In questi giorni scadranno le quarantene per numerosi pazienti. Ed è, quindi, un ottimo momento per domandarsi: la Lombardia, terra di grandi ed eccellenti nosocomi, sarà in grado di distribuire l’efficienza? Saprà dotarsi di una rete di sorveglianza che possa avvisare di eventuali recrudescenze prima che giungano in Pronto Soccorso? Al momento, causa l’onda lunga dell’emergenza pare proprio di no. Almeno per un nutrito gruppo di Sindaci.
Lo sostengono, infatti, più di cinquanta primi cittadini di entrambi gli schieramenti politici che hanno scritto a Walter Bergamaschi, direttore dell’ATS (Azienda Territorio e Salute, già ULSS) di Milano per chiedere come pensino di recuperare questo ritardo. In particolare, il discorso verte sulle Unità Speciali di Continuità Assistenziali (USCA). Queste dovrebbero proprio occuparsi delle quarantene, ma non solo. Anzi, la quarantena e l’assistenza nel suo decorso sono forse la meno importante delle loro funzioni. Nelle parole dei Sindaci:
“Tali squadre, attive 7 giorni su 7 e operanti in stretta sinergia con i Medici di Medicina Generale, rivestono un ruolo centrale nella gestione dell’epidemia nei territori, garantendo agli affetti da COVID la necessaria assistenza specifica extraospedaliera, quindi presso ovvero in prossimità del proprio domicilio, e, conseguentemente, alleggerendo la domanda e il ricorso al ricovero ospedaliero. Attraverso il monitoraggio di temperatura corporea ed ossigenazione del sangue dei pazienti in telemedicina, è inoltre possibile intercettare per tempo quei malati le cui condizioni potrebbero precipitare a stretto giro, influendo così notevolmente sulla possibilità di successo di un possibile ricovero.”
In sostanza, servono per evitare ingressi ospedalieri che si potrebbero altrimenti evitare. Il modello Veneto, per capirci. Al momento, però, sono in funzione solo 8 USCA su 65 necessarie nell’ATS di Milano che, però, ingloba anche la popolazione di Lodi. Non crediamo sia necessario sottolineare quanto delicata sia quindi la questione. Il numero di 65, peraltro, è stato stabilito dalla stessa Regione Lombardia. Che, di sicuro, in questi giorni non può far a meno di alcun medico, ma che per iniziare la fase 2 non può fare a meno del territorio e di una medicina territoriale efficiente.
Cosa chiedono quindi i Sindaci?
Rafforzare con urgenza la rete delle USCA, garantendone almeno una per ambito territoriale, dotandole di adeguato personale ed investendo sulla loro stretta connessione con i medici di medicina generale, che devono essere coinvolti attraverso protocolli sanitari operativi chiari, anche attraverso un potenziamento della piattaforma, avvalendosi delle risorse stanziate con il decreto-legge 9 marzo 2020 n. 14 (disposizioni finanziarie).
Garantire ai medici di medicina generale i dispositivi di protezione individuale necessari e di dotazioni strumentali, quali i saturimetri, quanto mai indicati per lo screening ed il monitoraggio dell’epidemia.
Chiarire in modo definitivo le modalità di accesso al tampone per i pazienti, garantendo la presa in carico dei casi segnalati come sospetti dai medici di medicina generale.
Effettuare i tamponi per il Covid-19 a tutte le persone che hanno terminato la quarantena, comprendendo anche i sospetti positivi, in modo da verificarne l’effettiva guarigione e la possibilità di riammissione.
Procedere a un’ulteriore fornitura di mascherine a favore dei cittadini, alla luce del fatto che la precedente spedizione ai comuni non ha coperto tutta la popolazione e che probabilmente dovremo indossare questi DPI anche nelle prossime settimane.
Richieste ragionevoli. Almeno in tempi normali. Ma non viviamo tempi normali, per cui bisognerà attendere per scoprire a cosa intenderà rinunciare la Regione per poter almeno abbozzare questa rete. Soprattutto a Milano dove l’onda dei contagi non appare né doma né passata.