L’Autrice, cittadina valenciana, è dottoranda nel PhD in Studi Umanistici, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” – Albert-Ludwigs-Universität Freiburg.
La città di Valencia e i suoi dintorni sono noti, fin dove arriva la memoria della loro storia, per l’abbondante e fertile terra, ricca di campi coltivati e di acqua.
Uno dei principali protagonisti di quest’esplosione di vita è il Turia, fiume dai mille nomi e colori che ha attratto numerosi occupanti: dai veterani romani di Decimo Giunio Bruto Callaico nel 138 a.C., alla conquista cristiana di re Jaume I d’Aragona nel 1238. Tutti sono stati attirati dall’abbondanza di questa terra e dalla sua invitante posizione strategica sulla costiera mediterranea e nel mezzo della Via Augusta.
Valentia Edetanorum, Balansiya, Valençia ovvero Valencia è una delle città più antiche della penisola iberica, dal tracciato tipicamente romano appena sotto la vigorosa impronta del passato arabo.
Il Turia è il testimone più importante della crescita e dell’evoluzione dell’area urbana di Valencia, e le sue acque, che scorrono attraverso la città per sfociare nel Mediterraneo, irrigano più di 12.000 ettari nelle regioni di “Camp del Túria” e di “Horta de València”.
Si tratta di un fiume tipico del clima mediterraneo, con grandi differenze di portata nei diversi periodi dell’anno, da cui deriva il difficile rapporto con la città durante le piene, per la pericolosa tendenza del Turia a straripare, provocando le numerose inondazioni registrate nelle cronache della città sin dal 1321. La necessità di combattere i pericoli delle piene portò alla costruzione degli storici parapetti del fiume, iniziata nel Cinquecento e terminata nel XVII secolo: un’opera monumentale realizzata con grossi blocchi di pietrisco, rialzata di diversi metri sopra gli argini naturali del fiume e che tutt’oggi si può osservare nel suo sinuoso scorrere attraverso la città.
Se qualcuno chiedesse a un cittadino valenciano delle piene del Turia, con ogni probabilità questi racconterebbe di un unico avvenimento: la cosiddetta “Riuà” del 14 ottobre del 1957, la più celebre inondazione della città che segnò la fine dei rapporti diretti dell’area urbana con il fiume che l’aveva vista nascere.
Domenica 13 ottobre giunse in città la prima ondata di piena, che raggiunse il suo apice alle 3 del mattino; la seconda, verificatasi verso le ore 12 di lunedì 14 ottobre, fu molto più violenta: grande parte del capoluogo valenciano venne inondata, in particolare l’area localizzata sulla sponda sinistra del fiume, dove l’acqua raggiunse il suo livello più alto (ca. 4,20 m). Gli unici ponti che riuscirono a resistere all’impeto del fiume furono i vecchi ponti di pietra, di origine medioevale (“Pont de Sant Josep”, “Pont de Serrans”, “Pont de la Trinitat”, “Pont del Real”, “Pont de la Mar”).
Gli effetti della piena del Turia furono devastanti per l’area urbana di Valencia e per le popolazioni circostanti che ne subirono le conseguenze. La città dovette affrontare gravi perdite umane e materiali e una crisi economica originatasi dalla distruzione di numerose fabbriche e negozi cittadini andati in rovina. Occorreva dunque organizzare un piano per evitare altre simili tragedie.
L’inondazione di ottobre aveva dimostrato l’inefficacia degli storici parapetti del fiume in situazioni estreme, cosicché il governo della Spagna franchista e il consiglio comunale di Valencia cercarono soluzioni alternative per modificare i tratti finali del Turia, in modo da evitare che il fiume continuasse a scorrere pericolosamente attraverso il centro della città. È così che nel 1958 vide la luce il primo progetto di deviazione del fiume, il “Plan Sur” o “Solución Sur”: il piano, approvato dal Consiglio dei Ministri il 22 luglio, prevedeva la costruzione di un nuovo alveo artificiale a sud della città – dove al giorno d’oggi il Turia scorre senza pericolo di nuove inondazioni durante le piene – così come la rifunzionalizzazione dell’alveo originale per realizzare un’autostrada urbana e degli spazi per nuove aree industriali. In effetti, Valencia stava diventando uno dei principali centri industriali della Spagna e la città era notevolmente cresciuta per via della continua migrazione proveniente dalle zone rurali del paese (il cosiddetto Rural flight), più povere e meno sviluppate, per cui l’idea di rendere la città più funzionale e all’avanguardia sul piano industriale e urbanistico appariva piuttosto seducente.
Tuttavia, i lavori di deviazione del fiume non ebbero inizio fino a febbraio del 1965 e il progetto di rifunzionalizzazione dell’alveo risultò inviso a grande parte dei cittadini. Negli anni ’70 corporazioni, associazioni cittadine e mobilitazioni popolari rivendicarono vivamente il vecchio alveo del Turia come spazio verde per la città, avanzando proposte di contro-pianificazione in modo da evitare una cicatrice che avrebbe marchiato il viso di Valencia, coprendo di asfalto il ricordo del suo vecchio compagno. La mobilitazione cittadina raggiunse i suoi scopi nel 1976, quando un decreto-legge di re Juan Carlos I stabilì il trasferimento della proprietà del vecchio alveo del Turia a Valencia e nel 1979, quando il progetto del futuro giardino urbano di 110 ettari che avrebbe collocato la città in una posizione di rilievo nel panorama nazionale, fu definitivamente approvato dal nuovo governo democratico.
Iniziò allora la complicata procedura del concorso pubblico nazionale per l’assegnazione del progetto, concesso nel 1981 al piano “Avance del Plan Especial de Reforma Interior del Viejo Cauce del Turia”, presentato dal team Ricardo Bofill Taller de Arquitectura – RBTA, diretto dal prestigioso architetto e urbanista catalano Ricardo Bofill. Il progetto si avvalse della partecipazione attiva di corporazioni e associazioni cittadine e si arrivò così alla stesura del piano definitivo, il “Plan Especial de Reforma Interior del Viejo Cauce del Turia”, approvato nel 1984, che permise la costruzione delle 18 sezioni individuate del Turia in cui fu diviso il vecchio alveo, dal vicino paese di Mislata fino al quartiere Natzaret, vicino al porto.
La struttura definitiva del “Jardí del Túria” come la si vede oggi giorno è l’esito di un lungo e complesso processo di urbanizzazione lungo ben 25 anni, dal 1985 al 2010, che ha contato sul lavoro congiunto di prestigiose squadre di urbanisti e di progettisti a livello nazionale e internazionale.
Valencia si è così lasciata alle spalle il triste ricordo della minacciosa natura del Turia, ma non ha dimenticato l’importanza del fiume per l’identità della città. Il cambiamento del volto del Túria non è stata solamente una soluzione necessaria per evitare future disgrazie, ma anche una dimostrazione dell’impegno dei cittadini e dell’amore verso la loro terra, per una soluzione rispettosa del fiume e del suo stretto e storico legame con i cittadini.
Il lavoro congiunto di tante mani che hanno voluto dare nuova funzione e nuova vita al Turia ha realizzato per gli abitanti di Valencia e per le migliaia di turisti che ogni anno visitano il monumentale Jardí del Túria le numerose strutture a disposizione di tutti: i giardini circondati da boschi, fontane e laghetti, le infrastrutture sportive, i parchi per i bambini – la cui attrazione principale è una scultura monumentale di ca. 70 metri del celebre personaggio di Jonathan Swift, Gulliver, alla quale si accede attraverso rampe, scivoli e scale, che rappresenta il momento in cui Gulliver viene legato dai lillipuziani – gli spazi dedicati alla cultura e alle arti, tra cui spiccano il “Palau de la Música de València” e la celebre, e altrettanto discussa, “Ciutat de les Arts i les Ciències” progettata da Santiago Calatrava e Félix Candela.
Ma questa è un’altra storia.