Esecutore.
4 – Per tirare una molto parziale conclusione su quanto detto finora, penso che dobbiamo muovere dal presupposto che siamo in una fase storica in cui tutto ciò riguarda l’IA subisce cambiamenti repentini e, quindi, bisogna avere grandissima prudenza per evitare ambiguità e distorsioni interpretative.
Allora nei casi come quello di cui stiamo parlando, della firma di un articolo in cui si è fatto ricorso all’IA, credo che a costo di essere prolissi la figura dell’Autore vada scissa nelle due parti di cui abbiamo detto.
L’Ideatore, che non può che essere un umano, che va citato con il suo nome; l’Esecutore, di cui sarebbe bene indicare la fonte (ChatGPT, DeepSeek, altri), la cui parte scritta va evidenziata con virgolette, sottolineature, corsivo e simili.
Ciò significa – torno a ripeterlo – che non possono esistere parti scritte di cui si dice che sono l’esito dell’interazione tra umano e IA, perché questa condizione è inaccettabile dal punto di vista dell’etica professionale e non consentirà mai di dire di chi è la proprietà intellettuale dello scritto.