Ph Sky TG24
No, non sono previsioni del tempo (per quanto potrebbero esserlo, mentre viene scritto questo articolo è previsto brutto tempo). È il barometro simbolico. A Milano a Natale fa freddo e si respira male, a Pasqua, pure negli anni siccitosi, piove. E va bene, perché se piove si torna a respirare. Non citerò la nebbia per due motivi: intanto la nebbia a Milano è un ricordo e poi è un ricordo perché abbiamo fatto di tutto perché lo divenisse. Il meteo di una città dice molto su chi ci vive, come tutti ben sanno.
La nebbia a Milano (come a Londra, peraltro) non era un fenomeno interamente naturale. Si parla spesso di smog a sproposito, ma il termine ha una definizione scientifica molto precisa. Che non troverete qui, ma il senso è che i nuclei di carbone emessi dalle stufe e dai riscaldamenti del secolo scorso assorbivano l’umidità e restavano sospesi a bassa quota. La malinconica nebbia milanese era il portato delle fabbriche che insistevano fino alle porte della città. Oggi fatichiamo a capire quanto insistessero nella città. Ve ne do un esempio. Viale Monza, avete presente? Zelig e sede storica di Forza Italia (in due luoghi ben distinti, mal pensanti che altro non siete). Oggi scena di uno dei quartieri più dinamici della città, NoLo. Ecco, al civico 101 c’era una fonderia, di un certo Cazzaniga. Parliamo degli anni 70-80, non del 1800. Immaginate cosa si doveva respirare a piazzale Loreto, solo qualche chilometro più verso il centro, a sud.
Quindi, che a Pasqua piova è una cosa buona. Buona almeno se stai negli anni ’70 a Milano. Ma oggi? Oggi anche. Lo smog ci è entrato dentro. L’aria è incomparabilmente più pura di allora. Ma il Milanese non riesce a realizzarlo. Quindi cerca di eliminare l’inquinamento. E quando risolve un problema più grande, scende a quello più piccolo. Ormai anche le PM10 sono obsolete. Abbiamo saltato le PM 5 e veleggiamo gai verso le PM 2,5. Quando un istituto Svizzero, con parametri non del tutto chiari, ha detto che Milano è una delle città più inquinate del mondo al Sindaco sono saltati i nervi.
Probabilmente a causa della distanza da Pasqua. A Milano si sta(va) bene quando piove. Ora meno, i soldi sono sempre più scarsi e se piove si formano le buche. Vere e proprie voragini. Da coprire fino al prossimo nubifragio. Abbiamo, in ogni caso, buche o non buche, inconsciamente bisogno della pioggia per purificarci. Ci consideriamo laicamente dei peccatori a Milano. E ci piace chi ci chiama alla penitenza. Non si spiega, altrimenti, come sia possibile che una città ricca di gente studiata non si sia mai ribellata alla buffa teoria che l’ambiente si salvi limitando le auto e contemporaneamente aumentando il biglietto dei mezzi. Vogliamo essere costretti a muoverci scomodamente e pagando una cifra.
L’altro giorno, mentre ero schiacciato in metropolitana, riflettevo proprio su questo: il Milanese sa che vive nella città più privilegiata (a torto o a ragione) d’Italia. Se ne vergogna anche un po’. Quindi, se la vita gli costa il doppio, lo sopporta. Se è scomodo, lo sopporta. Se i servizi scadono di qualità, sopporta. È il prezzo da pagare per vivere qua. Il Milanese non accampa diritti. Al massimo lotta per quelli altrui: immigrati, minoranze varie e assortite, il pisquano bruno del Madagascar meridionale messo a rischio dall’iperconsumo capitalista di ghiaccioli a stecco. Ma non per se stesso. È immerso in una perenne Quaresima.
E a seconda del periodo storico reagisce in maniera diversa. Può essere in grisaglia e atteggiamento cinico e duro, da Venerdì Santo. Oppure in versione notte del Martedì grasso perenne: domani ricomincia il patimento, ma non ora. Tutto con una sola certezza davanti a sé: a Pasqua piove. È per questo che Milano raramente cambia chi la governa. L’opposizione, che come mestiere ha quello di lamentarsi, è malvista. Non ci si lamenta se si vive a Milano. Si sopporta stoicamente e si festeggia la pioggia Pasquale perché pulisce l’aria da un inquinamento che non produciamo, ma importiamo ogni mattina da tutto il Paese. Si gioisce perché il tuo autobus, con biglietto pagato 2,20 euro fino al prossimo aumento, è bloccato dalle auto di chi respira a pieni polmoni l’aria di montagna. Si è felici quando al supermercato la spesa costa tre volte tanto quello che si pagava al paese. Sono tutti segni che sei a Milano, pure se vivi in una ex fonderia che ti hanno fatto pagare quanto un attico a Ischia.
A Pasqua, a Milano, piove. E la gente è felice. Se avete dei parenti che tornano a casa a festeggiare questa Santa Festa e li vedete tristi, non insistete. È perché al paese c’è il sole, l’aria buona resiste tutto l’anno e non ti derubano per due scatolette di tonno al discount. Non ci sono più abituati. Siate gentili con loro. Siamo Milanesi semplici, se non piove a Pasqua ci restiamo un po’ male.