L’Ente Idrico Campano – EIC, ossia l’Ente regionale di governo del ciclo integrato dell’acqua in tutta la regione, ha da poco elaborato una proposta di deliberazione di aumento delle tariffe di fornitura di acqua all’ingrosso per il periodo 2016-2019.
No, non abbiamo sbagliato. E’ proprio così. A metà del 2019 sono state stabilite le tariffe relative ai 4 anni precedenti. Ma che volete? L’EIC è stato istituito nel 2015, è diventato concretamente operativo nel 2018, siamo solo nel 2019. Avrà avuto cose più importanti da fare.
Comunque, presto o tardi che sia, ci ha fatto questo bel regalo. Pagheremo più cara l’acqua e non di poco. In palese violazione delle delibere dell’ARERA, l’Autorità nazionale competente in materia.
Ma procediamo con ordine. Cos’è l’acqua all’ingrosso? E’ l’acqua che i gestori delle infrastrutture di captazione e adduzione (i grandi acquedotti, per intenderci) forniscono ai gestori del servizio idrico (perlopiù Comuni) che a loro volta ce la portano nelle case. E chi sono questi gestori all’ingrosso? In Campania sono due: la Regione e la società Acqua Campania, che è comunque concessionaria della Regione. In realtà ce ne sarebbe qualcun altro che però non lo fa in maniera prevalente, come l’ABC di Napoli che compra acqua all’ingrosso e la rivende a prezzo maggiorato sempre all’ingrosso.
Quindi la Regione Campania è di volta in volta soggetto competente, in quanto responsabile dell’approvazione delle tariffe, Ente concedente, in quanto ha affidato ad Acqua Campania la gestione dell’Acquedotto della Campania Occidentale, e grossista in quanto gestore diretto dell’Acquedotto Campano. In teoria fa quello che vuole. Se non fosse per l’ARERA, che negli ultimi anni le ha assestato sonori ceffoni bocciandone ripetutamente le tariffe. Non è detto che non avvenga ancora.
Ma di quanto vogliono aumentarle oggi? L’EIC dice dell’8,5%. Non è esattamente vero. L’8,5% è l’aumento del 2016 rispetto al 2015. Del 2017 rispetto al 2016 già aumentato. E così via fino al 2019. In buona sostanza, si passa dagli attuali 16,4 centesimi a metro cubo a 22,7. Il che, tenendo conto di tutti i decimali, significa un aumento secco di oltre il 38%. Al quale va aggiunto il conguaglio per il recupero degli aumenti del 2016, 2017 e 2018, che partirà dall’anno prossimo.
Semplicemente, non si può fare. L’ARERA lo ha detto in tutte le lingue. Da ultimo, con una nota del 18 aprile indirizzata a De Luca, all’Avvocatura regionale e all’EIC, con la quale ribadisce che non si possono fare rettifiche tariffarie con effetto su periodi pregressi per i quali non sono stati forniti per tempo i dati obbligatori. Si perverrebbe a situazioni in pieno contrasto con i principi di buon andamento e imparzialità dell’attività amministrativa.
Ma come si ripercuoterà questo 38% di aumento all’ingrosso sulla nostra bolletta? EIC fa alcuni esempi basati su un presupposto erroneo. Cioè che l’aumento venga scaricato tal quale sull’utente finale. Ma non è così. Si sono dimenticati (!?) delle perdite fisiche delle reti. Io gestore compro molta più acqua di quella che riesco a consegnare e vendere perché le mie tubazioni sono un colabrodo. Non abbiamo dati aggiornati, ma non crediamo di sbagliare se diciamo che la media regionale delle perdite idriche è superiore al 50%. Quindi, per recuperare l’aumento anche sulla parte di risorsa acquistata e non vendibile, l’incremento della bolletta finale sarà di molto superiore al 38%.
Viene da chiedersi come mai si proceda in maniera così grossolana e approssimativa in un settore tanto sensibile. Forse perché la Regione Campania, che di fatto controlla l’EIC, sull’acqua ci perde due volte e ha fretta di recuperare. Una prima volta, sulla gestione diretta. Per i costi eccessivi e perché non riesce a incassare dai gestori pubblici. Una seconda, sul rapporto concessorio con Acqua Campania. Non più tardi dell’anno scorso ha dovuto accettare una transazione con la quale ha riconosciuto un debito di 66 milioni di euro e ne ha già pagati 47 come spese impreviste. Nel frattempo, Acqua Campania continua a distribuire utili ai suoi soci.
Il vero problema sta nell’assurdità del sistema. La Regione è un Ente di programmazione e controllo, non può essere contemporaneamente gestore/grossista e concedente. Non fa parte dei suoi compiti istituzionali e non ne è capace. Perché non procede concretamente a individuare i gestori d’ambito? Perché la grande adduzione resta in mano, da 25 anni, allo stesso concessionario al di fuori del ciclo integrato?
Gli interessi sono tanti. Le capacità poche. Con buona pace di chi pensa che l’acqua pubblica costi meno. Sono la professionalità e la competenza a fare la differenza.